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Le false aperture sul mondo di Giuseppe Gabellone | ZERO…, Milano

Attorno alle opere di Giuseppe Gabellone c’è sempre molto silenzio. Un silenzio che suggerisce come la materia, di cui l’opera è costituita, avesse bisogno di una perfetta concentrazione. Frutto di un lunghissimo lavoro e ricerca, delle opere in mostra alle galleria ZERO… di Milano, avevamo già avuto un saggio alla Quadriennale di Roma (2020). Per […]

Installation view at Giuseppe Gabellone, ZERO…, 2022, Milan, Italy – Courtesy of the artist and ZERO…, Milan Photo credits Roberto Marossi
Giuseppe Gabellone, Untitled, 2021 (detail) – Courtesy of the artist and ZERO…, Milan Photo credits Roberto Marossi

Attorno alle opere di Giuseppe Gabellone c’è sempre molto silenzio. Un silenzio che suggerisce come la materia, di cui l’opera è costituita, avesse bisogno di una perfetta concentrazione. Frutto di un lunghissimo lavoro e ricerca, delle opere in mostra alle galleria ZERO… di Milano, avevamo già avuto un saggio alla Quadriennale di Roma (2020). Per quell’occasione l’artista ha presentato due bassorilievi Falsa Finestra (2020). Ma andando più a ritroso nel tempo, potremmo citare anche altre opere molto vicine a queste esposte nella galleria milanese: I Giapponesi, un bassorilievo in poliuretano del 2003 e i bassorilievi Untitled del 2005 composti da tabacco,  polvere d’alluminio e colla vinilica. Ad accomunare questi grandi opere l’enigmaticità delle figure in relazioni alle parti della superficie che potremmo definire astratte. 
Se nel 2005 le scene appena accennate emergevano dalla materia ruvida e opaca, quasi in modo impercettibile, la parte caratterizzata da un sorta di bugnato aggettante sembrava raccontare di un mondo parallelo in cui la materia, in questo caso il tabacco, la colla e la polvere di alluminio, dovesse prendere una decisione: se occultare il mondo della figurazione a scapito dell’astrazione o viceversa. La lievità delle figure femminili cozzava con la pesantezza e asperità della massa irregolare di piramidi che sembrano richiamare ad una dimensione spaziale più ampia, quasi di tipo architettonico. 
Nell’ultima produzione da ZERO… l’artista sembra aver scelto la via della sparizione. Grazie alla luce scorgiamo nella superficie dei lievi e appena accennati profili: ritornano le forme piramidali, ma appena pronunciate, delle corde e degli utensili, delle ombre che restano a galleggiare in un’armonica indecidibilità. 
Sembra che l’artista abbia definitivamente scelto la via dell’opacità. Anziché rivelare nascondere, invece di suggerire confondere: meglio l’invisibilità che un’ostentata visibilità. Sì perché il mostrare – che è anche il rivelare di un significato – sembra spegnere un’immagine anziché potenziarla. 

Giuseppe Gabellone, Falsa Finestra, 2020, installation view at Giuseppe Gabellone, ZERO…, 2022, Milan, Italy – Courtesy of the artist and ZERO…, Milan Photo credits Roberto Marossi
Giuseppe Gabellone, Falsa Finestra V, 2021, installation view at Giuseppe Gabellone, ZERO…, 2022, Milan, Italy – Courtesy of the artist and ZERO…, Milan Photo credits Roberto Marossi

Eccola allora che l’ambiguità delle forme, degli oggetti, il loro confrontarsi con dettagli più a fuoco – penso alle monete da un centesimo ingigantite – altro non fa che confondere il piano percettivo dove la realtà, all’improvviso, diventa piccolissima come se, ad essere raccontato fosse l’interno delle nostre tasche. 
A questa sovrapposizione di piani percettivi grandi e minuscoli, si intrecciano anche due diverse temporalità: quella che scorre nella lettura delle forse leggibili e quella che si perde nell’illogicità delle forme, nel loro frantumarsi e confondersi le une sulle altre. Da qui, forse il titolo Falsa Finestra

La finestra è da sempre  un elemento che affascina per la sua ambiguità: oggetto apribile e chiudibile al tempo stesso, unisce e separa, permette di vedere e di essere visti oppure di celare e di celarsi. Come non retrocedere nella storia dell’arte, fino al Rinascimento in cuila finestra” aveva essenzialmente una funzione di “veduta”. Se si osservano le opere di questo periodo, ci rendiamo conto che le finestre rappresentate non hanno cornice, non hanno confini precisi. Sono più che altro dei “ritagli” che portano l’esterno, cioè il paesaggio, all’interno. La finestra non è una cesura che delimita il mondo privato da quello pubblico, ma piuttosto il mondo della cultura (il soggetto rappresentato all’interno) da quello della natura.Tutto ciò è stato riassunto nella definizione di pittura come “finestra aperta sul mondo”, cioè la pittura imita la realtà e per far questo ricorre agli artifici matematici della prospettiva lineare.
Gabellone stravolge questo concetto della finestra rinascimentale dichiarandolo proprio nel titolo, Falsa Finestra: una superficie che non concede una visione, non spazia nel reale, bensì, trascende la realtà, gioca con le dimensioni e con forme.
Ecco che queste superfici diventano piani di ipotesi, sia visiva che metaforica: degli inganni magistralmente architettati per riportaci a considerare, come fine ultimo, la materia di cui sono fatti e l’abilità con cui l’artista ha maneggiato pittura acrilica, resina acrilica, fibra di vetro, cera con ossido di ferro e legno.

Giuseppe Gabellone, Falsa Finestra V, 2021 (detail) – Courtesy of the artist and ZERO…, Milan Photo credits Roberto Marossi
Giuseppe Gabellone, Untitled, 2021, installation view at Giuseppe Gabellone, ZERO…, 2022, Milan, Italy – Courtesy of the artist and ZERO…, Milan Photo credits Roberto Marossi
Installation view at Giuseppe Gabellone, ZERO…, 2022, Milan, Italy – Courtesy of the artist and ZERO…, Milan Photo credits Roberto Marossi