Gli anni Settanta di Maurizio Camerani da Quartz Studio, Torino

Emerge dalla mostra torinese il carattere di un artista dal linguaggio raffinato e dal respiro internazionale con opere che, a distanza di oltre quarant'anni, risultano ancora straordinariamente contemporanee.
6 Aprile 2020
Massimo Camerani, Make a Better Better World Now, 2020 installation views, mixed media courtesy Maurizio Camerani and Quartz Studio, Torino photo Beppe Giardino

Testo di di Carolina Boni —

Presso Quartz Studio a Torino Make a Better World Now (al momento purtroppo chiusa al pubblico), mostra personale di Maurizio Camerani (Ferrara, 1951) a cura di Anna Daneri, con opere degli anni Settanta mai esposte prima, selezionate e ripensate dall’artista appositamente per l’occasione.

La frase MAKE A BETTER WORLD NOW scritta in nero da Camerani campeggia sulla parete di fondo dello spazio di Quartz e riattiva nel presente le ricerche condotte dall’artista alla fine degli anni Settanta. Sotto la scritta una foto in bianco e nero documenta l’azione performativa di Camerani che, con una bandiera su cui si legge la frase in inglese che dà il titolo alla mostra, cammina da solo in una via del centro di Ferrara come in un atto di protesta personale. Le parole sono importanti nel lavoro di Camerani, costituiscono l’input che innesca il bisogno di agire e si formalizzano in un’azione. L’esortazione che domina lo spazio con la sua forza assertiva è in effetti legata alla performance del 1977 realizzata da Camerani a partire dalle indicazioni ricevute dall’artista tedesco Robert Rehfledt (1931-1993), uno degli artisti invitati a partecipare ad Evento 77. Si trattava di un progetto espositivo diffuso, organizzato a Ferrara nel ’77, dal gruppo Ricerche Inter/Media formato dallo stesso Camerani, da Mara Sitti, da Massimo Cavallina e da Emanuele Mattaliano. Evento 77 vedeva l’attivazione di una serie di azioni e momenti espositivi realizzati dagli artisti organizzatori seguendo la pratica della Mail art, o arte postale, movimento artistico sviluppatosi negli anni Settanta, che consisteva nell’inviare per posta ad uno o più destinatari cartoline, buste e simili, solitamente rielaborate dai riceventi. La pratica della comunicazione postale, propria della rete internazionale della Mail art, è all’origine anche di Vulcano (1977). In questo lavoro l’ideogramma ricevuto dal giapponese Takahashi Shohachiro (1933-2014), che rimanda alla luce, al sole e alla vita, innesca in Camerani un processo di appropriazione del segno grafico attraverso l’evocazione, con grandi fogli di carta, della forma di un vulcano, atto perfomativo realizzato dall’artista e documentato da una rigorosa sequenza fotografica.

In mostra anche un lavoro della serie intitolata Furti di paesaggio (1976), che scaturiva dall’analisi delle tracce anonime lasciate sui muri delle città, in alcuni casi legate alle proteste studentesche di quegli anni. In questi lavori Camerani non si concentra sul significato delle frasi, bensì sull’energia del momento in cui sono state scritte e che continuano ad emanare anche dopo. Nel lavoro in mostra, tramite un’operazione simile al frottage, l’artista ha ricalcato alcune parti di questi segni urbani su fogli da lucido “rubandone”, come il titolo dichiara, l’energia originaria.

Oltre alla trasmissione dell’energia, memore della lezione di Fluxus, un tema ricorrente nella ricerca di Camerani di questi anni, è quello della collaborazione. Con Mara Sitti, sua compagna di allora, scomparsa prematuramente nel 1992, Camerani realizza Tutti lo sanno lo scandalo è inarrestabile come il nuovo in marcia (1977). Si tratta di una serie di cinque fotografie in bianco e nero che documentano la trascrizione della frase da parte di Mara Sitti in punti differenti del loro studio, come da indicazioni inviate da Camerani alla compagna tramite telegramma, durante il servizio di leva a Roma.

Nel video Altrove (1981), il più recente tra i lavori in mostra, l’artista ferrarese è invece insieme ad un’artista francese. Entrambi in piedi contro le pareti di una stanza, sono ripresi da una telecamera fissa mentre pronunciano frasi disturbate da suoni elettronici, in una sorta di confessione sulla natura dell’arte. Quest’opera rappresenta uno dei primi passi compiuti dall’artista nell’ambito della videoarte, linguaggio che lo vedrà protagonista del Centro Video Arte di Ferrara, fondato da Lola Bonora nel 1973, e grazie al quale si è affermato in ambito internazionale.

Un lavoro significativo, quello di Maurizio Camerani in mostra da Quartz, fatto di energia, incontri ed azioni performative, indicativo dello straordinario clima di ricerca che ha caratterizzato la fine degli anni Settanta. Emerge dalla mostra torinese il carattere di un artista dal linguaggio raffinato e dal respiro internazionale con opere che, a distanza di oltre quarant’anni, risultano  ancora straordinariamente contemporanee.

Massimo Camerani, Make a Better Better World Now, 2020 installation views, mixed media courtesy Maurizio Camerani and Quartz Studio, Torino photo Beppe Giardino
Theme developed by TouchSize - Premium WordPress Themes and Websites