Giulia Cenci, TALLONE DI FERRO: le chimere contemporanee, superamento della classificazione in specie

Cenci modifica e ibrida oggetti e materie di tipo organico, sintetico e industriale per rispecchiare la nostra era geologica e il risultato è una distorsione rispetto alla forma originale, in modo tale che l’opera sia la rappresentazione delle profonde mutazioni che il mondo stesso sta affrontando.
22 Giugno 2021
Giulia Cenci, Progresso scorsoio, 2021, componenti macchinari agricopli, di auto, moto, grate, metallo. Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia, Ph Credits: Serge Domingie

Lo scorso 28 aprile ha inaugurato la mostra personale di Giulia Cenci (Cortona, 1988), TALLONE DI FERRO, a cura di Eva Francioli e Sergio Risaliti, presso il Museo Novecento di Firenze. Il progetto si colloca all’interno del ciclo Duel, che propone un dialogo fra artisti internazionali e opere della collezione permanente. L’esposizione sarà visitabile fino al 22 agosto 2021.

La giovane finalista del MAXXI Bvlgari Prize 2020 ha scelto di confrontarsi con la scultura Leone di Monterosso – Chimera di Arturo Martini, la quale rielabora in chiave moderna un’immagine fantastica afferente alla mitologia classica, prima greca, poi etrusca e romana. Questo essere con muso di leone, corpo di capra e coda di serpente, ucciso dall’eroe Bellerofonte, viene in un certo senso “affrontato” dalla Cenci, che come risposta restituisce delle installazioni site – specific che si snodano nelle tre sale a piano terra. Le creature mostruose, nate da un profondo studio dell’architettura museale che le accoglie, sono costituite da parti di macchine su cui l’artista è intervenuta e dettagli anatomici che vi si mescolano, rievocando una sorta di contemporaneo Frankenstein o chimera: esseri cui la letteratura e il mito hanno delegato nei secoli la rappresentazione delle angosce e delle inquietudini del profondo.

La prima opera ad accogliere il visitatore è caratterizzata da due enormi braccia meccaniche, composte da pezzi di attrezzi agricoli e di automobili, che portano il movimento all’interno dello spazio ad essere condizionato dalla loro presenza. L’essere umano può solo spostarsi accanto all’opera, attraverso la quale l’artista vuole volontariamente ricordarci come il mondo sia oggetto di forme di costrizione e di controllo. I percorsi obbligati durante le code nei supermercati o le serpentine di una qualsiasi entrata museale o gate aeroportuale, ricordano quella teoria del panottico elaborata nel 1794 e poi ripresa tra gli altri dal filosofo francese Michel Foucault, che parla di un potere invisibile che ci osserva e porta a modificare movimenti e comportamenti. 

Proseguendo nell’unicità architettonica della cappella rinascimentale, si può ammirare il secondo contributo scaturito da una riflessione sugli idoli, che la conduce alla creazione di esseri immaginari e primordiali costituiti da elementi che rimandano a cavalli, lupi e ossa umane, tutti sporgenti dal soffitto a dare un senso di verticalità. L’ispirazione per questa opera è data dalla figura di James Howarth Smith, protagonista dalla Peste Scarlatta di Jack London, nonché ultimo superstite di una civiltà evoluta ma annientata da una pandemia e che cerca di trasmetterne l’eredità a un gruppo di “neo – uomini”. 

Giulia Cenci, Macello, 2021 – metallo, resina, fibra di vetro, cenere, gesso, blue oltremare, arancio Ercolano, nero d’osso, Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia, Ph Credits: Serge Domingie

Infine, nel confronto diretto dell’ultima sala fra l’artista e la Chimera di Martini, ritornano le porzioni di macchinario agricolo dismesso, su cui è evidente l’intervento anche per la presenza di calchi di elementi anatomici.

La scultura nel corso delle generazioni è stata impiegata dall’uomo per cercare di resistere al passare del tempo ed anche in Giulia Cenci è presente l’intento di preservare e rendere visibile ciò che sembra stato dimenticato. I materiali da lei impiegati sono elementi profondamente connotati dall’azione umana, ciò che la realtà mette a disposizione e di cui va a rimodellare l’apparenza, in modo da affermare la presenza dell’artista di fronte all’ambiente artificiale della vita quotidiana. 

Cenci modifica e ibrida oggetti e materie di tipo organico, sintetico e industriale per rispecchiare la nostra era geologica e il risultato è una distorsione rispetto alla forma originale, in modo tale che l’opera sia la rappresentazione delle profonde mutazioni che il mondo stesso sta affrontando. Un paesaggio immersivo in bilico fra disastro e rigenerazione, un’estetica del frammento che vuole portarci a vedere ciò che era rimasto invisibile e messo da parte che viene in questo modo riportato in evidenza, grazie all’interruzione della serialità del manufatto della produzione di massa, che l’artista opera con il proprio intervento.

Fondamentale la denuncia del bisogno di superamento del concetto di supremazia umana sulle altre specie che abitano il pianeta. L’uomo ha avuto, soprattutto dall’epoca fordista, un impatto devastante sulla natura e tutto ciò che coabitava con lui il mondo, con conseguenze quasi irreversibili. Le opere che l’artista ci propone rappresentano l’annullamento del confine fra vivente e non vivente ed è così che realizza contemporanee chimere, sia da un punto di vista storico, con specie non esistenti nello stesso periodo, che zoologico, mixando più specie in un solo corpo artistico. 

Giulia Cenci, Figura che divora se stessa, metallo, resina, fibra di vetro, cenere, gesso, blue oltremare, arancio Ercolano, nero d’osso, Courtesy l’artista e SpazioA, Pistoia, Ph Credits: Serge Domingie
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