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La “disordinata” storia della galleria neon | MAMbo, Bologna


Dopo l’intervista a Gino Gianuizzi, pubblichiamo – non senza un po’ di affetto – le immagini della mostra che inaugura domani al MAMbo di NO, NEON, NO CRY, a cura di Gianuizzi. Dal 12 maggio al 4 ottobre 2022 la...

NO, NEON, NO CRY Veduta della mostra MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – Project Room 2022 Foto: Ornella De Carlo

Dopo l’intervista a Gino Gianuizzi, pubblichiamo – non senza un po’ di affetto – le immagini della mostra che inaugura domani al MAMbo di NO, NEON, NO CRY, a cura di Gianuizzi. Dal 12 maggio al 4 ottobre 2022 la project room del museo – votata a raccontare e valorizzare le esperienze artistiche del territorio bolognese ed emiliano-romagnolo –  ospita una mostra-progetto che tenta una narrazione della complessa, sfaccettata, “disordinata” storia della galleria neon.
Segue il testo di presentazione (da CS).

Nata nel 1981 senza un programma, senza strategia, senza budget e senza obiettivi predeterminati, neon è stata un laboratorio permanente, una comunità per artisti, critici e curatori e un luogo di formazione per tutte le persone che vi hanno collaborato. Dal suo archivio risultano oltre trecento mostre all’attivo, alle quali si sono aggiunte nel tempo numerosissime attività collaterali, collaborazioni e iniziative esterne.
Questa immensa mole di materiali ha posto una sfida al curatore, da sempre anima della galleria: come approcciarsi alla magmatica attività ultra quarantennale di neon per raccontarla attraverso una mostra, senza limitarsi al progetto strettamente documentale o, all’opposto, tentare un impossibile “best of” degli artisti e delle opere che vi hanno trovato accoglienza.
La risposta di Gino Gianuizzi è il ricorso alla formula della wunderkammer: lo spazio della Project Room del MAMbo verrà abitato da opere in proliferazione, da un accumulo visivo in cui inoltrarsi con circospezione tentando di decifrare i singoli lavori e di ricondurli agli artisti.
Una sorta di organismo complesso, una comunità che continua a dialogare, discutere, mettere in dubbio e a rafforzarsi nella contaminazione.

Sebbene sia volutamente escluso l’approccio sistematico e ancor di più il percorso cronologico, in mostra sono rintracciabili testimonianze dei diversi momenti che neon ha vissuto nel tempo. La sua attività inizia nel clima della Bologna post ’77: mentre l’arte contemporanea italiana celebra la Transavanguardia, nei primi anni ‘80 neon parte dall’Enfatismo e dal rapporto privilegiato con Francesca Alinovi per esplorare altre e diverse strade.

NO, NEON, NO CRY Veduta della mostra MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – Project Room 2022 Foto: Ornella De Carlo

La fase successiva si colloca tra il 1987/88 e i primi anni ’90. In questi anni neon si struttura maggiormente come spazio espositivo, rafforza la collaborazione con Roberto Daolio e con altri critici e curatori più giovani, diventando punto di riferimento per una generazione di artisti nati fra la fine degli anni ‘60 e la metà dei ‘70, non solo in area locale ma in ambito italiano. È un periodo in cui si tengono mostre importanti in cui neon e i suoi artisti trovano spazio: Ipotesi Arte Giovane (1990, Fabbrica del Vapore, Milano); Nuova Officina Bolognese (1991, Galleria d’Arte Moderna, Bologna); Soggetto/soggetto. Una nuova relazione nell’arte di oggi (1994, Castello di Rivoli, Torino).

Nel prosieguo degli anni ’90 si colloca un terzo momento dell’evoluzione della galleria. Mentre il mercato dell’arte punta sempre più sulla figura del “Giovane Artista” come investimento, in un periodo di grande liquidità economica, neon si ritrova a rivestire il ruolo di fucina di talenti emergenti, grazie alla quale altri galleristi conosceranno e inizieranno a rappresentare artisti gravitanti intorno ad essa, inserendoli nei circuiti ufficiali. Solo sporadicamente l’attività di neon, comunque seguita con interesse, curiosità e attesa viene anche sostenuta da acquisizioni da parte di collezionisti.
La quarta fase inizia a metà degli anni ’90. Neon prosegue con il suo ritmo asincrono, fatto di accelerazioni e pause, e porta avanti il suo percorso di ricerca e sperimentazione, un percorso laterale che la pone in una posizione difficile da sostenere: da un lato continua ad essere considerata fra le gallerie di riferimento in Italia e dunque viene inserita tra quelle che operano nel mercato dell’arte e dall’altro è uno spazio non profit, che cerca di entrare in relazione con gli altri spazi non profit che sono nati e che stanno nascendo in questi anni.
Sulla scorta di tali riflessioni inizia un periodo di pausa che prelude alla quinta ed ultima fase in cui neon diventa neon>campobase, con l’obiettivo di farsi laboratorio permanente di idee e di progetti che possono essere restituiti come mostre ma possono anche assumere forme diverse.

NO, NEON, NO CRY Veduta della mostra MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – Project Room 2022 Foto: Ornella De Carlo

neon>campobase si propone come una piattaforma di discussione e di produzione, le collaborazioni si moltiplicano e si incrociano progetti curatoriali, incontri, una speciale attenzione alla ricerca sonora, rassegne video. Nascono inoltre, a Milano, prima neon>projectbox poi neon>fdv, spazi moltiplicatori di relazioni e di collaborazioni, con una nuova spinta alla ricerca in cui si affaccia l’ultima generazione di artisti e curatori. L’esperienza milanese di neon>fdv si conclude nel 2009, quella bolognese di neon>campobase nel 2011.

Dal 2011 al 2021, sebbene non vi sia più uno spazio neon, Gino Gianuizzi prosegue in maniera autonoma un’attività di ricerca in continuità con i percorsi tracciati nel tempo dalla galleria: attraverso la curatela di mostre tra cui Wolfgang Weileder. Meridiano e M+M. 7 giorni (al MAMbo rispettivamente nel 2014 e nel 2016) e due anni di programmazione alla galleria L’Entrepôt di Monaco, così come l’attività di docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Per il MAMbo ha inoltre curato, insieme a Claudio Marra, la giornata di studi Indagini di frontiera. Sulle tracce del percorso critico di Francesca Alinovi (26 ottobre 2013), nell’ambito della mostra omonima allestita al museo. Tra le altre curatele: la mostra Portrait of the artist as a young dog 1985/1995 presso FAR, Rimini, 2016, con Danilo Montanari; il progetto Osservatòri. Art Trail a Noto (Siracusa), 2018; la mostra Galleria Neon alla galleria La Veronica a Modica (Siracusa), 2018/2019.

NO, NEON, NO CRY include lavori di 52 artiste e artisti, a testimoniare la ricchezza di relazioni costruite nel tempo da neon: Aurelio Andrighetto, Alessandra Andrini, Sergia Avveduti, Fabrizio Basso, Francesco Bernardi, Maurizio Bolognini, Ivo Bonacorsi, Anna Valeria Borsari, Domenica Bucalo, Angelo Candiano, Maurizio Cattelan, Silvia Cini, Gianluca Codeghini, Daniela Comani, Cuoghi Corsello, Maria Novella Del Signore, Nico Dockx, Drifters, Emilio Fantin, Francesco Gennari, Patrizia Giambi, Paolo Gonzato, Gian Paolo Guerini, Nazzareno Guglielmi, M+M, Mala Arti Visive, Eva Marisaldi, Maurizio Mercuri, Dörte Meyer, Giancarlo Norese, Giovanni Oberti, Marco Pace, Paolo Parisi, Chiara Pergola, Alessandro Pessoli, Gianni Pettena, Marta Pierobon, Leonardo Pivi, Premiata Ditta, Marco Samorè, Fabio Sandri, T-yong Chung, Alessandra Tesi, Diego Tonus, Tommaso Tozzi, Luca Trevisani, Massimo Uberti, Maurizio Vetrugno, Luca Vitone, Francesco Voltolina, Wolfgang Weileder, Alberto Zanazzo.

Ad accompagnarla, sarà disponibile una pubblicazione coordinata da Gino Gianuizzi e da Eleonora Mariani, dal titolo NO, NEON, NO CRY con la cura grafica di Matteo Lisanti e realizzata grazie al sostegno della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

NO, NEON, NO CRY Veduta della mostra MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – Project Room 2022 Foto: Ornella De Carlo