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i6 — Cristiano Seganfreddo alla ricerca della qualità #ArtVerona

[nemus_slider id=”47826″] — Dalla strabustata parola Independent a semplicemente una sigla, i6: i, come spazi indipendenti italiani, 6, come sesta edizione. ArtVerona conta anche quest’anno la sezione dedicata alle realtà “periferiche’ – da intendere sia letteralmente che come metafora – del nostro paese. Una sezione della fiera – “un’area dove la fiera non guadagna nulla”, ribadisce […]

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Dalla strabustata parola Independent a semplicemente una sigla, i6: i, come spazi indipendenti italiani, 6, come sesta edizione. ArtVerona conta anche quest’anno la sezione dedicata alle realtà “periferiche’ – da intendere sia letteralmente che come metafora – del nostro paese. Una sezione della fiera – “un’area dove la fiera non guadagna nulla”, ribadisce il curatore del format, Cristiano Seganfredo – che per questa edizione si è deciso di concentrare in un unico padiglione, e di limitare il numero dei selezionati; scelte motivate per “proporre un progetto sempre più affinato, di qualità”. “Qualità”, ribadita anche nel tema scelto per quest’anno, come ci spiega il curatore nell’intervista che segue.

Il format di i6, a cura di Cristiano Seganfreddo, ospita gratuitamente in fiera 16 tra associazioni e collettivi: Art Company, Milano; Atipografia, Arzignano (VI); BOCS, Catania; Centrale di Fies, Dro (TN); Connecting Cultures, Milano; Fondazione Collegio Artistico Angelo Venturoli, Bologna; Il Metodo Salgari, Feltre (BL); La Società dello Spettacolo, Assisi (PG); Love Difference, Biella; Lungomare, Bolzano;  Site Specific , Scicli (Rg); Print About Me, Torino; Shape, Bologna; Spazi Indecisi, Forlì; Utilità Manifesta, Terni e ZOE, Lodi.

Per il secondo anno consecutivo in palio per la realtà con la progettualità più rispondente al tema “Qualità”: 2000 euro messi a disposizione da Amia Verona S.p.A., Azienda Multiservizi di Igene Ambientale da sempre sensibile alle politiche legate all’eco sostenibilità e un approfondimento nella rubrica FOCUS del numero di Novembre di Artribune.

Segue l’intervista e un breve testo di Cristiano Seganfreddo.

QUALITÀ è una parola avversa e scivolosa. Retrò e senza protezioni altre. E proprio QUALITÀ, nella sua secchezza propositiva, è il tema di questa sesta edizione. E quello che troverete: progetti di qualità. Consapevoli, forti, costruiti, veri. spesso inediti. Determinati a fare e diventare qualcosa. A costruire e non ad inaugurare. A manutentare il proprio presente e spesso quello delle proprie comunità di riferimento. Da Nord a Sud. Provenienti da luoghi decentrati, periferici, spesso senza prospettiva.

Independents, il format ideato per ArtVerona nel 2010,  negli anni è stato seguito e riprodotto anche ad altre latitudini. Per fortuna. Il che fa capire l’emergenza positiva che era stata posta dalla prima edizione. Non solo e non tanto la qualità progettuale, ma anche la volontà di manifestare un’energia vitale e artistica che supera le condizioni avverse di partenza. i6 nasce come evoluzione di Independents per una maggiore selettività delle progettualità e ne persegue l’intento originario di dare spazio e visibilità in una fiera d’arte moderna e contemporanea alle più interessanti realtà artistiche e sperimentali italiane, che si muovono in maniera autonoma ed emancipata rispetto al sistema istituzionale e che sono spesso catalizzatrici di nuove tendenze.

Un’operazione innovativa, che coinvolge un pubblico ampio e diversificato e che permette l’inedito incontro tra soggetti indipendenti, stakeholder e opinion leader del mondo dell’arte, creando all’interno di ArtVerona una sezione interamente dedicata a spazi no-profit, associazioni, fondazioni, collettivi, impegnati in percorsi autonomi di ricerca e sperimentazione in ambito contemporaneo.  Oggi, in uno scenario che non è migliorato né per il pubblico né tanto meno per il privato, la parola ‘indipendente’ entra come modalità operativa di azione per chiunque. Come modo di fare e costruire il proprio destino incerto.

Il Metodo Salgari,   Mudanza,   2013,   documentazione dell’azione pubblica a Santa Inés Ahuatempan,   Messico
Il Metodo Salgari, Mudanza, 2013, documentazione dell’azione pubblica a Santa Inés Ahuatempan, Messico

ATP: Da alcuni anni stai seguendo una serie di realtà no profit indipendenti italiane. Queste tue ricerche hanno come esito i6, il format per Art Verona giunto alla sua sesta edizione. Ci sono delle sostanziali differenze rispetto alle edizioni precedenti?

Cristiano Seganfreddo: Dopo 5 anni il tema sugli indipendenti è stato abbondantemente ripreso da molte realtà istituzionali. Abbiamo ristretto il numero delle realtà e ci siamo concentrati su situazioni dove la “qualita” prevale, dopo i primi anni con uno spirito più garibaldino e a rischio. Ci sono realtà consolidate come CONNECTING CULTURES o LOVE DIFFERENCE con UTILITA’ MANIFESTA, CENTRALE FIES o roBOt,   questi ultimi, i due festival di arti performative e musica elettronica più significativi in Italia. Realtà molto giovani come Atipografia o  Zoe (tra le prime realtà culturali ad essere qualificata “impresa sociale”). Situazioni atipiche come Il Metodo Salgari/collettivo italo-messicano.  Il mondo indipendente è ampio, e articolato, in grande cambiamento. Nessuna volontà enciclopedica ma solo l’idea di offrire uno spazio di pensiero atipico, e variopinto, in un contesto di fiera. Piccole sorprese inaspettate.

ATP: Ci sono dei criteri che rispettate per la selezione degli spazi indipendenti? In merito anche al fatto che in questa edizione avete ridotto il numero di partecipanti.

CS: Che non siano realtà a scopo di lucro, che ci sia una ricaduta sul territorio; che ci sia una qualità nella proposta. Cerchiamo una distribuzione anche geografica significativa che riesca a dare un senso italiano.

ATP: In merito all’allestimento di questa sezione. Ogni realtà è libera di allestire, rappresentare e proporre artisti  e progetti disparati? Come gestire le proposte di ogni realtà?

CS: Si devono attenere al tema, non possono vendere, ma per il resto hanno libertà assoluta allestitiva. Su un’esigenza/richiesta nata e condivisa con gli stessi indipendenti, dopo i primi anni con spazi con pareti simili alle gallerie, si è arrivati a creare uno spazio aperto, un’area fluida, un open space che permette maggiore comunicazione/relazione coi visitatori, anche per i molti progetti di arte partecipativa, relazionale, performativa. Non solo, con il supporto di Reverse, associazione culturale nata nel 2010 impegnata in progetti di architettura e design ecosostenibile che ha partecipato più volte al format e che poi ha declinato parte della propria attività in impresa sociale, di anno in anno vengono progettati dei moduli allestitivi versatili ed ecosostenibili e una creatività grafica ad hoc che attraversano come un file rouge la sezione, diventandone al tempo stesso un tratto distintivo.

ATP: Per questa edizione avete deciso come tema ‘la qualità’. Un concetto estremamente interpretabile e, in definitiva, aspetto da considerare intrinseco alla scelta di ogni realtà indipendente. Nella presentazione del progetto si chiarisce la volontà di voler vedere in fiera progetti “Consapevoli, forti, costruiti, veri”. Quale è la tua opinione in merito a questo tema? La qualità non è spesso strettamente legata ai ‘fondi’ economici che si hanno a disposizione? (E in merito a questo, voi organizzatori della fiera lo dovreste sapere bene). 

CS: Qualità è una parola avversa e scivolosa, senza protezioni altre.

Diciamo che vorremmo vedere progetti di qualità. Preferibilmente inediti. Determinati a fare e diventare qualcosa. Hai ragione, servono fondi e risorse. Sempre. Speriamo che questi spazi di visibilità e di relazione fuori contesto servano a generare relazioni e opportunità per gli indipendenti. Difficile andare oltre. La Fiera ospita un’area dove non guadagna nulla. Gli spazi e l’organizzazione è messa a disposizione gratuitamente. ArtVerona ha intuito da subito la necessità di introdurre piccoli semi di diversità rispetto al contesto fiera commericiale. Ma senza aspettative. Per cui in modo libero.  E ti assicuro che non è poco.

ATP: Dopo anni di ricerca e selezione, hai notato se ci sono stati delle evoluzioni per quanto riguarda le realtà no profit italiane? Si sono evolute? 

CS: C’è, malgrado le difficoltà oggettive e quasi insuperabili del Paese, una incredibile energia sui territori. E’ interessante questo fenomeno di resilienza. Senza fondi e senza grandi supporti ci si autorganizza in nome di un progetto e di un’idea. E della voglia di fare qualcosa per il proprio contesto. Poi, molto spesso la ristrettezza territoriale, la mancanza di visione e di supporto, l’ancoraggio troppo locale delle realtà, forse un pensiero poco contemporaneo e attento alle situazioni più ampie, rendono i progetti fragili e a rischio. Tanti aprono, chiudono o si modificano. In pochissimo tempo. Rimane interessante questa frontiera di resistenza continua e autogenerante, a volte indipendente dal valore di quello che viene prodotto.

ATP: In merito al premio che verrà assegnato a uno degli spazi indipendenti (2000 euro messi a disposizione da Amia Verona S.p.A), darete al pubblico la possibilità di votare. Penso sia non solo rischioso, ma anche improduttivo dare la possibilità ad un vasto numero di persone, magari neanche ben informate su cosa sia uno spazio  no profit, di giudicare. Perché questa scelta?

CS: Da questa edizione abbiamo deciso di  non avere il voto del pubblico proprio per non incorrere in problemi di monitoraggio e di qualità. 

ats Bergquist,   Daruma,   2015,   installazione dalla mostra "Allt vad vi önskat Sönderkysst" da Atipografia,   Credit Luca Peruzzi
ats Bergquist, Daruma, 2015, installazione dalla mostra “Allt vad vi önskat Sönderkysst” da Atipografia, Credit Luca Peruzzi
Can Altay,   Poster Campaign,   Bolzano 2015,   carta da affisso,   6x3m,   design: Asli Altay / Future Anecdotes Istanbul,   Courtesy: ar/ge kunst,   Lungomare,   Credit Daniel Mazza
Can Altay, Poster Campaign, Bolzano 2015, carta da affisso, 6x3m, design: Asli Altay / Future Anecdotes Istanbul, Courtesy: ar/ge kunst, Lungomare, Credit Daniel Mazza
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