Due regioni, due palazzi, due paesaggi e non ultimi, due dialetti che suonano diversi nonostante i pochi chilometri che dividono i due territorio. Mantova e Verona, ma per l’esattezza Palazzo Te e Villa della Torre distano poco più di 50 chilometri, ma sono legati da un filo rosso che, grazie alle commemorazioni del cinquecentenario di Palazzo Te, ne evidenzia le analogie e le affinità. Sono molteplici le assonanze storico-artistiche che legano i due palazzi: il gioco prospettico degli spazi esterni alle facciate, l’uso del bugnato, le peschiere, i rimandi al grottesco.
L’iniziativa vede Villa della Torre – monumento ma anche famosa cantina della Valpolicella – stabilire un ideale legame con Palazzo Te grazie alla produzione di un nuovo Amarone in edizione limitata e, farsi promotrice, di un nuovo gioco da tavola. Nell’insegna della ‘meraviglia’, dunque guidati dall’emozione di stupore e sorpresa, gioco e vino diventano elementi conturbanti per commemorare due icone del Rinascimento. Da Fumane, cuore della Valpolicella, a Mantova, i due luoghi si rispecchiano in una narrazione partecipata che fonde architettura, arte e cultura enologica.
L’amarone commemora la Camera del Sole e della Luna a Palazzo Te riprendendo nelle etichette – nelle due edizioni di piccolo e grande formato – parti degli affreschi della famosa camera. Il grande formato riporta in etichetta il meraviglioso affresco – eseguito dal più brillante allievo di Giulio Romano, il bolognese Francesco Primaticcio – che si trova sulla volta centrale dell’omonima stanza, con l’allegoria del carro del Sole al tramonto e quello della Luna che spunta, metafora del trascorrere incessante del tempo.
Ma è soprattutto il gioco da tavola che ha destato il nostro interesse. L’artista invitata nell’arduo compito di avvicinare e, per certi versi, riflettere le diversità dei due importanti luoghi è Flaminia Veronesi. L’artista milanese, classe 1986 è stata chiamata a creare un gioco da tavola che ricreasse e attraversasse simbolicamente Palazzo Te e Villa Della Torre. Veronesi ha proposto il “Gioco del Ramarro” che,riprendendo la struttura tipica del gioco dell’Oca, conduce i partecipanti da un luogo all’altro. Il nome del gioco è intrinsecamente legato alla storia di Palazzo Te, il Ramarro infatti compare ripetutamente nelle sale del Palazzo ed è il simbolo scelto da Federico II Gonzaga per nascondere un messaggio segreto legato al tormento amoroso. Il “Gioco del Ramarro” ideato dall’artista ci fa scoprire 40 meraviglie di un percorso che parte da Villa Della Torre e conduce a Palazzo Te, incontrando luoghi e personaggi che appartengono alla storia e alla mitologia.

Scrive l’artista in merito.
“Da piccolina a un certo punto iniziai a confrontarmi con grandi quesiti esistenziali. Chi sono? Cos’è la vita? Come si vive? Che senso ha? E mi ricordo di aver scritto sul mio diario del tempo, tutta una tesi ben argomentata e illustrata, di come la vita fosse in fondo un grande Gioco dell’Oca e che il suo senso risiedesse proprio nello scegliere di stare al gioco e nella gioia che ne scaturisce. “Lo stare al gioco” è una condizione che necessita eroico coraggio poiché implica accettare di non sapere e ciononostante partecipare alla vita. Giocare rende responsabili della propria libertà, attraverso la scelta di gioire innanzi alla condizione umana di non sapere. L’attività ludica è diventata un tema ricorrente nei miei pensieri. Fu il soggetto della mia tesina di Maturità al liceo Classico, della tesi dell’accademia di Belle Arti, e da anni il Gioco è il concetto fondante della mia ricerca artistica. Johan Huizinga, Donald Winnicott, Eugen Fink, J.R.R. Tolkien, Gianni Rodari, Italo Calvino, Bruno Munari, Albert Camus hanno dedicato pagine importanti sull’argomento. Il gioco come Oasi di gioia, simbolo della vita, esercizio dell’assurdo che cura la ferita fra uomo e mondo, dimensione parallela in cui entrare e dove tutto è possibile, attuando ciò che Tolkien chiama “suspension of disbelief”. Nel riso, nell’assurdo, nel facciamo finta, l’uomo esercita la Fantasia ovvero la capacità di combinare cose che già conosciamo, creandone di nuove che ancora non esistono. Prendo un pesce, una donna e li combino creando una sirena. La metamorfosi, poiché trasforma, suscita stupore, padre della conoscenza, figlio dell’ignoranza. Dunque, giocando creiamo e creando giochiamo e nel mentre, non solo proviamo gioia, ma alleniamo la capacità di contribuire creativamente alla realtà condivisa. Ci alleniamo a cambiare e trasformare il mondo. Oggi giocare ci ricorda di non sapere tutto perché tutto è in perpetua trasformazione. Giocare ci fa dedicare il tempo al perderlo, quando l’efficienza del realismo capitalista ci ha privati del sacro e del valore intrinseco delle cose. Giocare e perder tempo allenano l’eroico coraggio di accettare i paradossi del mondo attraverso la gioia e sviluppano la capacità di partecipare creativamente alla collettività.”
I vini (nei vari formati) e il Gioco del Ramarro sono venduti a Villa Della Torre e Palazzo Te e negli shop online.

