Al culmine del giorno, i miei pensieri si dilatano, evaporano nell’aria calda, si muovono lenti nell’umidità tra i raggi di luce nell’afa del torrido agosto. Qui, in alto, nel mio studio d’eremita, sono immersa nella mia luce personale.
C’è una tristezza che nasce dal vedere il mondo per ciò che è veramente, sembra essere una tristezza delicata. In questo periodo, sto scoprendo l’ombra tenebrosa che abita nei esseri umani. Ora sento che dovrei imparare ad affrontarla. Sento la necessità di ricostruire un frammento di me, che possa essere pronto a fronteggiarla e comprenderla. Non sarà facile: dovrò immergermi con costanza e cercare di ricostruire ciò che continuamente si dissolve.
Un vespone visita il mio studio, puntuale come un orologio. Mi ricorda che è tardi e che è tempo di coricarsi nel mondo dei sogni, abbandonarsi alla modesta ricettività della notte. L’esperienza del lavoro di oggi si depositerà, per integrarsi meglio con quello di domani.
Forse, alcuni nodi e passaggi ora impraticabili si scioglieranno nel riposo.
Al risveglio i quadri le percepisco come esseri viventi, più mi danno questa sensazione più mi diventano preferiti. Li osservo, e ogni volta mi restituiscono una loro luce, come un riflesso.
Mentre dipingo a volte sono io che li accendo, altre volte sono loro a guidarmi. Li approccio come un essere che ha bisogno di stimoli ma anche dei suoi tempi e del loro spazio personale.
Nel mio lavoro cerco di rappresentare la varietà e la complessità del mondo che conosco, con le sue molteplici sfaccettature. Come si dice, ‘stesso pianeta, mondi diversi’.
Nel quadro ‘Backbone in Bloom’ riconosco un’interpretazione del luogo da cui inizia il mio viaggio nell’immaginazione. Dove ci sono molte cose possibili, tutte nello stesso istante. Dove cerco di relazionarmi con il resto per trovare un significato. La composizione rappresenta una visione interiore, nel quale si intrecciano diversi micro e macro dimensioni. Uno spazio mobile e instabile, che genera una rifioritura e una conoscenza. A volte stando lì, dopo un po’, sento il bisogno di scegliere una direzione concreta. Alcune volte mi trasporta subito, altre devo cercare in modo più faticoso. Non mi preoccupo se all’inizio qualcosa non funziona; l’importante è gettare le idee sulla carta e poi lavorarci sopra. I disegni che scaturiscono da quel ‘campo unificato’ mi servono da mappe verso altri quadri.
Quando lavoro, raramente mi soddisfa un’immagine semplice o minimale. Mi soddisfa osservare e contemplare la costruzione di un quadro, soffice e complessa come quelle che troviamo in natura.
Attualmente, sento il bisogno di rendere i miei quadri più rischiosi e intricati. Mi piace rendere l’armonia cromatica complessa, quasi come una sfida stimolante alla quale devo trovare le soluzioni. Quando ci riesco, mi sento immersa in una piccola gioia. Probabilmente, in futuro, questo periodo sarà sostituito da un’altra necessità. Ora, questo processo mi interessa perché, per arrivare alla semplicità, sento di dover soddisfare sia il piacere di dipingere che l’aspetto concettuale del mio lavoro.
Con il tempo, sto imparando a bilanciare questi due elementi, spostando gli equilibri ora verso l’uno, ora verso l’altro, o mantenendoli in equilibrio.
Quando il quadro è finito, lo percepisco come un mondo a sé stante. L’interno di queste realtà mi affascina. Sono così delicati, eppure mi riempiono di ottimismo e forza, alimentando la convinzione di proteggere e far crescere la mia visione interiore. Se potessi, vorrei immergermi in quella luce cromatica e seppellirmi per un istante nella realtà del quadro, come un piccolo granchio.
Immagino l’arte come una trama invisibile di connessioni sottili, un tessuto che svela lentamente un dialogo nascosto. Questo dialogo, sebbene inizialmente impercettibile, intesse e plasma la nostra coscienza e la memoria collettiva, trasformando gradualmente il nostro modo di percepire e interpretare il mondo, goccia dopo goccia.
Desidero che un’opera mi trattenga, che mi spinga a ritornarci con lo stesso desiderio di chi cerca di comprendere una parola misteriosa. Quando mi trovo di fronte a un quadro, desidero vivere una sensazione che echeggi quella del profumo di una pianta che riempie l’aria. È il tipo di esperienza che si prova quando si assapora un fico maturo, colto con cura e lasciato maturare con pazienza. Vorrei che l’opera mi offra una complessità che stimola il pensiero e l’emozione, simile a quella di un incontro che svela nuovi strati di una personalità, rivelando angoli inaspettati e affascinanti.
Ah, eccolo, è tornato anche questa notte il vespone. Suggerisce che è giunto il momento. Forse, alcuni nodi e passaggi si ammorbidiranno mentre dormo.
Cover: Sissi e i Dolomiti, Italia, foto di Nicolò Marconato
Ha collaborato Simona Squadrito
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.