Tetso di Chiara Bucolo —
L’11 Luglio Rizzuto Gallery (Palermo) ha inaugurato Salon Palermo 4, mostra collettiva curata da Antonio Grulli e Francesco De Grandi, e uno degli eventi chiave per entrare in contatto con gli artisti emergenti della pittura italiana contemporanea. Per la quarta edizione, i dieci artisti selezionati sono Giovanni Bongiovanni, Michele Bubacco, Carlos Casuso, Benedetta Giampaoli, Gabriele Massaro, Alessandro Miotti, Marco Paleari, Anastasiya Parvanova, Pierluigi Scandiuzzi e Maria Giovanna Zanella.
Senza incorrere in luoghi comuni, Palermo è una città opulenta e povera insieme, viva e morta contemporaneamente, cuore pulsante di un microcosmo a sè stante. Un “campo di battaglia” in cui si scontrano sensazioni e percezioni, che specularmente si possono provare attraversando il percorso segnato dalle opere di questi giovani artisti: come un sentiero capace di trasportare il visitatore/viaggiatore in un mondo onirico e autentico, surreale e materico, pur rimanendo semplice e quotidiano. Un mondo pervaso da un’aura sottilmente erotica, declinata in livelli diversi di intensità, in cui erotico non è solo il soggetto rappresentato ma anche l’atto del guardare.
L'”erotismo della visione, magico e misterioso” (riprendendo le parole di Grulli) è sottolineato sia dalla pittura carnale, “sporca” e scura di Maria Giovanna Zanella, in cui i corpi si intrecciano in un cercarsi reciproco istintuale e umano, sia dalle paste della pasticceria Rizzardini, mostrate negli spaccati di quotidianeità di Pierluigi Scandiuzzi (Cabaret): elementi peculiari e insignificanti al tempo stesso, capaci di esprimersi dove la parola non riesce – possiamo guardarle languidamente, immaginando il loro sapore dolce, ma anche con nostalgia (nelle vesti di madeleine proustiane), o in entrambi i modi. Così come possiamo fare con i corpi.
Il corpo, ciò che di noi è visibile e palpabile, può anche esprimere la volontà di nascondersi, un escapismo rappresentato dai “paesaggi improvvisati” di Michele Bubacco, dove l’elemento umano cerca di mimetizzarsi dentro una cabina elettorale o dietro un albero, e in cui elementi naturali vengono fusi a elementi mitologici. L’uso di una lavagnetta da scuola come supporto, in cui prendono forma dei collage di elementi rimasticati e uniti insieme, evoca un’atmosfera surreale, quasi infantile. Come surreali e oniriche sono le atmosfere di Carlos Casuso, nel tratto spesso e espressionista della sua pittura, da lui definita “Pittura-Lingua morta”: decostruita, analizzata e interrogata, quasi “esasperata” nei lineamenti decisi del Lottatore sconfitto e del Pittore deposto (quella “deposizione” che rimanda al motivo iconografico antico della Deposizione di Cristo).
Nell’opera di Giovanni Bongiovanni, i personaggi si muovono come lucciole notturne in un paesaggio naturale, in cui rifugiarsi e da cui si lasciano abbracciare: una ragazza riposa sdraiata sul prato, mentre un ragazzo lascia che delle mosche percorrino il suo viso. Il paesaggio naturale spontaneo diventa un’oasi lontana e non domata dall’Uomo, dove i “revenants redi-vivi” esperiscono una vita lontana dalle pressioni urbane. Non è, però, tutto tranquillo: lo sguardo del ragazzino in Quel che ognuno scopre manifesta un certo stupore per qualcosa di incombente, mentre la ragazzina, seduta sul prato davanti a lui, è assorta nei propri pensieri, o nei propri desideri. I desideri sono fiori viventi, come afferma Benedetta Giampaoli nella sua opera, in cui un corpo e un viso quasi incandescenti si stagliano su un paesaggio naturale e irreale – il calore che emanano invita ad avvicinarsi per sentirlo su di sè, ma anche a stare a debita distanza per non bruciarsi.
Alla fine del viaggio attraverso cui conducono queste opere non resta che realizzare che “l’altra dimensione”, visionaria e fantastica, con le sue stranezze e le sue armonie incomprensibili, non è altro che quella intorno a noi.