E’ il 1998 e sono le due di notte del 16 febbraio, a Pechino, quando Li Jian Ping scrive a Gao Yue: “Se non vuoi parlare di quello che fai in fabbrica lo capisco, però mi piacerebbe sentirmi più vicino a te, capire perché certe sere sei così stanca e sembri così triste dopo il lavoro. Non voglio che ti spingano a fare cose troppo faticose. Io sono qui e tu lo sai. Non dirò mai a nessuno quello che fai. So come funziona la compagnia, anche noi non possiamo parlare di quello che facciamo”.
Questa mail è il documento numero 7 del sito “Green Diamond_Beijing”, e mentre la si legge, sullo sfondo si riconosce un footage di Gao Yue in ufficio con la sua tuta verde, mentre testa i sensori GD.
Questo è uno dei tanti documenti raccolti da Li Jiang Ping tra il 1995 e il 1998: se li si ripercorre uno dopo l’altro, seguendo l’ordine cronologico proposto all’interno dell’archivio storico del sito, ci si immerge in una sorta di labirinto incompiuto, che non è nient’altro che quello che resta di una relazione d’amore tra due persone, in cui poche parole spesso celano molto altro e certe poche frasi lapidarie finiranno invece per essere ripetutamente rilette in cerca di qualche conferma di un amore davvero avvenuto.
Si percepisce la gioia quando i due possono finalmente pranzare insieme, e la tenerezza di quando Li Jiang Ping porta Gao Yue a visitare l’hutong dei genitori per farle capire le condizioni nella quale è cresciuto.
Ci sono buchi temporali, e ritorni, come quando Gao Yue, il 5 gugno 1998 scrive: “non ci siamo scritti per mesi. Mi sei mancato. Oggi la tempesta mi ha terrorizzata, era come vedere gli aspetti negativi che questi esperimenti hanno su di me. Mi manchi anche adesso mentre ti scrivo”
“Green Diamond” è un sito che racconta una storia attraverso video, testi, scansioni di fotografie analogiche, documenti e ricostruzioni digitali. E’ la storia di una ragazza, una delle migliori acrobate della scuola acrobatica di Pechino, che viene ingaggiata presso Green Diamond, un’azienda cinese apparentemente sparita nel nulla, esistita tra il 1995 e il 1998. Gao Yue deve testare i sensori GD, sofisticatissimi sensori realizzati in polvere di diamante che, impiantati in alcune parti del corpo, e combinati con dei gesti precisi (ideati da lei), riescono a provocare delle sensazioni legate al mondo naturale, come del vento sul volto o il calore nella pelle.
Attraverso onde a ultrasuoni e delle speciali lenti a contatto, sembra che Gao Yue riesca a rivivere sensazioni sempre più intense, allontanandosi dalla realtà per immergersi in un mondo altro, sempre più intenso e totalizzante. Li Jiang Ping è uno degli operai addetti alla pulizia dei sensori, e si innamora di Gao Yue dall’inizio, già poche settimane dopo il suo arrivo, e intrattiene con lei una fitta corrispondenza dal febbraio del 1998.
Verso la fine del 1999, Li Jiang Ping stampa tutte le conversazioni e le immagini legate alla loro relazione, per farne un piccolo volume che sarà il regalo per il loro anniversario. Questa raccolta fisica di documenti sarà di fatto l’unica prova dell’esistenza di Green Diamond, in quanto ogni prova digitale (cartelle di file, mail, registri online) scompariranno dal suo computer quando l’azienda chiuderà i battenti in velocità, senza il minimo preavviso, verso l’inizio del 1999.
Questo sito, insieme a una serie di documenti la cui datazione risale a quegli anni (scientificamente la tecnica di stampa, la datazione della carta risalgono tutti a fine anni 90), è stato presentato per la prima volta a Pechino, presso lo I:project Space, ed in seguito a una residenza che mi è risultata fondamentale, presso il museo Inside Out.
Da tempo utilizzo la fotografia per aprirmi verso mondi altri: proprio il suo essere “prova” mi spinge a utilizzare questo mezzo nella ricostruzione di qualcosa che potrebbe essere esistito o potrebbe esistere. Potrebbe essere in un dato tempo, ma forse anche in un altro, potrebbe rivolgersi al futuro come al passato o al presente. Mi interessa l’aspetto credibile e proprio per questo falsificabile del mezzo, e il suo legame profondo con il tempo. In questo caso, per la prima volta, ho esteso il rapporto che ho con la fotografia con un apparato linguistico più ampio: testi, video e documenti si legano tra loro in una fantascienza che si rivolge al passato, ma prende forma nel presente.
Green Diamond forse è esistita davvero, forse è solo il prodotto di una congettura, e Li Jiang Ping può davvero avermi donato tutti questi documenti durante interminabili giornate di ricostruzioni, selezioni, scansioni, oppure forse potrebbe essere anche lui un personaggio della mia fantasia.
Le tabelle aziendali, i documenti di immatricolazione all’azienda dell’ufficio amministrativo, le fatture dei costumi di Gao Yue sono timbrati e databili negli anni 90, dunque devono essere veri, ma siamo davvero sicuri di questo?
Green Diamond non è un film, non è del tutto un archivio storico, né un racconto. E’ un ibrido che mi ha liberata da ogni forma precostituita che sentivo di subire dopo tanti anni di lavoro come artista in un sistema che mi stava stretto. Fugge da definizioni e si specchia in un presente che vivo tutti i giorni, fatto di informazioni vere o presunte, pin-pong di dati letti di fretta, teorie vere che sembrano fantascienza e teorie complottiste che sembrano invece assolutamente reali.
Il nucleo del lavoro è un sito, immateriale, sempre presente, senza luogo, che è sempre uguale da qualsiasi luogo lo si consulti, sia questo luogo la Cina, l’Italia, un museo o una vecchia casa di campagna.
Ciò che rende Green Diamond reale e credibile è anche l’apparato di cui si nutre: comunicati stampa, articoli, presentazioni in luoghi ufficiali adibiti all’arte, che per istanza non vengono controllati né verificati perché dati per veri.
Green Diamond è un lavoro che si nutre della sua stessa liminarità semantica e linguistica, e la cui credibilità nasce da ciò che normalmente non viene additato come comprovabile, ovvero la ricostruzione del sentimento. L’amore, relegato a tema ingenuo e naif in un’arte sempre più logica, strutturata, colta, diventa il protagonista di un lavoro del tutto libero da ogni tipo di vincolo che sentivo di subire inconsciamente. Inoltre, l’esotico viene utilizzato per testare i residui di una cultura coloniale, in cui il luogo “lontano”, la Cina in questo caso, è sovente relegato a zona in cui accadono fatti da giudicare: dittatura, inquinamento, esperimenti scientifici al limite dell’etica, senza curarsi di ciò che invece non si conosce, di ciò che non si può capire e dunque diffondere.
Green Diamond fondamentalmente non è altro che un apparato sentimentale, visivo e critico per testare i nostri limiti, i miei stessi limiti, e il mondo di cui faccio parte.
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.