Testo di Manuela Piccolo —
Che cos’è il vuoto assoluto? La risposta scientifica vuole che sia l’assenza di materia in uno spazio di volume. La risposta figurata richiama la mancanza di qualcosa, l’indicibile, l’azzeramento espressivo, il silenzio.
Viasaterna, Milano, è rimasta vuota per mesi, in bilico tra l’indeterminatezza del presente e la possibile istanza di progettualità del futuro. È lo spazio fisico della galleria a essere rimasto vuoto, ma la ricerca che questa ha portato avanti è sempre proseguita, grazie al lavoro con e degli artisti. Viasaterna, durante il lockdown, è stata sopraffatta dal vuoto, un nucleo di vuoto che attendeva l’opera, perché natura abhorret a vacuo (la natura rifugge il vuoto).
Si formula un continuo esercizio di ridefinizione e rideterminazione dei termini e delle possibili esperienze del vissuto. Ancor di più, in questo periodo. Anche il vuoto ha un nuovo iper-significato e Viasaterna con questa collettiva mette in mostra le riflessioni degli artisti presenti sul vuoto; inteso come scambio dinamico, possibilità in potenza di far risaltare il pieno che contrasta il vuoto, il silenzio, il non detto e il non fatto. Questi due opposti esistono solo in dialettica l’uno con l’altro. Quindi uno spazio libero non è vuoto, perché questo non esiste, in quanto contiene in sé una possibilità. Il vuoto si ridetermina da solo, in una perpetua riscrittura.
Gradi di Vuoto più che un assetto organizzato delle opere degli artisti in mostra, è spazializzazione di vari punti di vista. La collettiva esplora il ruolo del vuoto. Ragiona sullo spazio/non-spazio che le opere occupano e gli interstizi che intercorrono tra vuoti e pieni.
All’entrata, una chambre vide – stanza vuota – di Marion Baruch, ottenuta con tessuti di scarto di aziende tessili, accuratamente sciolti e appesi al muro, che formano dei fragili perimetri, strutture bidimensionali di tessuto fatta di sottrazioni. Nel Preganziol, la stanza vuota di Guido Guidi, si nota come luce e tempo possono riempire completamente uno spazio indeterminato. Tami Izko trasforma la plasticità ceramica in riflesso e astrazione di sé e degli elementi che la configurano. Mario Milizia con una poesia cut-up, decostruisce la dinamica della produzione, i suoi ritagli ricuciti su arazzo mutano i significanti e il significato dei testi composti casualmente. Teresa Giannico, con le sue nature – diorami in scala ridotta – che l’artista fotografa e poi altera eliminandone parti, dimostra che la loro storia è fatta di scambi continui tra più e meno.
Lorenzo Vitturi con i suoi oggetti recuperati, relitti della discarica di Dalston, Londra, sviluppa delle composizioni, che poi fotografa, i cui protagonisti sono proprio le nuove combinazioni. La traccia dell’uomo o dell’uso dell’oggetto che l’uomo aveva pensato scompare quasi del tutto. Untitled da The Long Things di Alessandro Calabrese, è anti-narrazione, distrugge l’immagine, eliminando la macchina fotografica e scambiandola con uno scanner: in mostra, un’immagine di una cartelletta trasformata del tutto. Gianlugi Colin con una roto-pittura rappresenta l’energia delle notizie rimosse, richiamando il caos informativo che ci porta ad assimilare e dimenticare alla stessa velocità. Takashi Homma, con la serie New Waves, obbliga lo sguardo verso un orizzonte marino, la direzione a cui l’immagine ci costringe è il Giappone, che però non è visibile.
Questa linea immaginaria continua nel lavoro scultoreo di Kensuke Karasawa con Continuous Horizon, assembla materiali semplici per comporre nuove potenziali visioni. Con una sua immagine, piena di desolazione, Federico Clavarino, racconta un luogo in cui vuoto e pieno sono regolati da elementi naturali.
Wan Quiang, con Solstice, prendendo spunto dalla fotografia, crea un vuoto intorno al volto. Elena Ricci, con i suoi tondi – degli spioncini da cui osservare gli ignoti rappresentati – restituisce, attraverso il disegno, alcune fotografie ritrovate, in cui l’elemento umano è centrale. Queste foto per l’artista rappresentano un mistero, sono sfuggenti, racchiudono interi universi. Alessandro Teoldi, con Untitled (Air Europa, Air France and American Airlines), realizza, prendendo le copertine distribuite sui voli dalle compagnie aeree internazionali, delle forme che si nascondono a un primo sguardo, tradite poi da particolari figurativi.
In questo modo, Gradi di vuoto ha riempito il vuoto, che vuoto non è, di Viasaterna.
Fino al 23 dicembre 2020
Artisti: Marion Baruch, Alessandro Calabarese, Federico Clavarino, Gianluigi Colin, Barbara De Ponti, Teresa Giannico, Guido Guidi, Takashi Homma, Tami Izko, Kensuke Karasawa, Mario Milizia, Wan Quiang, Elena Ricci, Francesca Rivetti, Alessandro Teoldi e Lorenzo Vitturi