La buona sorte abbandona l’umanità, e così sembra fare anche Marcello Maloberti con il pubblico, che con la personale Incipit abbandona l’allestimento massimalista di Metal Panic del PAC e lascia i tre spazi della galleria Raffaella Cortese vuoti, o meglio colmi di una sola considerazione, apparentemente spietata e tombale. Nulla vi può essere di più lontano dalla prima impressione.
«Ho sentito questa frase in una conferenza su Petrolio tanti anni fa a Pisa e non mi ha lasciato più; – racconta Marcello Maloberti – è un modo di dire francese (rester sur sa faim, nda), che si usa quando non ottieni ciò che ti aspetti.»
Nel contesto della conferenza, il riferimento al “restare nella propria fame” è proprio diretto alla natura frammentaria dell’ultima, tragicamente incompleta opera di Pier Paolo Pasolini, la cui vita venne stroncata lasciando il romanzo incompiuto. La fame è l’insoddisfazione, o riprendendo un bisogno corporale è una sete di sapere, e in un senso più esteso di conoscenza, di vita.
Un concetto, quello della fame, più che abusato nella cultura di massa («stay hungry, stay foolish»), che però in Incipit di Marcello Maloberti si carica di una componente spirituale totalizzante. A dispetto del titolo, Incipit è per l’artista la summa degli ultimi anni del suo lavoro. Un trittico, come le tre formelle in ottone, iniziato al PAC con la mostra Metal Panic, proseguito con La conversione di San Paolo ad Albissola (il cui legame con Incipit è ancora più forte) e terminato con il progetto in galleria Raffaella Cortese a Milano.
Incipit è una via crucis senza approdo attraverso le tre sedi di via Stradella: in ogni stanza completamente spoglia, le martellate sulle formelle quadrilobate ispirate all’architettura religiosa barocca sembrano un monito e al contempo un invito. Il pubblico deve ricordare l’assenza di qualcosa, il bisogno della ricerca, e al contempo deve inseguire la soddisfazione di questo stesso bisogno. Il pubblico deve rimanere nella sua fame.



Incipit si collega in particolare al progetto La conversione di San Paolo presso la sede di Albisola Superiore di Galleria Raffaella Cortese. Nell’esposizione nella sede ligure, Maloberti sospende la statua di un Cristo in croce di fronte a una piccola finestra affacciata su un cortile interno. Quest’opera viene riproposta negli spazi di Milano con una fotografia incorniciata in ottone – a ripresa del materiale delle formelle – in una delle stanze più raccolte dello spazio, dai soffitti bassi e la luce soffusa.
Cristo non guarda lo spettatore, ma altrove. Dal punto di vista formale, quest’operazione ricorda In search of the miracolous (2024), opera esposta per Metal Panic al PAC. Anche in questo caso, una statua della Madonna viene posizionata rivolta contro un muro. Anche il processo di ricerca dei materiali – le statue – è analogo.
«Il Cristo viene dall’Austria, è dell’inizio del 1900, mentre la Madonna arrivava dall’Olanda. Mi piace l’idea di recuperare sculture e oggetti già realizzati.»
Tuttavia, se l’esercizio formale è lo stesso, la visuale delle statue cambia. La Madonna che cerca i miracoli non guarda altro che il muro. Cristo invece è davanti a una piccola finestrella, il cui telaio a sua volta forma una croce che restringe lo sguardo, ma non lo esclude del tutto. E così Cristo guarda fuori, come un carcerato da una cella, come un essere umano che vuole altro, affamato di vedere qualcosa.
«Un mio amico mi ha detto che gli fa venire in mente quando cammina, e vede le persone anziane che guardano dalla finestra.»
La prospettiva cambia, anche se in fondo persino il messaggio della Madonna al PAC non era senza speranza: è l’uomo che deve cercare, non importa cosa. In un periodo di forte crisi della sacralità, è necessaria una laica fede nell’esistenza umana. L’operazione di Maloberti, come suggerito dal curatore Giulio Dalvit, è montessoriana. L’uomo in possesso del libero arbitrio non è abbandonato, ma invitato a resistere, una Resistenza in senso assoluto.
Persino il Cristo in croce guarda dalla finestra in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa. Ricordando Italo Calvino, la soluzione all’inferno sta soltanto nel cercare.
«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.» (Italo Calvino, dalla Giornata di uno scrutatore)
COVER: Marcello Maloberti INCIPIT, 2025 Solo show at Galleria Raffaella Cortese, Milan Installation view Photo: t-space





