Artista selezionato da Simona Squadrito*
Quando scrivo o parlo del mio lavoro, tendo a partire da molto lontano, da punti lontanissimi, per cui spesso mi perdo per strada. A volte, anzi, per parlare della mia pittura, scrivo proprio di altri artisti o di altre opere e solo indirettamente del mio. Un po’ perché la pittura non appartiene a nessuno. Ma soprattutto perché credo che ogni singolo lavoro abbia una sua biografia molto diversa da quella di chi dipinge. Anzi credo che ogni pennellata, segno, gesto… abbia un’esistenza e una ‘famiglia’ che può rimanere sconosciuta all’artista che, tutt’al più, mette insieme qualche pezzo di questa biografia, ne ricorda qualcosa e oblitera qualcos’altro.
Belvedere (through sunglasses) è un dipinto del 2018 e, per raccontarlo, dovrei partire dal 1874 l’anno in cui Francesco Lojacono ha probabilmente realizzato Palermo e il Monte Pellegrino, un olio su tela di una veduta rigogliosa del golfo da una balconata piuttosto decadente, bruciata dal sole. La prima stagione di Lojacono è fatta di pezzi incantevoli, ancora non conosciuti come dovrebbero, staresti a guardarli per ore. La mia ossessione, in particolare, era per una versione meno nota, forse uno studio preparatorio al dipinto. Entrambi sono straordinari, pura luce, ma preferisco lo studio perché l’opera finita, più oblunga e dettagliata, offre troppe chiavi di lettura anche per via dell’aggiunta di due figure come mero staffage.
Non sono mai riuscito a vederli dal vivo. Sono in collezioni private, il primo in Sicilia, il secondo è in Gran Bretagna dall’800. Nel 2015 – io l’ho scoperto così – è stato battuto ad un’asta da Sotheby’s, London, ed ora è presso un collezionista che pare non abbia nessuna voglia di mostrarlo. Vani, almeno, i miei due tentativi all’apparenza decisamente promettenti. A quel punto, sono passato alla ricerca del luogo vero e proprio, partendo per Palermo con in pugno una certezza, un dato riportato sia dall’entry del catalogo d’asta che dal catalogo principale di Lojacono a cura di Gioacchino Barbera: la Villa San Marco di Bagheria. La vista doveva essere stata presa da lì, dalla Villa che d’altronde Lojacono aveva dipinto in più tele, due delle quali sono esposte permanentemente alla GAM di Palermo.
Nell’aprile 2018, ero subito andato a vederle dopo essere atterrato a Punta Raisi anche per prepararmi all’incontro con la proprietaria del Castello con cui avevo ottenuto un appuntamento il 16. L’arrivo a Bagheria non poteva essere migliore. Il palazzo manteneva la stessa temperatura cromatica del dipinto – è splendidamente conservato dalla famiglia Camerata Scovazzo di Casalgismondo che mi ha accolto con mille riguardi. Mentre varcavo il cancello, mi aveva colpito immediatamente la presenza ricorrente del motivo romboidale che compare sulla balaustra del dipinto di Lojacono. Tuttavia, già mentre procedevo lungo il giardino, ho avuto un presentimento. Sarà stato l’effetto della bellezza edenica della tenuta, ma ho iniziato a provare un profondo senso di lontananza come se sentissi che la distanza geodetica dal golfo crescesse sempre di più. In effetti, una volta salito sull’altana, ho potuto constatare che, sì, la vista era meravigliosa, ma dava interamente sulla celebre Conca d’Oro, senza nessuno scorcio verso il Monte Pellegrino. Stavo insomma decisamente spostato troppo ad est con qualche monte ad ostacolare la vista.
È iniziata così una sei giorni di avvicinamento verso Palermo, tra ville e vedute panoramiche, seguendo suggerimenti di residenti curiosi, topografi, assessori. In ogni tappa (fallimentare) di questo itinerario da Castello San Marco, ho realizzato un dipinto che ha finito per costituire una sorta di fabbrica del paesaggio. Dei vari, ne salverei due, uno è proprio Belvedere, che è una veduta del golfo attraverso i miei rayban – diventati, a quel punto, una versione della balaustra di Lojacono –, per me un inizio, un modo per dipingere il sole, un tentativo di inventarmi un paesaggio, il mio punto di vista.
PS: Solo dopo il ritorno a Roma, ho capito quale fosse il punto di vista di Lojacono. Riordinando i materiali messi insieme a Palermo, ho notato che, alla GAM, avevo fotografato una veduta del Monte Pellegrino di un pittore anonimo. L’avevo fotografata insieme alla caption perché la posizione del monte era incredibilmente coincidente con quella nel dipinto di Lojacono. Non avevo notato, però, che il titolo del quadro era inequivocabilmente topografico: Veduta del Monte Pellegrino da Santa Maria di Gesù, convento dove Lojacono aveva in effetti lavorato più volte.
Ha collaborato Simona Squadrito*
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.
Hanno contribuito alla rubrica Zoe De Luca, Simona Squadrito e Irene Sofia Comi