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Il ‘viaggio di ritorno’ di Massimo Bartolini

Massimo Bartolini, Basamento, 2011, Bronzo – Foto Alessandro Zambianchi, Courtesy Massimo De Carlo, Milano    *** Trasforma un cumulo di terra (alta 40 cm e dalla superfice di 4 mq), in una immagine potente. Vedere questa massa semi squadrata dentro ad una stanza, toccarla credendola terra e scoprire che è fredda e dura, mi ha […]

Massimo Bartolini, Basamento, 2011, Bronzo – Foto Alessandro Zambianchi, Courtesy Massimo De Carlo, Milano 
 
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Trasforma un cumulo di terra (alta 40 cm e dalla superfice di 4 mq), in una immagine potente. Vedere questa massa semi squadrata dentro ad una stanza, toccarla credendola terra e scoprire che è fredda e dura, mi ha provocato una sensazione abbastanza potente. 
L’opera è Basement che Massimo Bartolini presenta alla galleria Massimo De Carlo. Nel raccontarla, nel comunicato stampa, l’artista parla di campo arato, di statua che sostiene una statua, di terra innalzata e di quelo spazio reietto, spesso, degli edifici. La scultura è molto forte, veramente. 
Mi ha coinvolto un pò meno ‘La strada di sotto’, la grande installazione sviluppata negli altri due spazi della galleria. L’opera coinsiste in centinaia di luminarie, tipiche delle feste di paese, disposte sul pavimento, che si accendono e spengono ad intermittenza. 
L’irregolarità dell’intensità della luce, segue i suoni, le parole e le pause del video presentato nell’ultima stanza. Qui, don Valentino – 84enne che monta ogni anno le luminarie a Ficarra – racconta esperienze di vita, cose qualunque, il più e il meno. Anche nel video, un bagliore sfuma l’immagine di Valentino. 

“Come al solito, questa mostra parla di conciliazione degli opposti e di resti che questa oprazione comporta, sperando che siano infine essi produtori di senso”.
I due elementi a cui si riferisce l’artista, sono la luce e la terra.
“Il viaggio di ritorno avviene attraverso ‘La strada sotto’ la quale opera estattamente all’opposto: prende un utensile culturale, come lo sono le decorazioni usate durante le festività religiose la cui verticalità è celebrativa, e le sdraia a terra, riducendo il segno a paesaggio, la comunicazione a percezione, l’architettura a suolo che infine, altro non è che il primo basamento.”
Massimo Bartolini
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