Per un’inaspettata serie di circostanze, questi ultimi mesi hanno visto chiudersi due progetti a cui ho dedicato molti anni di pensieri, provando per essi sentimenti contrastanti e sempre animati da caparbio desiderio.
Scrivo di queste due opere che sono recenti e mature assieme. Entrambe hanno assunto una forma cartacea e, in parte, musicale. Si tratta di The Whale Theory. Un immaginario animale (Johan & Levi, 2021) e Voce a vento (Kunstverein Publishing, 2021).
Entrambe le pubblicazioni possono essere definite come libri d’artista ma non solo: documentano, ricostruiscono, rifondano. Sono culmine e nuovo inizio. Una polifonia di voci.
Entrambe riguardano un’ultraforma: una forma-balena, una forma-paesaggio. Un corpo che è costituito e contiene innumerevoli forme racconto, narrazioni complesse (The Whale Theory). Un corpo che è spazio abitato da voci, dal canto corale; un paesaggio complesso che viene attraversato da corpi viventi, parole e suoni (Voce a vento).
The Whale Theory nasce da Balena Project dal 2004, un viaggio che si sviluppa in molteplici azioni attorno al corpo itinerante di una balenottera comune, ricostruita a grandezza naturale in tessuto di lana grigia, portata in giro per l’Italia e in alcuni altri paesi, fatta arenare di volta in volta in un museo, in riva a un fiume, in una piazza storica, in un quartiere di periferia, nel cortile di una scuola. E infine mutata di forma per inseguire nuove traiettorie. Un viaggio di cui questo volume costituisce l’approdo conclusivo, dove ho raccolto le stazioni/cardine, in una mappa sensibile e sentimentale di quasi venti anni durante i quali questo corpo-balena mi ha tenuto con sé.
Voce a vento è il risultato di una riflessione sul rapporto canto/corpo/paesaggio ed è nato grazie alla generosità di una cantante, musicista e direttrice di cori, Meike Clarelli. Nel 2018 Meike, componendo sulle mie parole, ha costruito insieme a me e a una trentina di donne (di cori emiliani e campani), una performance con la quale abitare un sentiero tra i carbonati di calcio di un versante del Monte Bulgheria, nel Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Il committente (Associazione Jazzi) mi chiese di pensare “un’altra balena” per quei luoghi. Il libro e il vinile (dove sono incisi i canti e i suoni registrati in ambiente e il risultato del lavoro di post-produzione), è il primo di una serie di tre atti dedicati al canto corale che, con Katia Anguelova (curatrice e compagna d’avventura insieme a molti altri), abbiamo chiamato Passo chiama Passo. Il secondo atto/pubblicazione, sempre con Meike Clarelli, riguarderà altri paesaggi, tra Birmingham e Venezia.
Queste due pubblicazioni hanno in comune una direzione progettuale collettiva declinata in tanti modi diversi, come tanti sono gli sguardi con cui è possibile guardare il mondo attorno a noi. Stare al mondo. Rendere il proprio sguardo mobile e testardamente responsabile per una collettività di cui siamo parte. Ognuno di noi porta parola di una narrazione infinita, sub specie aeternitatis…..
Per leggere gli altri interventi di I (never) explain
I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.