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I Marziani: ripercorre il ‘900 attraverso il disegno

[nemus_slider id=”55356″] English text below Nell’ “imponente” macchina espositiva messa in atto dalla seconda edizione della Biennale del Disegno di Rimini dal titolo “Profili del mondo” – caratterizzata per prestiti prestigiosi e opere inedite allestite in 27 mostre aperte fino al 10 luglio – spicca la collettiva dedicata al disegno nell’arte italiana del XX secolo. […]

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Nell’ “imponente” macchina espositiva messa in atto dalla seconda edizione della Biennale del Disegno di Rimini dal titolo “Profili del mondo” – caratterizzata per prestiti prestigiosi e opere inedite allestite in 27 mostre aperte fino al 10 luglio – spicca la collettiva dedicata al disegno nell’arte italiana del XX secolo. A cura di Irina Zucca Alessandrelli, la mostra ha come titolo “I Marziani” e presenta circa 60 opere provenienti dalla Collezione Ramo di Milano. La rassegna si presenta come un’ottima occasione per scoprire opere di grandi maestri sconosciute al grande pubblico ma anche agli addetti ai lavori. La collezione, iniziata alcuni anni fa dall’interesse di Giuseppe Rabolini per il segno e le opere su carta, ripercorre le tappe della storia dell’arte italiana a partire dal disegno.

Seguono alcune domande alla curatrice Irina Zucca Alessandrelli.

ATP: “I Marziani. Disegno nell’Arte Italiana del XX secolo” è una mostra che raccoglie una sessantina di opere provenienti dalla Collezione Ramo di Milano. Con quale criterio hai scelto le opere esposte?

Irina Zucca Alessandrelli: All’interno dell’elenco dei 110 artisti che abbiamo selezionato per rappresentare al meglio il XX secolo italiano nella Collezione Ramo, per ogni autore ho cercato di trovare opere che raccontassero l’evoluzione dello stile di ogni artista. In genere, ci sono vari passaggi compiuti da ogni autore prima di arrivare alla cifra stilistica con cui diventa riconoscibile per il pubblico e la critica. Le opere in mostra testimoniano diversi momenti e riservano sorprese per chi guarda, che di solito conosce solo una tipologia di quello che un artista ha prodotto. Le opere sono state scelte anche, in base al loro essere fuori contesto nella loro epoca, per fare capire, dopo parecchi decenni, come determinate opere fossero rivoluzionarie all’epoca, e spesso troppo pionieristiche rispetto alla ricerca artistica contemporanea per essere capite e apprezzate.

ATP: A cosa si riferisce il titolo? Chi sono “I Marziani”?

IZA: Partendo dal fatto che gli artisti sono sempre stati marziani all’interno della società per la loro speciale sensibilità, gli artisti in mostra sono, a mio parere, più marziani dei marziani. Si tratta di quegli artisti che, all’interno della Collezione Ramo, sono stati dei grandi innovatori, la cui rivoluzione però, non è del tutto lampante (per ragioni che si colgono leggendo appunto le biografie e le citazioni) per cui secondo me è interessante proporli oggi per conoscerli meglio e capirne l’intelligenza e la fatica.

ATP: Il disegno può essere sia un mezzo preparatorio per dipinti e sculture, sia espressione primaria della ricerca artistica. Mi citi degli esempi in mostra che corrispondono a queste due ‘funzioni’ fondamentali del disegno?

IZA: Uno splendido disegno preparatorio in mostra è quello di Cagnaccio di San Pietro per il suo dipinto più famoso “Primo Denaro” del 1928. La donna nuda riversa in terra, che nel quadro è affiancata da un cestino con le banconote, è resa nel disegno con una carica quasi sovversiva, con una forza che va oltre l’iperrealismo e che, per me, supera di molto la versione dipinta. Domenico Gnoli, scelto per la copertina del nostro catalogo e la locandina della mostra, con la sua opera “Boat IV” dimostra che siamo di fronte a un capolavoro, che trascende il fatto che sia un disegno o sia su carta, è un’opera commovente.

ATP: “I Marziani mette in luce sedici artisti italiani che, per l’importanza del loro lavoro e l’originalita? della loro poetica, si possono definire anacronistici rispetto alla produzione artistica del loro tempo.” Mi spieghi perché si possono definire ‘anacronistici’?

IZA: Anacronistici nel senso di in grande anticipo sui tempi, e quindi per certi versi avulsi dal proprio contesto temporale perché questi artisti hanno spesso dovuto aspettare parecchi anni prima di vedere un interesse della critica e del mercato per le loro pratiche artistiche. Tancredi nel 1950 a Roma usava la tecnica del dripping sconosciuta agli artisti italiani che frequentava. Quanti anni dopo si è cominciato a prestare attenzione a questa tecnica in Italia? E comunque l’opera di Tancredi è quella letteralmente di un “fuoriclasse”. Quanti anni sono passati da quando Carol Rama ha cominciato la sua sperimentazione, incollando gli occhi di bambola e le camere d’aria delle biciclette, a quando qualcuno ha valorizzato questi lavori con una mostra? E che dire di Vincenzo Agnetti? Solo oggi si comincia a dare l’adeguato peso alle sue ”Pagine Dimenticate a memoria”. Il lavoro degli artisti in mostra si caratterizza per coraggioso anacronismo, per l’essere fuori dal proprio tempo, al di là di ogni moda o richiesta di mercato, e per la fede nel proprio lavoro senza compromessi, pagandone le conseguenze.

ATP: L’esposizione ha l’ambizione di mostrare, “sotto una nuova luce” alcuni capitoli fondamentali del XX secolo. In che modo avete elaborato la mostra per giungere a questo obbiettivo?

IZA: Abbiamo posto in verde tra le opere le parole con cui gli artisti descrivevano la crudezza della proprie convinzioni e l’incomprensione che il loro lavoro subiva. In nero abbiamo messo alcune critiche selezionate in un percorso cronologico, spesso durissime, di giornalisti contemporanei degli artisti che recensivano le loro mostre. In questo modo si può capire per esempio che Depero non è solo l’artista che ha fatto fortuna con la sua produzione futurista o con la collaborazione pubblicitaria con la Campari, ma ha passato un periodo buio sul finire degli anni Quaranta a New York e la sua produzione di questo periodo è lontana dal futurismo, con cui non è del da identificarsi del tutto. Abbiamo poi esposto opere di periodi meno conosciuti ma molto significative come il Munari degli anni Trenta per esempio. Ci sono vari lavori su carta di Alik Cavaliere che non si sono mai visti perché se ne conosce solo la produzione scultorea, mentre il disegno è stato un mezzo essenziale per tutta la sua ricerca. Abbiamo quindi cercato di mostrare aspetti meno conosciuti della produzione di certi artisti, e allo stesso tempo, abbiamo messo in risalto il giudizio della critica che li ha accompagnati nei momenti cruciali della loro carriera.

ATP: Oltre alle opere su carta, avete pensato anche a una serie di soluzioni espositive dove collocare biografie e testi critici. Mi racconti il motivo (o la necessità) di mostrare questa documentazione?

IZA: Per me la necessità è data dal fatto che ci sono troppi aspetti della storia dell’arte del XX secolo italiano che non si conoscono. Quando pensiamo ad un artista oggi noto, non significa che lo sia stato anche a suo tempo e viceversa, ci sono artisti che hanno avuto molto successo in vita come Enrico Baj e poi sono caduti nell’oblio. Sapere come un artista era stato classificato, valutato, giudicato, , chi erano i suoi amici, i suoi sostenitori, fa una grande differenza per la comprensione dell’artista. Questa mostra vuole appunto offrire degli spunti di approfondimento che, portano inevitabilmente, a rivedere l’idea che si ha di un artista. Ho cercato di proporre un taglio che potesse incuriosire anche, e soprattutto, chi non è esperto d’arte. Con le citazioni sui muri si può seguire una cronologia di giudizi, cioè la fortuna critica che è il tema centrale della mostra. Avere un’idea della fortuna critica di un artista significa collocarlo nel contesto esatto in cui ha vissuto e, poi in quello successivo alla sua morte, e quindi capire meglio l’evoluzione della sua fama negli anni. Mi auguro quindi che le citazioni e la qualità delle opere possano riservare delle sorprese agli spettatori.

ATP: Le opere esposte sono tutte per lo più inedite. Qual’é, a tuo parere, il motivo per cui queste opere sono poco conosciute ai più?

IZA: Risponderei con due domande: Quante mostre di disegni avete visto in tutta la vita? E di queste ce ne era almeno una di disegno italiano del secolo scorso? Il disegno in Italia non si vede nei musei e si vede pochissimo nelle fiere, a meno che non sia del Cinquecento. Abbiamo voluto dare un segnale dell’importanza di questo mezzo per rileggere il ricchissimo secolo scorso italiano, proprio aprendo per la prima volta la Collezione Ramo al pubblico in occasione della Biennale del Disegno di Rimini invece che a Milano.

Aldo Mondino,   9 demenza,   10 1° presa di conoscenza,   11 paura della follia (I King),   1970 ca. Pastello ad olio e penna su carta,   69.8 x 104.2 cm
Aldo Mondino, 9 demenza, 10 1° presa di conoscenza, 11 paura della follia (I King), 1970 ca. Pastello ad olio e penna su carta, 69.8 x 104.2 cm

I Marziani — Disegno nell’arte italiana del XX secolo 

Curated by Irina Zucca Alessandrelli

The exhibition contains about sixty works from the Collezione Ramo of Milan, open to the public for the rst time. The collection, which began several years ago due to the interest of Giuseppe Rabolini in drawing and works on paper, retraces the phases of Italian art history through a focus on drawing, seen not only as a means of preparation for paintings and sculptures, but also as a primary expression of Italian artistic research. Starting with the early 1900s, the collection follows the traces on paper of the great protagonists of the historical avant-gardes, all the way to the 1990s. The intention of the collector is to document the evolution of stylistic approaches with artworks on paper (not just drawings but also water-colors, collages, gouaches, pastels). The purpose of the collection is to bear witness to the great importance of Italian 20th-century art, while at the same time fostering a culture of drawing, with its own independent value, on a par with painting and sculpture.

I Marziani puts the spotlight on 16 Italian artists who due to the importance of their work and the originality of their poetics can be de ned as anachronistic with respect to the artistic output of their time. All of them are models of artistic freedom and faith in their own efforts, which at times coincided with isolation, at times with incomprehension, or with di culty in entering the o cial history of art. These artists seem to be detached from their own time because of the originality of their styles and the subjects approached, like true meteors for their contemporaries and for posterity. The works of these paradigmatic “Martians” in the Collezione Ramo span about 90 years, from Medardo Rosso to Mondino by way of Wildt, Cagnaccio di San Pietro, the American period of Depero, Munari, Tancredi, Gnoli, Calderara, Cavaliere, Rama, Lai, Agnetti, Baruchello, Baj, and De Dominicis. What emerges is an oblique overview of the Italian 20th century, featuring artists who for the most part had no direct dialogue with each other, associated with different movements and styles. Having revolutionized the very idea of art and been impervious to market fashions, they were misunderstood for long periods by critics and audiences. At times their inability to promote themselves and to cultivate collectors, or their interest in a wide range of expressive media which made them hard to categorize, contributed to create market instability – just consider Baruchello, who has worked with video, editing of found lm footage, assemblages and painting, or Munari who shifted from industrial design to teaching, set design to projections of painting, sculpture, graphics. Some of these talents met with acclaim only after death, while others have yet to be appropriately appreciated and recognized, a neglect that is re ected by the absence of their works in international museum collections, and lack of documentation on the part of national institutions. Their status as “Martians” has also made it hard, a posteriori, to create the archives to authenticate and catalogue the works of artists like Munari, Gnoli and Tancredi. Though all the artists in the exhibition received prizes and had admirers during their lifetimes, today research still needs to be conducted on their aesthetic history for a fuller understanding of their poetics.

I Marziani is an exhibition that encourages viewers to discover or reconsider certain chapters of Italian art history from the last century through works on paper (most of which have never been shown in museums) from the angle of new visual and intellectual intersections. Critical reception is the key of interpretation to understand what has taken place in the past and to expand the contemporary viewpoint through drawing, which has meant so much also for artists who did not make it their elective medium of expression, and are not very well known for their works on paper.

The aim is to prompt re ection on the critical response to the artists, on what their contemporaries thought of their art and how we perceive it today, precisely in relation to their status as outsiders then, and to the ups and downs of the acclaim that has brought them to our attention over the years. Through biographical notes anked by comments and articles from different eras placed between the works, visitors are encouraged to ponder the destinies of these talents. With its selection of some of the most maverick personalities, I Marziani presents the Italian 20th-century in a new light.

Gianfranco Baruchello,   Nel cielo di pietra,   1978 Smalto e china su cartoncino,   36.4 x 50.4 cm
Gianfranco Baruchello, Nel cielo di pietra, 1978 Smalto e china su cartoncino, 36.4 x 50.4 cm
Adolfo Wildt,   Animantium Rex Homo,   1925 Matita grafite e carboncino su carta,   89.8 x 130.7 cm
Adolfo Wildt, Animantium Rex Homo, 1925 Matita grafite e carboncino su carta, 89.8 x 130.7 cm