Titolo bizzarro per una mostra, Sindrome Italiana. Siamo a Grenoble, al Centro Nazionale d’Arte Contemporanea, Magasin. E siamo in tanti, forse in troppi in questa mostra che presenta un insieme di progetti dedicati alla giovane scena artistica, curatoriale e editoriale Italiana, successiva alla generazione di Maurizio Cattelan (e ti pareva, che Mr. Joker, non fosse citato anche qui!). Si diceva della ‘sindrome’… E’ un complesso di sintomi che denunciano una situazione morbosa senza costituire di per sé una malattia autonoma. In questo contesto si usa questa pre-patologia per individuare un fenomeno (non tipicamente italiano, per altro) che riguarda l’emigrazione degli artisti a Londra, Parigi, New York ecc. Premesso che la maggior parte degli artisti vive e lavora, più o meno felicemente, in Italia, il taglio della mostra mi sembra abbastanza, ripeto, bizzarro e pretestuoso. Senza un reale taglio curatoriale, a mio avviso, si sono raggruppati 40 artisti rovistando qua a là nel panorama italiano. Alcune presenze mi hanno lasciato perplessa: chi per l’esiguità delle esperienze professionali, chi per l’opposto (qui citerei Paola Pivi e Francesco Vezzoli).
Entriamo nel grande e suggestivo spazio espositivo. Da subito spicca il chiaro sbilanciamento dato ad alcuni artisti a scapito di altri. La sala principale (praticamente il 50% dell’intero spazio) è dedicato a soli 5 artisti, mentre il resto dei 35, sono ‘sacrificati’ nel rimanente. Lara Favaretto è premiata dal curatore che la pone in modo sbalorditivo non solo all’ingresso, ma lungo tutta la sala principale. Vedo Lara preoccupattissima e anche un pò incazzata che non si da pace per il ruolo di reginetta che le hanno imposto. Indipendentemente dal suo volere, si è trovata ad ingegnarsi un allestimento ad hoc per ‘riempire’ La Rue con l’installazione Plotone e (non contenti) anche con i tre cubi di coriandoli. A farle compagnia le bandiere nere di Danilo Correale, la Fontana Angelica di Santo Tolone (lavoro nato a Villa Necchi che qui zoppicava un po’), la scultura dei Pennacchio Argentato e la grande vela del Bounty di Matteo Rubbi.
Entriamo nel grande e suggestivo spazio espositivo. Da subito spicca il chiaro sbilanciamento dato ad alcuni artisti a scapito di altri. La sala principale (praticamente il 50% dell’intero spazio) è dedicato a soli 5 artisti, mentre il resto dei 35, sono ‘sacrificati’ nel rimanente. Lara Favaretto è premiata dal curatore che la pone in modo sbalorditivo non solo all’ingresso, ma lungo tutta la sala principale. Vedo Lara preoccupattissima e anche un pò incazzata che non si da pace per il ruolo di reginetta che le hanno imposto. Indipendentemente dal suo volere, si è trovata ad ingegnarsi un allestimento ad hoc per ‘riempire’ La Rue con l’installazione Plotone e (non contenti) anche con i tre cubi di coriandoli. A farle compagnia le bandiere nere di Danilo Correale, la Fontana Angelica di Santo Tolone (lavoro nato a Villa Necchi che qui zoppicava un po’), la scultura dei Pennacchio Argentato e la grande vela del Bounty di Matteo Rubbi.