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I (never) explain #88 – Simona Da Pozzo

Sunrise Gods’ Call Un anno fa mi sono data un appuntamento fisso ad ogni equinozio e solstizio con il monumento al Dio Nilo di Napoli: un momento di incontro e ridefinizione reciproca attraverso un hack performativo.Quest’inverno, tra me e “il Nilo” si è frapposto il progetto Residency … at the Waterfront di Rotterdam, nei Paesi […]

Simona Da Pozzo, Sunrise Gods’ Call, 2020, video 6’33”, The Netherlands-Italia 2020, still da video. Courtesy of the artist. Opera rizoma del progetto di ricerca Hacking Monuments realizzata grazie al sostegno di Charlois Fundation, CBK’Rotterdam, nctm e l’arte.

Sunrise Gods’ Call

Un anno fa mi sono data un appuntamento fisso ad ogni equinozio e solstizio con il monumento al Dio Nilo di Napoli: un momento di incontro e ridefinizione reciproca attraverso un hack performativo.
Quest’inverno, tra me e “il Nilo” si è frapposto il progetto Residency … at the Waterfront di Rotterdam, nei Paesi Bassi, residenza che è diventata l’occasione per sviluppare lì un rizoma di quello che stavo facendo a Napoli.  
Il luogo in cui mi trovavo a Rotterdam affacciava direttamente sul porto, sull’acqua del fiume Maas. Il mio compagno Nicola, nostro figlio Cosmo ed io abbiamo abitato per 4 mesi a 5 metri dall’acqua. La finestra dello studio era affacciata sul respiro del fiume. Abbiamo passato ore ad osservare la cassa toracica del Maas alzarsi ed abbassarsi, riempirsi e svuotarsi, ed ascoltare i rumori industriali rotti improvvisamente da quello di animali e uccelli. Ci siamo trovati immersi nella contemplazione e nell’ascolto del fiume, della sua attività e della vita sopra e sotto la superficie.

Da qui ho pensato al monumento al Nilo sotto una nuova prospettiva tanto evidente nel suo nome, quanto oscurata nel quotidiano dal suo essere chiamato Il Corpo di Napoli: un ambiente d’acqua. Il Nilo parla di fiumi d’altrove, di gesti di un altro tempo, di una comunità d’Alessandria d’Egitto che nel II sec d.C. dedica serenamente un monumento al proprio dio. L’ho sempre guardato più come prova della natura a aperta e fagocitante di Napoli, che non come tributo a un fiume invisibile.

Simona Da Pozzo, Sunrise Gods’ Call, 2020, video 6’33”, The Netherlands-Italia 2020, still da video. Courtesy of the artist. Opera rizoma del progetto di ricerca Hacking Monuments realizzata grazie al sostegno di Charlois Fundation, CBK’Rotterdam, nctm e l’arte.

Il Nilo e il Maas mi hanno fatto immaginare le due città portuali connesse da un grande intreccio d’acqua fatto di mari, oceani, laghi e fiumi, in cui il suono viaggia alla velocità di 5.000 km/h. Una rete liquida vista non in funzione dello spazio di navigazione umano ma della coesistenza tra specie; come spazio che contiene dati, informazioni sonore che corrono sulle linee di propagazione d’onda.
Ho esplorato lo spazio pubblico e i monumenti di Rotterdam attraverso questa lente e mi sono imbattuta nel Maasgod: un mezzo busto del dio-fiume del XVII secolo, sopravvissuto alla distruzione di un gruppo statuario all’ingresso della città.
Quando ho visto Maasgod, ho visualizzato Sunrise Gods’ Call: una video-call tra il Maasgod e il Dio Nilo per lasciar parlare i loro volti animati dai cambi di luce, nel momento di passaggio dalla notte al giorno.
Da quel momento ho iniziato a lavorare al progetto video-performativo chiedendomi che cosa si sarebbero detti quei due fiumi, ma le migliori conversazioni sono quelle in cui ci si lascia portare dall’incontro, perciò mi sono messa semplicemente in ascolto. 

Grazie alla complicità di una amica che all’equinozio di primavera si trovava vicina al monumento al Nilo, abbiamo realizzato una zoom-call tra i due monumenti, tra le 5:29 e le 6:21 del mattino.
È emerso un vociare animale nuovo, inconsueto anche all’alba: questa call un po’ beffarda, è finita con il raccontare una breve utopia sonora (dal punto di vista animale) o una distopia relazionale (dal punto di vista umano).

Simona Da Pozzo, Sunrise Gods’ Call, 2020, video 6’33”, The Netherlands-Italia 2020, still da video. Courtesy of the artist. Opera rizoma del progetto di ricerca Hacking Monuments realizzata grazie al sostegno di Charlois Fundation, CBK’Rotterdam, nctm e l’arte.

Il Covid-19 stava iniziando ad attraversare l’Europa, mentre il movimento Black Lives Matter doveva ancora fare incetta di monumenti razzisti e coloniali. Le città stavano cambiando il proprio panorama sonoro in conseguenza alle misure di restrittive della mobilità. Gli abitanti stavano in quei giorni riscoprendo nuove dimensioni sonore possibili nelle città: il silenzio ritrovato portava gli animali ad avvicinarsi a zone urbane; il rumore di fondo dei mari ritrovava la sua calma e le citazioni di Jacques Cousteau dal celebre romanzo Il mondo del silenzio (1956), imperversavano sui social. Le persone iniziavano a sognare – o hanno brevemente sognato – una normalità diversa da quella conosciuta.

Quel che stava avvenendo a livello globale sulla dimensione sonora e naturale era talmente radicale che, nel momento dell’editing del lavoro, ho deciso di andare oltre i suoni registrati durante la zoom call: esplorando archivi collaborativi e gratuiti online, ho trovato materiale sonoro registrato dagli utenti durante il lockdown nelle grandi città di mezzo mondo. Documenti della nostra assenza.

Il dialogo tra i due monumenti si è nutrito di questi documenti sonori, dove per me l’immagine è una sorta di drop temporale tra un’archeologia e una futurologia del paesaggio sonoro.

A questo link è possibile visualizzare il videohttps://hackingmonuments.tumblr.com/

Simona Da Pozzo, Sunrise Gods’ Call, 2020, video 6’33”, The Netherlands-Italia 2020, still da video. Courtesy of the artist. Opera rizoma del progetto di ricerca Hacking Monuments realizzata grazie al sostegno di Charlois Fundation, CBK’Rotterdam, nctm e l’arte.

Ha collaborato alla rubrica Irene Sofia Comi

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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare.
Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.