A Valle Cascia, piccola frazione di 400 abitanti vicino Macerata, c’è una vasta area ora abbandonata che per oltre 80 anni ha ospitato la Fornace Smorlesi, producendo mattoni che hanno raggiunto destinazioni lontane. Una fabbrica che ha dato lavoro a tutti gli abitanti della zona e la cui chiusura nel 2012 ha generato un cambio radicale nel tessuto del territorio, impoverendolo, rendendolo asfittico, privo di stimoli e causando importanti problematiche ambientali.
Dal 2019 questo spazio ospita ogni anno nell’ultima settimana di agosto il Festival I Fumi della Fornace. La manifestazione, lontana da canoni tradizionali, è un concentrato variegato di creatività, un intreccio di eventi, performance, laboratori, concerti, con un programma che spazia dal teatro alla danza, dalle letture condivise alle installazioni artistiche.
Un progetto che nasce dalla volontà di un gruppo di giovani originari di Valle Cascia che per una curiosa coincidenza hanno tutti intrapreso studi in discipline artistiche, nelle più varie declinazioni. La loro estrosità di gusti e comportamenti, aveva alimentato una dicerìa secondo la quale proprio i fumi emessi dalla fornace erano stati la causa della loro originalità, definita dagli abitanti “stortura”. A questo i ragazzi hanno risposto fondando nel 2019 l’Associazione Congerie, con lo scopo di creare una confluenza di energie che porti in questa area abbandonata semi di creatività e confronto, spunti, dialoghi che coinvolgano la comunità locale ma che richiamino in questo piccolo centro anche persone e pensieri provenienti da altri luoghi e realtà, in un confronto-scontro prolifico e fecondo, con l’intento di creare cultura che non sia semplice intrattenimento ma generi ragionamento, dubbio, interrogazioni e nuove aperture.
Sotto la direzione artistica di Giorgiomaria Cornelio (1997) regista, scrittore e performer, il festival è giunto alla sua VII edizione, sviluppandosi anno dopo anno e diventando un “… cantiere ininterrotto di sperimentazioni, alleanze, ecologie dell’immaginazione…”, come affermano gli organizzatori. Un reticolo di rassegne che coinvolgono poesia, teatro, arti visive e performative, dibattiti e mostre che si susseguono dall’alba fino a notte inoltrata per cinque giorni consecutivi.
Filo conduttore e tema portante dell’edizione 2025 è stato il “Ma”, che agisce insieme come congiunzione, inciampo, oltrepassamento» ma permette anche di accogliere linguaggi molteplici anche in contraddizione tra loro.


Un cantiere a cielo aperto, che si avvale del contributo di un nutrito numero di giovani attori, danzatori, poeti, musicisti, fotografi, scrittori e artisti coinvolti in un processo creativo e di condivisione di spazio-tempo e pensieri.
Il teatro, appuntamento centrale della manifestazione, quest’anno ha presentato il terzo movimento de “L’ufficio delle tenebre”, dal titolo Anche l’edera si arrampica sulla storia, ultimo atto della trilogia scritta dallo stesso Cornelio insieme a Danilo Manlio, un rito teatrale collettivo, un processo alla memoria del Novecento.
In parallelo alla rassegna teatrale si svolge Diffusa, rassegna di arti visive, performative e danzadiretta da Giulia Pigliapoco, (1990), che seguendo un concetto di “curatela performativa” indaga e ragiona sulla contaminazione tra linguaggi artistici, e sugli effetti che un evento e la sua fruizione hanno sulla comunità.
In questo ambito si inserisce l’intervento di Domenico Antonio Mancini (1980) , artista interessato alla trasformazione del quotidiano e alla memoria storica, che ha realizzato “Mappe, visioni e racconti per immaginari futuri” un lavoro concepito appositamente per questi spazi, in cui 30 mattoni in gesso, copie esatte degli originali ancora sparsi nella fornace, sono segnaposto, tracce, ma anche memoria, mattoni che ritornano protagonisti nella locandina della manifestazione, concepita dallo stesso artista dopo aver visitato l’ex- Fornace.
Mentre gli architetti Michele Anelli – Monti e Margherita Fiorini hanno ideato l’installazione (KT1) – Kavallo di Troia 1 che accoglie i visitatori. I suoi riflessi d’oro e argento definiscono una struttura mobile che si sposta attraverso l’area della fornace fornendo a chi lo desidera rifugio e riparo per isolarsi sul piano fisico e temporale dalla festa in un luogo-altro.
Non si sa ancora quale sarà il futuro dell’area dismessa ma il Festival della Fornace si propone come un’azione forte che attraverso la generazione di immaginari vuole penetrare in un contesto che offre pochi spunti culturali e aperture di pensiero. Un progetto interessante e coraggioso, che sicuramente può migliorare nel tempo mettendo sempre più a fuoco gli obiettivi che si prefigge, ma che fornisce la possibilità di esprimersi con libertà secondo canoni non convenzionali, ri-attivando attraverso l’arte nelle sue diverse espressioni, un luogo dimenticato.
Cover: I Fumi della fornace – Foto Francesco Finotto


