Il libro come spazio performativo | Dieter Roth

Dalle teche allestite negli spazi della Centrale Lavazza, che raccolgono ogni tassello della vita e del lavoro di Roth, si trovano pacchetti di sigarette, cartoni della frutta, stampe, carta fotografica, foto e le stesse note dell’artista sul suo lavoro, sui passaggi da compiere durante la stampa, schemi e schizzi.
18 Novembre 2018
© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Stefan Altenburger Photography Zürich

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Stefan Altenburger Photography Zürich

Che cosa è un libro? Cosa può fare? Deve contenere un testo? Sono queste le domande che hanno portato Dieter Roth a dedicare la sua vita alla sperimentazione e alla ridefinizione del concetto di libro d’artista, diventando il punto di riferimento per le generazioni successive. In occasione della seconda edizione di FLAT – Fiera Libro Arte Torino, il ciclo di mostre Le Pagine curato da Elena Volpato – conservatrice e curatrice presso la GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino – dedica all’artista svizzero una ricca retrospettiva presentando i suoi libri e l’intero corpus dei diari manoscritti.

Dieter Roth ha trasformato il libro da supporto in cui testo e immagini convergono per veicolare diversi tipi di contenuto, a strumento con una vera e propria funzione. Sovvertendo l’utilizzo di apparati testuali, visivi e le stesse norme che regolano la rilegatura di un libro, Roth crea spazi concettuali in cui il linguaggio viene liberato dal suo significato e dove testi ed immagini diventano elementi con cui dar vita a composizioni visive. Definisce i suoi libri like-minded communities of things, spazi concettuali in sui si sottolinea la libertà di utilizzo ed interpretazione che le sue opere propongono all’osservatore.
Matthew Zucker, editore e specialista di libri rari, afferma “nelle opere di Roth c’è l’idea per cui questo [l’osservatore] possa diventare artista avendo la possibilità di riorganizzare a piacimento gli elementi che compongono le opere. Già Bruno Munari e Enzo Mari tra la fine degli anni ’40 e primi anni ’50 hanno lavorato al concetto di arte interattiva, in cui nelle opere si inseriscono elementi da maneggiare in svariati modi, ma Roth ha saputo tradurre questo aspetto nel libro e questo è geniale”.

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

Roth realizza il primo libro d’artista nel 1954, il Kinder Buch, composto da 28 pagine contenenti stampe colorate e forme geometriche con rilegatura a spirale. L’opera è priva di testo e a livello visivo si avvicina molto al lavoro di un graphic designer. Questa non deve essere letta, ma è strutturata in modo tale da spingere l’osservatore a lasciarsi guidare da stimoli puramente visivi. L’artista considera le sue opere come spazi aperti alla performance in cui l’osservatore svolge un ruolo di primaria importanza nell’attivazione del lavoro. È libero di comporre e scomporre il libro a proprio piacimento sulla base dei legami che di volta in volta si generano dall’accostamento degli elementi presenti. Tutto ciò lo ha portato ad intraprendere un percorso di sperimentazione costante e a sviluppare tecniche che hanno rivoluzionato gli stessi processi di stampa.
La pratica di Dieter Roth è principalmente influenzata da due correnti: l’arte concreta, che dà risalto alle forme geometriche e alle loro qualità formali a seguito di una negazione del simbolismo e della drammaticità; e la poesia concreta che lascia da parte il significato del testo e il suo contenuto, per concentrarsi sugli elementi costitutivi come parole, sillabe e fonemi, esaltandone la dimensione tipografica grazie alla loro disposizione alternativa sulla carta. Ha saputo attingere anche da altre discipline come il graphic design e svariate correnti artistiche, Fluxus, l’Optical Art e la Pop Art, per dar vita a un nuovo dispositivo che nel corso della sua carriera artistica ha declinato in svariate modalità. Hansjörg Mayer, artista e editore che ha pubblicato molti libri di Roth, lo ricorda come “una persona che aveva sempre una idea in mente ed instancabile nel suo lavoro. C’era sempre un nuovo libro a cui lavorare e nuove idee da esplorare”.

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

La prolificità del suo lavoro si ritrova in mostra attraverso la ricca esposizione dei suoi lavori, divisi dallo stesso artista in tre tipologie: le opere non verbali come i Children’s Books, opere in cui sono presenti apparati testuali come la Scheisse Serie iniziata nel 1965 e priva di immagini e infine gli ibridi che uniscono le caratteristiche di entrambi. La rassegna mostra inoltre due concetti molto importanti che stanno alla base della pratica di Roth, la serialità e l’accumulazione.
La copia, intesa come spazio di innovazione e variazione, è infatti uno dei temi su cui Elena Volpato ha posto l’accento. L’introduzione di macchine sempre più all’avanguardia per la stampa ha permesso a Roth una incredibile libertà nello sperimentare diversi tipi di supporto. Nelle sue opere non è presente solamente la carta, ma anche materiali di scarto trovati dall’artista oppure gli stessi provenienti dal processo di stampa. Ha lavorato con il cibo, dalla cioccolata al formaggio, ma anche il lardo. Per Roth tutto poteva essere materiale con cui lavorare, generando anche delle vere e proprie sfide nella conservazione e nell’esposizione del suo lavoro, destinato alla decomposizione per l’aggiunta di svariati generi alimentari. L’accumulazione si lega invece al dato autobiografico e si estrinseca attraverso il diario, che in ognuna delle sue varianti porta alla luce la documentazione delle fasi del processo produttivo. Parlando del lavoro del padre Björn Roth sottolinea come “lui inserisse di tutto all’interno di un libro, che non parlava di un argomento specifico ma del tutto. Non tagliava mai il processo ma lo voleva mostrare in ogni sua fase ed inserirlo nell’opera”.
Dalle teche allestite negli spazi della Centrale Lavazza, che raccolgono ogni tassello della vita e del lavoro di Roth, si trovano pacchetti di sigarette, cartoni della frutta, stampe, carta fotografica, foto e le stesse note dell’artista sul suo lavoro, sui passaggi da compiere durante la stampa, schemi e schizzi. Roth trovava la bellezza nella banalità degli oggetti di uso quotidiano che all’interno dei suoi libri e diari acquisiscono nuova vita e, come afferma Elena Volpato, “si nota una avversione alla selezione perché l’opera doveva essere aperta, non solo alla manipolazione da parte dell’osservatore, ma aperta anche ad ogni tipo di materiale”. Attraverso la mostra Dieter Roth. Le pagine è possibile intraprendere un viaggio all’interno della vita e del lavoro dell’artista e osservarne la genialità in ogni singola opera: ha ridefinito non solo il concetto di libro, creando il libro d’artista in quanto opera d’arte a se stante, ma ha anche sovvertito gli stessi processi di stampa, attingendo da svariati ambiti artistici per formulare un linguaggio nuovo e del tutto personale.
Parlando del suo lavoro Matthew Zucker sottolinea infatti che “è impossibile definire Roth e soprattutto collocare le sue opere sotto una etichetta precisa. Lui era tutto e la negazione di tutto al tempo stesso. È stato così versatile e pieno di idee che inserirlo in una corrente è impossibile”.

Dieter Roth. Le pagine
A cura di Elena Volpato
La Centrale, Nuvola Lavazza, Torino
2-4 NOV 2018

© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

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© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Stefan Altenburger Photography Zürich

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© Dieter Roth Estate – Courtesy Hauser & Wirth – Photo: Michael Pfisterer

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