
The star’s engine
Ho conosciuto Gianpiero
Favaro nell’estate 2014, in quegli anni mi ero trasferito in Giudecca e sapevo
che c’era un’associazione di astrofili in terraferma, poco lontano dalla mia
isola. È lui il direttore dell’associazione. Ci scriviamo e il venerdì sono già
alla prima riunione in sede. Prima di diventare centro di divulgazione
scientifica quella sala è stata una scuola di elettrotecnica e prima ancora un
convento: le foto dei Frati Francescani che abitavano l’edificio coesistono con
le macchine per la didattica e gli atlanti stellari. Ne prendo in mano uno insieme
a Gianpietro, vogliamo fare delle osservazioni con il telescopio sul tetto, e
l’atlante serve da guida. Nel libro noto che le stelle sono rappresentate come puntini
neri su pagine bianche, non sembra proprio un cielo stellato: “è per consumare
meno inchiostro”, dice lui.
Giusto.
Mentre conversiamo
Gianpietro mi spiega tutto, cos’è la stella che sto guardando, come funziona e
cosa fa. In una stella la sua massa intera è spinta costantemente verso il
centro dalla forza di gravità, ma invece di collassare su
se stessa, la materia si compatta a tal punto da fondere i nuclei. Questo
fenomeno rilascia un’energia che si dirige verso l’esterno, in direzione
opposta alla gravità, nel tentativo di fuggire. Finché queste forze incredibili
contrapponendosi si bilanciano, la stella rimane una struttura piuttosto
stabile; quando questo equilibrio si interrompe la stella muore e succedono varie
altre cose.
Scendiamo dal tetto e ritorniamo sulla terra. Per numeri e dimensioni questa
dimensione della realtà è complessa da gestire. Posso dire di comprendere
qualcosa senza poterla pienamente dominare con l’immaginazione?


Anni dopo a Milano sono insieme
al mio amico e artista Gianluca Brando.
Mi racconta che a Maratea, a pochi passi da casa sua, ci sono delle spiagge
nere vulcaniche bellissime. Immagino l’acqua che impatta sulla linea del
bagnasciuga nero carbone e faccio un passo in avanti per capire come funzionano
le stelle.
Penso al video che avrei realizzato poche settimane dopo, al mio arrivo a
Maratea.
Si chiama The star’s engine ed è una ripresa aerea di quella spiaggia.
Lascio a un drone il compito di catturare il moto oscillatorio del Tirreno che spinge con forza le onde a riva, queste si spaccano sulla sabbia nera disegnando delle forme bianche, chiare e definite. Poi l’acqua si ritira e ricomincia tutto di nuovo.
Faccio coincidere le due estremità del video, ora la linea del bagnasciuga è una corona solare, le onde sono plasma incandescente che appare per poi nascondersi dietro ad un eclissi.
La sabbia nera invece è lo spazio profondo, il cielo disabitato e silenzioso dal quale emerge questo mostro, un astro che pulsa e che ripete se stesso all’infinito, con movimenti ciclici, ipnotici, come all’interno di un teatro senza tempo.


Avviene che si ripensi al tempo, sia quando osserviamo il mare sia quando osserviamo le stelle.
Talvolta è un pensiero che si sviluppa come un tentativo di elaborare una formula che ci faccia comprendere l’oggetto nella sua interezza, è una riflessione breve e transitoria durante tutta la durata dell’osservazione, ma è all’interno di questa frazione di tempo che ho pensato che queste riprese potessero trovare una loro naturale collocazione.
Giovanni Di Gennaro, il mio
regista, è uno del posto e sa tutto del mare, dà un’occhiata rapida al cielo
minaccioso e fa rientrare il drone.
In stazione a Potenza piove
da un po’, rivediamo il girato, ci piace moltissimo e mi chiede quale sarà lo
scopo di queste riprese.
Dico che voglio fare una
stella, non la voglio proprio rappresentare per davvero, voglio capire come si
comporta e capire cos’è. Per farlo uso gli strumenti che ho, il paesaggio, le
coste del sud Italia, la memoria delle cose e le persone che incontro. Ogni
persona infatti ha condiviso con me sapere ed esperienze diverse, io colleziono
tutto e gli attribuisco una forma cercando di capire l’insieme. È come una
ricerca che non ha proprio una fine.Ci salutiamo e riprendo il treno per Milano.
Ha curato la rubrica Irene Sofia Comi
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I
(never) explain è uno spazio
che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con
l’intento di chiedere a una selezione di artisti di scegliere
una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare.
Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli
aspetti di un singolo lavoro o serie, dalla sua origine al processo creativo,
dall’estetica al concetto.