BACI —
Nel 2018 abbiamo fatto aerografare due magliette in un mercato di Rio. Facce infantili rubate
dai loro dipinti e spiattellate su tessuto bianco. Le magliette diventano parallele, imitazioni di un originale.
Quando eravamo adolescenti le stampe degli angeli Fiorucci sui vestiti si deformavano lentamente con le fisicità in cambiamento. Come un Jim e un Kurt qualunque, un angelo per tetta. I corpi in pubertà dentro il cotone stretchy si modificavano in poco tempo al posto dei volti infantili degli angeli, Dorian Gray ma alla rovescia.
Monelli a volte in grado di far innamorare gli adulti con una punta di freccia, ma incapaci di superare il muro della pubertà e buttarsi nei tumulti dell’adolescenza. I putti sono dei mitici per sempre bimbi intrappolati in un ruolo decorativo che non permette loro di crescere, di provare amore romantico, di scoprire la sessualità adulta e la propria anzianità.
Durante una lunga residenza a Roma abbiamo pensato molto al ruolo di mocciosi alati, cherubini e cupidi: la città è gremita di loro impegnati a decorare facciate e scacciare l’horror vacui di affreschi e fontane. Com’è loro destino, senza mai prendere una forma definitiva, la loro immagine ritorna spesso nel nostro lavoro – indirettamente diretti affiancano fluttuando la nostra ricerca da un posto all’altro, lanciando frecce e agendo come un intervallo di piroette fino all’opera successiva. Volando cicci sulle tshirt, annoiati a Dresda al fondo di un Raffaello o appesi alle pareti degli airbnb, vivono in realtà in uno stato di esasperazione data dalla costante attesa della propria crescita, dello scoprire un pelo che prima non c’era.
Questi putti così utili nella compostezza dell’immagine, col loro compito fondamentale di bilanciare il barocco, riempitivi di spazi con ali e culi paffuti, esprimono un’assenza beata, inebriati dal potere della loro mira. In realtà lo sballo vertiginoso dato dai loro voli altissimi può essere una fuga dalla consapevolezza che per loro il tempo dorme.
2022, Real Madrid
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Le dieci pratiche artistiche scelte per questa sezione di I (never) explain sono eterogenee eppure collegate da uno specifico approccio; ognuna di esse si sviluppa tramite l’ascolto di materiali e medium, intendendoli nella loro accezione più organica, autonoma, viva. Ognuna di queste opere è il risultato di una pratica fondamentalmente alchemica, poiché definita da gesti e stratificazioni, procedendo per addizione e sottrazione, manipolando la materia fino a trasmutarla in microcosmi personali.
A cura di Zoë De Luca
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.
Dall’apertura della rubrica, tra i curatori invitati a selezionare gli artisti: Simona Squadrito, Irene Sofia Comi