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Il tempo corporeo di Maria Hassabi alle OGR, Torino

Due “tempi” scandiscono la visione di HERE di Maria Hassabi alle OGR di Torino. Un tempo a noi prossimo, quello canonico dell’orologio, che è scandito dal trascorrere dei secondi, è un tempo “scultore” e quello misurato dalla lentezza dei movimenti dei corpi della performance. Maria Hassabi costruisce un grande meccanismo temporale che potremmo visualizzare come una […]

Maria Hassabi – HERE, 2022 – OGR, Torino – Photo Elena Bordignon

Due “tempi” scandiscono la visione di HERE di Maria Hassabi alle OGR di Torino. Un tempo a noi prossimo, quello canonico dell’orologio, che è scandito dal trascorrere dei secondi, è un tempo “scultore” e quello misurato dalla lentezza dei movimenti dei corpi della performance. 
Maria Hassabi costruisce un grande meccanismo temporale che potremmo visualizzare come una clessidra dove il tempo/sabbia scorre da una realtà all’altra: il nostro quotidiano scandito dalla sua voce che nomina lo scorrere dei secondi –  ascoltiamo durante la performance di 4 ore, la numerazione da 1 a 14399’’ – e il tempo che lei crea nel grande spazio del Binario 1 delle OGR. 
Queste due temporalità ci tengono in scacco dentro un’atmosfera sospesa dove l’ascoltare, il vedere e il respirare – che inevitabilmente sembrano fondersi con questo scorrere del tempo – diventano tutt’uno. 
HERE si presenta fisicamente come un grande spazio incorniciato dalle mura delle OGR e da una sorta di palcoscenico composto da grandi parallelepipedi composti in gradini crescenti e discendenti. Queste piattaforme sono coperte da strati di foglia d’oro, più specchiante in alcuni piani, più opaca in altri. Le piattaforme specchianti rimandando la nostra immagine sulla superficie, per certi versi ci coinvolgono nella scenografia facendoci partecipare in prima persona alla performance.  
La diversa colorazione del pavimento segna le differenti fasi della produzione dell’opera. L’installazione è stata prodotta in collaborazione con il Palazzo della Secession e Wiener Festwochen (Vienna) e con Onassis Foundation (Atene). E’ dunque un’installazione che si è mossa in diversi spazi e ad ogni allestimento ha mutato dimensione e caratteristiche. Parti della pavimentazione arrivano da Vienna, mentre altre, viste le vaste dimensioni delle OGR, sono state aggiunte per questa occasione. Da qui la differenza di colorazione dorata del pavimento. 

Per un periodo temporale di circa mezzora , lo spazio rimane vuoto,  si sente solo il suono dei numeri che progrediscono sistematicamente. Dopo entra in scena Maria Hassabi vestita con una tuta di jeans macchiata da quelle che sembrano delle pennellate di colore. Indossa un paio di scarpe dorate e, piccolo dettaglio, ha le unghie colorate di smalto dorato. Si noterà in seguito che tutti i performer hanno le unghie dipinte. A differenza della Hassabi, scopriamo, man mano che entrano nello spazio, che loro vestono abiti di colore ognuno diverso: rosso, giallo, azzurro e viola. L’entrata solitaria della Hassabi avviene in un atmosfera di profonda concentrazione.

Maria Hassabi – HERE, 2022 – OGR, Torino – Photo Elena Bordignon

L’artista, raggiunta una pedana, inizia quel che potremmo definire una personale ed essenziale registrazione del tempo attraverso il corpo. Decelerando ogni tipo di movimento, con estrema e quasi estenuante lentezza l’artista lascia che il suo ‘tempo’ la attraversi, facendola muovere e contorcere nei più complessi e imprevedibili movimenti. In piedi, stesa, inginocchiata, sdraiata, contorta su stessa: l’artista compie una lunga serie di movimenti fluidi, continui, irrefrenabili. Movimenti che non hanno uno scopo, una finalità o una qual voglia attinenza con le tipiche movenze di un corpo reale: i suoi sono movimenti fine a stessi, che non simulano gesti funzionali, bensì raccontano un linguaggio autoreferenziale, solipsistico. Moti di coscienza o forme poetiche di espressione corporea, il raggio d’interpretazione di queste lentissime coreografie raccontano, appunto, il trascorrere del tempo, in una forma misteriosa e metafisica. 
Dopo l’assolo della Hassabi, nelle circa due ore rimanenti, il tempo è ulteriormente scandito dall’entrata di cinque performer che, sempre lentamente, si muovono nelle varie pedane. Chi attende assorto appoggiato al muro, chi si siede e aspetta, chi lentamente si inginocchia o circoscrive lo spazio con una lentissima camminata. 
La partitura della coreografia è data dallo sguardo e dal rapporto dei performer: la trama degli loro sguardi è l’input che li fa muovere. Guardandosi, ognuno segue o dirige i movimento degli altri componendo così una serie di movimenti ritmati da un tempo astratto, immaginario.   
Dopo tre ore di lenti e minimi movimenti e passaggi, la sensazione è quella di trovarsi di fronte a una grande tableau vivant dove i corpi oscillano tra l’essere percepiti come corpi vivi e immagini stitiche. Sculture viventi, il nostro sguardo astrae i corpi rendendoli oggetti inanimati che condensano su di loro non solo il trascorrere del tempo, ma anche la misurazione dello spazio. 

In contemporanea con HERE della Hassabi – a cura di Samuele Piazza con Nicola Ricciardi – le OGR ospitano, al Binario 2, la mostra HARDSCAPES di Nina Canell, realizzata in collaborazione con GAMeC Bergamo (prodotta all’interno del Meru Art*Science Research Program), a cura di Samuele Piazza con Lorenzo Giusti. 
Nina Canell presenta due opere: Energy Budget (2017-2018), opera video ideata in collaborazione con Robin Watkins che esplora i diversi modi in cui l’energia si manifesta e circola, a volte in maniera invisibile, in simbiosi inedita tra natura e ambiente antropizzato, e la grande installazione formata da una vasto pavimento di conchiglie calpestabili. 

Maria Hassabi – HERE, 2022. Installation view of the exhibition at OGR Torino. Ph Giorgio Perottino per Ogr Torino. Courtesy Ogr Torino
Maria Hassabi – HERE, 2022 – OGR, Torino – Photo Elena Bordignon

Il video è stato girato nel lungomare di Telegraph Bay a Hong Kong. Le immagini mostrano, nel dettaglio, un grande grattacielo formato da centinaia di unità abitative, provvisto di una grande apertura. La costruzione di grandi aperture sui grattacieli è parte di un fenomeno chiamato “porte dei draghi”: secondo la leggenda consentono il passaggio delle mitologiche figure dei draghi, mentre scendono dalle montagne per bere e fare il bagno nell’oceano sottostante. Concentrandosi sull’apparente vuoto che costituisce il percorso del drago, la telecamera è impegnata in un costante zoom-out, utilizzando aria compressa per controllare il movimento dell’obiettivo. 
A queste immagini seguono quelle di una lumaca leopardo che, con estrema lentezza, esplora un quadro elettrico. Il primo piano sull’animale permette di osservare nei dettagli le sue lenti fluttuazioni muscolari: tra cavi e relé, scansionano lo spazio alla ricerca di luce e umidità, lungo un percorso tracciato dall’intuito e dai campi elettrici residui, diventando quasi parte della struttura in una nuova forma ibrida. 
Al silenzio del video si accompagna lo scricchiolio delle conchiglie che si frantumano sotto i nostri piedi mentre deambuliamo nel grande tappeto di gusci. Sebbene fragili, le conchiglie dei molluschi marini  sono la materia prima che costituisce la base della maggior parte dei nostri edifici. 
Originariamente commissionata da GAMeC, l’opera Muscle Memory (16 Tonnellate) (2021) è riproposta in una nuova installazione che prende in considerazione la storia di OGR Torino come sito di riparazione, come rovina e risorsa. 
In una intervista pubblicata nel catalogo della mostra a Bergamo (GAMeC Books, 2021), Nina Canell ha così descritto il progetto:
“Il nostro ambiente costruito è un’accelerazione di pressione materiale difficile da cogliere appieno. Ricoprendo il pavimento della galleria di conchiglie nelle loro forme originarie e riconoscibili, cerco proprio di attingere a quell’aspetto di incomprensibilità. […] Materiale e durata si condensano, in senso letterale, sotto i nostri piedi; ed ecco che i nostri corpi si legano per un istante a un tempo profondo, geologico, grazie a un singolo scricchiolio aptico. Camminare e inciampare sulle conchiglie è un gesto tanto banale quanto brutale; eppure, da una prospettiva materiale, la differenza che intercorre tra camminare su invertebrati fatti di carbonato di calcio o sul pavimento di calcestruzzo di una galleria è molto sottile. Sappiamo che la distruzione e il rimescolamento di ossido di calcio e silice causati dagli esseri umani potrebbero essere amplificati fino a numeri incomprensibili.”

Nina Canell – HARDSCAPES, OGR -Torino. Photo Elena Bordignon