ATP DIARY

I (never) explain #173 — Renzo Marasca

Dipinte in orizzontale, le carte non hanno un centro o una periferia, non sono uno spazio delimitato dentro al quale il disegno divide e circoscrive una forma; esse sono, invece, uno spazio unico limitato soltanto dalla dimensione stessa dell’opera.

Appunti sulla trasparenza
Transparere

Dal Diario:

Lisbona, 8 del mattino. Il giorno arriva più tardi, qui. La prima luce del sole fa brillare e asciuga l’umidità che il mare, in complicità con la notte, ha riversato sui tetti e sulle panchine della città. Come quasi sempre, la prima luce del mattino è bellissima, di una bellezza innocente. Aspetta che il sole si pronunci. Quasi sempre inizio a lavorare a quell’ora perché mi piace vivere il tempo del giorno e iniziarlo un’attimo prima che la città si attivi concretamente. Da diversi mesi lavoravo senza un’idea precisa e senza avere particolari progetti espositivi. Ero però nella speranza di incontrare qualcosa che tutt’ora non saprei spiegare. Pensavo alla pelle; non solo a quella delle persone e delle cose, ma a quello che le sta sotto. Pensavo alla possibilità di rendere trasparente e luminosa una dimensione intima e reale. Ed è così sono nati i miei primi lavori su carta di riso; pensando alla pelle.

Sì, perché la peculiarità delle mie opere è nella trasparenza e nella leggerezza come risultato di un processo pittorico articolato. Dipinte in orizzontale, le carte non hanno un centro o una periferia, non sono uno spazio delimitato dentro al quale il disegno divide e circoscrive una forma; esse sono, invece, uno spazio unico limitato soltanto dalla dimensione stessa dell’opera. Questa “pelle” trasparente e leggera che si crea, rende visibile tutto il processo pittorico, in una sorta di congelamento temporale. Anche la luce non è più rappresentata attraverso l’artificio del chiaroscuro ma è essa stessa che, incontrando la superficie del quadro, si fa soggetto dell’opera. La trasparenza, infatti, non amplifica ciò che è estremamente chiaro ma ciò che è chiaramente complesso. In effetti non è possibile decifrare la complessità del reale ricorrendo soltanto al semplice sguardo, perché ad esso va aggiunto il filtro “illuminante” della conoscenza che svela le cose del mondo. Una forma di coscienza che acquisisce consapevolezza. Il termine trasparenza trova la sua origine dal latino transparere, ossia far apparire, lasciar vedere, lasciar conoscere; rimanda al trasparente, ad una materia, cioè, che fa passare la luce attraverso sé stessa. La trasparenza indica, pertanto, l’esistenza di un fenomeno complesso e perfino enigmatico perché unisce a sé i caratteri opposti della materialità e dell’invisibilità, fondendoli in un unico elemento che si manifesta come condizione complessa.

Renzo Marasca, Fili d’Erba, 2024. Matite colorate, pigmenti, acquarelli, cera su carta di riso giapponese, magneti, 260x196cm.
Renzo Marasca, Fili d’Erba, dettaglio

Nella mia ultima mostra del 2024, intitolata PALCOSCENICO e che aveva, nell’idea generale, il palcoscenico come luogo di interazione e finzione con la realtà erano esposte due opere dal titolo Fili d’Erba e Sipario. Installate di fronte a due finestre, esse sfruttavano la luce naturale come in una sorta di lightbox. Pertanto la luce che le attraversava diventava parte integrante dell’esperienza visiva. 
Nella loro realizzazione, la mia mano lascia delle tracce, dei segni e dei volumi che cercano un contatto utopico. Non c’è intenzione nella mia pittura e nulla può essere cancellato, nascosto. Lasciare poi la narrazione alla luce naturale, amplifica il risultato visibile di un processo che riguarda l’utopia e la coscienza.
In Fili d’Erba i segni verticali s’incontrano e s’intrecciano in un punto di forza, formando una cicatrice che rimanda alla linea d’orizzonte o a un filo spinato. Amplificate dalla luce che le drammatizza, le linee cercano una fuga al di fuori dello spazio dipinto. 
In Sipario, invece, alla base del lavoro i volumi disegnati rimandano a degli alberi o a delle pieghe di un tendaggio. Essi poi si diradano verso l’alto in un istintivo motivo vegetale. È un paesaggio; una finzione che interagisce con lo spettatore in un confronto silente tra interno ed esterno.
Inoltre considero la pittura come una pratica che ha a che fare con il tempo e con lo spazio. 
Ma il tempo non è cronometrico e lo spazio non è geografico. Sono dimensioni diverse; sono dimensioni dell’anima: Homo sum, humani nihil a me alienum puto “Nulla che sia umano mi è estraneo” (la frase è di Publio Terenzio Afro che la usò nella sua commedia Heautontimorùmenos – Il punitore di sé stesso – del 165 a.C.). Una pratica che riguarda un dettaglio del tutto e un dettaglio in sé perché concerne la memoria e il segno come gesto umano e solo umano.
In Portogallo lo spazio indefinito della linea d’orizzonte è più mitico che reale e la luce fredda e accecante, che per la maggior parte dell’anno si riflette sul paesaggio, smaterializza la realtà in una leggerezza fragile che nasconde nella rassegnazione e nell’odore del conforme la condizione del vivere. È da questa mia continua necessità di fuggire dalla realtà che il mio spazio pittorico nasce. E in esso la mia mano si muove. 

Renzo Marasca, Sipario, 2024. Matite colorate, pigmenti, acquarelli, cera su carta di riso giapponese magneti 260x196cm
Renzo Marasca, Sipario, dettaglio
Renzo Marasca, PALCOSCENICO,2024. Galeria Belo Galsterer, Lisbona
Porta do Sol, Lisbona, 2023

Ha collaborato Simona Squadrito

Per leggere gli altri interventi di I (never) explain
I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.

Nelle passate pubblicazioni hanno contribuito Zoe De Luca e Irene Sofia Comi