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I (never) explain #168 — Ludovica Anversa

Nel mio lavoro, mi capita spesso di attingere dall’imaging biomedico. I dispositivi che permettono di guardare il corpo al suo interno, eludendone l’opacità, generano immagini perturbanti quanto attraenti. 
Ludovica Anversa, Mother 2023 oil on linen 140 x 100 cm Courtesy l’artista e Fondazione La Rocca

“Mother” fa parte della mia mostra personale “Autotomia”, inaugurata il 23 marzo 2024 alla Fondazione La Rocca di Pescara e curata da Francesca Guerisoli. Questo dipinto è più isolato rispetto agli altri lavori e chiude la mostra, evocando una dimensione cupa e silenziosa. Una coltre di terre fredde, quasi nera, occupa gran parte della superficie e lascia emergere una forma più o meno simmetrica, fatta di azzurri tenui e danzanti, come quelli di un’aurora boreale fuori stagione. Le impronte-spiritello allungate, che si diramano dall’equatore della composizione, si sollevano dal fondale, distaccandosi delicatamente. Mi ricordano le forme tiepide di cenere, fragili e affilate, nel braciere di un falò appena spento.
La superficie del dipinto è nel complesso poco materica ma, ad un secondo sguardo, mostra diverse cicatrici stratificate che ne segnano la membrana. 
L’impronta è un espediente visivo, metaforico e poetico. 
Può essere sensuale o violenta, bacio o livido; sottende sempre il contatto di un corpo, che ha lasciato un segno visibile. È vestigio e testimone di un’aderenza.

Costretta dietro reticoli dombre, incespica
la pupilla
che a stento tiene a distanza il morso, la bocca
da cui la notte scivola (quale non era stata mai
nel libro dei millenni,
immensa, arrossata
radice sull
arco
inteso alla gelida eco dell
ultimo
grido) –
scivola, straripa, s
avanza a strappi
nutrita di sogni in tutti i pori,
marea danzante di acque che seminano spine
rovi di brina per fingere parole –
ha un sonaglio di alghe macerate sulla lingua
e tra le labbra nomi naufragati,
per ogni ora
un
onda che cancella la tristezza
e lenisce piaghe di abbandono – in cambio
chiede respiri, carnali schegge d
alba
una memoria inerte, spianata
di ogni traccia, di ogni seme, ogni pensiero spento.

(Alejandra Pizarnik, Madre di creature ferite. Traduzione di Florinda Fusco)

Ludovica Anversa, Mother 2023 oil on linen 140 x 100 cm Courtesy l’artista e Fondazione La Rocca

Nel mio lavoro, mi capita spesso di attingere dall’imaging biomedico. I dispositivi che permettono di guardare il corpo al suo interno, eludendone l’opacità, generano immagini perturbanti quanto attraenti. 
Quando ho intitolato il dipinto, avevo appena letto un capitolo del libro Gender Tech di Laura Tripaldi, nel quale si parla di come, nelle ecografie del feto, il corpo che lo ospita sia escluso dall’immagine prodotta dall’esame. Al suo posto un abisso nero.
Penso al paradosso di una rappresentazione del corpo che esclude il corpo. Ai corpi resi ogni giorno invisibili perché non conformi alle rappresentazioni imposte dalla società. Penso al potere politico che hanno le immagini e a come nessuna rappresentazione del corpo sia priva di una parte etica.

Scrive Laura Tripaldi “Pensiamo al nostro corpo come a un insieme di immagini: il nostro riflesso allo specchio, i selfie che pubblichiamo online, la disposizione di muscoli e organi nei nostri libri di testo scolastici, la radiografia che abbiamo fatto quando ci siamo fratturati il piede. Poi ci sono le cellule, le molecole e gli atomi che ci compongono, una matrioska di diagrammi sempre più astratti che penetrano sempre più profondamente nella sostanza trasparente della nostra carne. Il corpo è lì, è la cosa rappresentata, l’oggetto ovvio a cui puntano tutte le immagini. Eppure, se ci pensi, il tuo corpo non è nessuna di queste immagini, e nessuna di queste immagini ti appartiene.” (Laura Tripaldi, Ectoplasm Feminism Notes on the materiality of ghosts, 5 aprile 2024, neroeditions – ectoplasm-feminism)

La mia pittura si nutre di quelle figurazioni che attivano le forze psichiche del nostro sguardo. Che inquietano, evocano al di là dell’ovvio e non rassicurano, ma permetto di rintracciare. Penso che rintracciare spesso significhi immaginare e ritrovare ciò che il più delle volte non possiamo o non vogliamo vedere.

Ludovica Anversa, Mother 2023 oil on linen 140 x 100 cm (dettaglio) Courtesy l’artista e Fondazione La Rocca

Per leggere gli altri interventi di I (never) explain
I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.

Hanno contribuito alla rubrica Zoe De Luca, Simona Squadrito e Irene Sofia Comi