Un percorso tra materia e allegoria: “Angeli Caduti” è la nuova mostra di Anselm Kiefer ospitata fino al 21 luglio a Palazzo Strozzi. La personale, curata da Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, mette in dialogo il lavoro del maestro tedesco con l’eleganza rinascimentale del palazzo fiorentino dando vita ad un percorso introspettivo sui temi della memoria, della storia e della guerra.
Nato nel 1945 a Donaueschingen, Kiefer cresce nella Germania post-bellica tra le macerie del secondo conflitto mondiale in un paese che per anni continua a portare il peso dei segni della mitologia nazista del Terzo Reich. Protagonista del suo lavoro è infatti una profonda riflessione sui conflitti della natura umana sia nei temi, che spaziano dalla mitologia greca per arrivare alla storia moderna, sia nei mezzi espressivi, che vanno dalla fotografia, alla pittura, all’installazione. Le sue opere sono dense di stratificazioni tanto materiche quanto semantiche; sempre in bilico tra pittura e scultura.
Una delle chiavi di lettura della mostra è sicuramente la “parola”; che sia essa singola o sotto forma di vera e propria citazione, la parola infatti è sempre centrale nella pratica artistica di Kiefer al pari del colore e della materia. I riferimenti e i rimandi diventano così il vero file rouge della mostra, spaziando dai testi di Raymond Roussel, agli scritti del filosofo e alchimista Robert Fludd, alla mitologia norrena per arrivare alla storia dell’imperatore Eliogabalo letta attraverso le pagine di Antonin Artaud. Riferimenti per altro non sempre facili da comprendere.
La mostra si apre nel cortile rinascimentale di Palazzo Strozzi per il quale l’artista ha appositamente realizzato la grande tela Engelssturz, ispirata al lavoro di Luca Giordano. L’opera, larga oltre 8 metri, racconta della cacciata degli angeli ribelli dal paradiso, allontanati dall’arcangelo Michele che nel lavoro di Kiefer si staglia imponente contro lo sfondo dorato e, additando con l’indice al cielo, manifesta la volontà divina e rivela insieme il proprio nome, scritto in alfabeto ebraico. Arcangelo Michele che torna, proprio attraverso il suo nome, מִיכָאֵל, anche nell’opera dedicata a Lucifero (Luzifer, 2012-2023) che accoglie lo spettatore al primo piano. Un lavoro imponente in cui una grande ala d’aereo esce dalla tela come emblema tanto di libertà quanto di distruzione e morte.
Temi che, avvolti dalla scintillante luminosità della foglia d’oro, tornano protagonisti anche nella sala dedicata all’imperatore romano Marco Aurelio Antoninio detto Eliogabalo che cercò di imporre il culto di Baal, dio sole, come religione di Stato e che per questo venne assassinato dai suoi pretoriani. Eliogabalo è una figura che dagli anni Settanta affascina Kiefer e che l’artista rilegge, tra le altre, attraverso le pagine del romanzo-saggio Héliogabale ou l’anarchiste couronné (Eliogabalo o l’anarchico incoronato, 1934) scritto dal drammaturgo e regista francese Antonin Artaud. Con grandi girasoli Kiefer rievoca così i culti solari celebrando il trionfo della luce sulle tenebre.
Insieme alla pittura la mostra accoglie anche scultura e istallazione, tra cui una serie di vetrine, tipologia di opera che Kiefer inizia ad usare a partire dagli anni Ottanta e che, grazie appunto alla presenza del vetro, gli permette di essere libero di sperimentare. Il vetro funge dunque da membrana “una pelle semipermeabile” come racconta l’artista “che collega l’arte con il mondo esterno in una relazione dialettica”. Allo stesso tempo mette però una distanza tra l’opera e lo spettatore costretto a confrontarsi con il lavoro attraverso un filtro visivo e sensoriale, rafforzando i temi dell’alienazione e dell’isolamento e innalzando l’immagine a simbolo.
Una delle sale più suggestive di tutta la mostra è sicuramente quella dedicata all’installazione Vestrahite Bilder (Dipinti Irradiati, 1983-2023) composta da sessanta opere di diverso formato, realizzate in un periodo che abbraccia gli ultimi quarant’anni del lavoro del maestro tedesco. Le tele ricoprono interamente la sala, dalle pareti al soffitto mentre al centro un grande specchio a forma di tavolo invita lo spettatore ad immergersi completamente nelle opere di Kiefer.
La mostra si chiude tornando alle radici del lavoro dell’artista, con una sala, forse la più interessante del percorso, dedicata alle fotografie delle azioni denominate Besetzungen (Occupazioni) che hanno dato vita alla serie degli Heroische Sinnbilder (Simboli eroici). A partire dal 1969, quando era ancora uno studente, comincia a farsi fotografare in varie parti d’Europa mentre, indossando la divisa della Wehrmacht del padre, emula il saluto nazista. Queste fotografie stampate su dei grandi stendardi sono forse una delle pagine più controverse del lavoro di Kiefer che sfida in maniera provocatoria la cultura del suo stesso paese. L’artista è però da solo in queste azioni al cospetto di luoghi storici, divenendo simbolo della precarietà della vita umana e della transitorietà del tempo; concetti che ben riassume nei versi, scritti a mano sulla parete della sala, del poeta Salvatore Quasimodo: “Ognuno sta solo sul cuore della terra / trafitto da un raggio di sole / ed è subito sera”.
Se dunque nel suo complesso la mostra risulta forse un po’ frammentata e senza un vero tema portante, ogni opera ha però un suo valore estetico e concettuale. La pittura di Kiefer, così fisica e tattile, ci parla infatti della storia e della solitudine dell’uomo e nasce da una continua sperimentazione in cui si amalgamano con sapiente equilibrio il gesto, la materia e lo studio dando vita a dei lavori dalla sorprendente forza espressiva.