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Future Interviews’Archive | Vittorio Gaddi

Intervista di Giuseppe Amedeo Arnesano — Continua l’inchiesta di F.I.A. – Future Interviews’Archive dedicata ai protagonisti del sistema dell’arte contemporanea, in questa occasione tra le colline di Lucca e la pieve di Vorno scopriamo la collezione Gaddi, creata con interesse e passione per l’arte contemporanea dal notaio toscano Vittorio Gaddi fin dai primi anni ’90. […]

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Intervista di Giuseppe Amedeo Arnesano —

Continua l’inchiesta di F.I.A. – Future Interviews’Archive dedicata ai protagonisti del sistema dell’arte contemporanea, in questa occasione tra le colline di Lucca e la pieve di Vorno scopriamo la collezione Gaddi, creata con interesse e passione per l’arte contemporanea dal notaio toscano Vittorio Gaddi fin dai primi anni ’90. L’intesa attività di ricerca di Gaddi, che raccoglie circa quattrocento opere d’arte tra fotografia, video, scultura, installazione e pittura, coinvolge due sedi non distanti l’una dall’altra. Alcune opere sono collocate nella città lucchese tra lo studio notarile e l’appartamento al piano superiore, destinato esclusivamente all’esposizione, mentre il nucleo più consistente della collezione si trova a Vorno, frazione del Comune di Capannori, nelle ampie sale di una residenza di campagna appositamente restaurata. Tra le opere in collezione numerosi sono i nomi di artisti internazionali, accanto a quelli di Marinella Senatore, Luca Bertolo, Chiara Camoni, Patrizio Di Massimo, Giuseppe Stampone, Adelita Husni-Bey Giulia Cenci e Norma Jeane.

Giuseppe Amedeo Arnesano: Come e quando nasce la sua passione per il collezionismo?

Vittorio Gaddi: Credo che la svolta decisiva nel passaggio da un interesse generico per l’arte contemporanea alla volontà di collezionare sia stata l’incontro con Bruna Aickelin, titolare della Galleria “Il Capricorno” di Venezia, purtroppo recentemente scomparsa, che è stata una grande guida nell’iniziarmi al collezionismo oltre a divenire col tempo una cara amica. Prima di conoscere Bruna avevo acquistato delle opere ma senza pensare né avere l’ambizione di costruire una vera e propria collezione. Pochi anni prima infatti avevo conosciuto Giò Pomodoro, dal quale avevo acquistato una scultura ed un grande disegno, ma con l’esclusivo intento di arredare con delle opere d’arte che mi piacevano una grande casa in un paese vicino a Lucca (dove è tuttora conservata la maggior parte della collezione), che avevo comprato per trascorrervi parte del periodo estivo. L’incontro con Bruna avvenne a Venezia nel 1997 in occasione di una mostra di dipinti di Vanessa Beecroft.
Le opere risultavano già tutte vendute; dopo qualche tempo però riuscii ad acquistarne una, che era stata bloccata dal Direttore del Museo di Seattle, ma il cui acquisto non fu approvato dal consiglio di amministrazione dell’Istituto.  

GAA: Dagli anni novanta a oggi, come è cambiato il sistema dell’arte in Italia?

VG: Le mie considerazioni in merito alla domanda fanno riferimento evidentemente solo al periodo successivo alla data di inizio della collezione e prende in considerazione solo il settore dell’arte contemporanea.
Il sistema dell’arte è quella catena che unisce il suo elemento imprescindibile (l’artista) al collezionista, toccando nel suo percorso altre categorie e figure come le Gallerie, le case d’asta, i musei, le fondazioni private, le fiere, la stampa specializzata e non, i critici (categoria divenuta obsoleta e praticamente estinta) e i curatori. Proverò quindi a concentrare l’attenzione su ciascuno di questi anelli della catena e mi limiterò a considerare il panorama italiano, anche se alcune considerazioni in realtà avrebbero una portata territorialmente molto più estesa.
Partendo dalle gallerie osservo che quelle che erano riconosciute tra le più importanti in buona parte lo sono ancora oggi (cito ad esempio Massimo Minini, Massimo De Carlo, Alfonso Artiaco, Giò Marconi, Galleria Continua, Raffaella Cortese e Monica De Cardenas) ed alcune di queste, come Massimo De Carlo e la Galleria Continua hanno esteso il proprio raggio d’azione e la loro influenza aprendo sedi in varie parti del mondo.
Rispetto a quando ho iniziato a collezionare oggi è presente un buon numero di gallerie costituitesi in epoca successiva rispetto a quelle precedentemente indicate, che svolgono un ottimo lavoro nella presentazione di artisti emergenti, italiani e non, e complessivamente in questo settore il livello mi sembra molto migliorato.

GAA: Per quanto riguarda i Musei?

VG: Nel settore dei Musei abbiamo assistito alla nascita del primo Museo statale di arte Contemporanea il MAXXI che, con il Maxxi Bulgari Prize, svolge anche un buon lavoro di promozione della giovane arte italiana. Mentre negli anni ‘90 esistevano praticamente solo due Musei di arte contemporanea (il Pecci di Prato e il Castello di Rivoli) oggi, oltre al MAXXI, se ne sono aggiunti altri di buon livello (il MADRE, il Museion, il MAMBO e la GAMeC) e soprattutto è cresciuto enormemente il numero e il livello delle Fondazioni private che operano in Italia (Fondazione Sandretto Re – Rebaudengo a Torino, Fondazione Prada a Milano e Venezia, Fondazione Pirelli Hangar Bicocca a Milano, Fondazione Pinault a Venezia per citare le più importanti) che hanno organizzato nei loro spazi mostre di livello eccezionale anche se hanno fatto poco per la promozione della giovane arte italiana.

GAA: Invece le Fiere?

VG: Per quanto riguarda le Fiere, prescindendo dal momento attuale in cui sono snaturate e ridotte ad una esposizione digitale di figurine con l’unico vantaggio di poter conoscere con immediatezza i prezzi delle opere senza doverlo chiedere, l’importanza di esse è notevolmente aumentata, sia a livello italiano che a livello internazionale, divenendo in pratica il motore principale del mercato.
Questo, specialmente all’estero, ha avuto come conseguenza un proliferare eccessivo del loro numero. In Italia, quando ho iniziato a collezionare c’era una sola Fiera che contava, ArteFiera di Bologna, dove comunque esponevano quasi esclusivamente gallerie italiane, mentre Artissima muoveva i primi passi e Miart, che non ricordo nemmeno se già esisteva, nelle prime edizioni aveva un livello qualitativo molto basso.

KADER ATTIA – Work on memory #1, 2017, collage, 82×102 cm

GAA: Oggi qual è la situazione?

VG: Oggi il rapporto si è rovesciato: le Fiere dove si vede il meglio del “contemporaneo”, con la presenza delle migliori gallerie italiane ed una buona presenza anche di importanti gallerie internazionali, sono Artissima e Miart mentre ArteFiera, dopo lunghi anni di decadenza, sta cercando adesso, sia pur con fatica, di rialzare la testa. Nel frattempo è aumentata l’importanza di ArtVerona, nata nel 2005, che comunque rimane una Fiera di qualità media, con la partecipazione di gallerie quasi esclusivamente italiane. Il livello raggiunto oggi da Artissima e Miart è molto buono anche se nessuna delle due riesce ancora a competere con i colossi (ArtBasel, Frieze e FIAC). 

GAA: Veniamo alle case d’asta.

VG: Le case d’asta esse hanno assunto, con il passare degli anni, un’importanza sempre maggiore anche se il livello delle aggiudicazioni delle Aste che si tengono in Italia, a causa della debolezza del nostro sistema economico, è enormemente più basso rispetto a quello che raggiungono le aste di New York e di Londra. Nel settore della stampa specializzata si è assistito alla esplosione delle riviste digitali e delle edizioni online di quelle cartacee, ma questo aspetto si inserisce nel fenomeno più vasto e non solo italiano ma mondiale della onnipotenza assunta dal web (internet, facebook e instagram) in tutta la filiera dell’arte contemporanea oggi, e non solo in tempo di pandemia, strumento insostituibile per gallerie, musei, case d’asta, fondazioni private, curatori e collezionisti. Per tornare alla stampa, è migliorato il livello di quella non specializzata, dove rispetto a quanto avveniva prima si parla di arte contemporanea non solo per dare notizia di aggiudicazioni milionarie alle aste ma anche, almeno per quanto riguarda gli inserti culturali dei più importanti quotidiani, per trattare con competenza della materia.

GAA: Il valore dei direttori museali.

VG: In Italia oggi esistono ottimi Direttori di Musei e curatori, di cui alcuni universalmente conosciuti, che però operano prevalentemente all’estero, come Francesco Bonami, Massimiliano Gioni e Cecilia Alemani, ma ottimi curatori esistevano anche negli anni ’90. Infine, per quanto riguarda il livello medio del collezionismo italiano, direi che sul piano della competenza e della informazione è enormemente cresciuto, anche grazie alla messa a disposizione dei collezionisti di molti più strumenti per accrescere la propria preparazione a livello globale e di ricevere con immediatezza aggiornamenti su tutto quanto avviene nel mondo nel settore dell’arte contemporanea. Rimane il divario economico con i grandi collezionisti dei paesi economicamente più evoluti, che rendono inaccessibili alla maggior parte dei nostri, fra cui il sottoscritto, le opere milionarie, ma non sempre le opere più costose sono anche le più interessanti.

GAA: Durante la fase 2 con quali ha forme promosso la collezione?

VG: Non ho usato alcun accorgimento particolare per promuovere la collezione. Mi limito a pubblicare alcune immagini di opere che ne fanno parte sui social network (Instagram e Facebook).

GAA: Attualmente si può ammirare la collezione?

VG: La pandemia ha ovviamente provocato un’interruzione totale delle visite. Nel mese di maggio ad esempio erano in programma delle visite da parte di due associazioni di Collezionisti (quella romana diretta da Ludovico Pratesi e “Collective” di cui io stesso faccio parte) ma, per ovvie ragioni, non è stato possibile effettuarle.  Io stesso durante il “lockdown” non ho avuto la possibilità di recarmi nella casa di Vorno, sede principale della Collezione, non ricorrendo alcuni dei motivi per cui era consentito lo spostamento. Adesso le visite, con tutti gli accorgimenti e precauzioni del caso, possono riprendere. Nei giorni scorsi ho ricevuto la visita di una giornalista americana che scrive per il New York Times e che da qualche anno vive a Lucca. La mia non è (e non lo era neanche prima della pandemia) una collezione sempre aperta al pubblico. Per visitarla occorre fissare preventivamente un appuntamento inviando un’e-mail o telefonandomi.

GAA: La sua collezione è composta quasi da 400 opere. Quale è stata l’acquisizione più importante e per quale motivo?

VG: L’acquisizione più importante, la cui individuazione prescinde in ogni caso dal valore economico dell’opera, per me, che compro solo lavori che mi emozionano, è sempre l’ultima che ho acquistato e, in ogni caso, indicarne una in particolare, da individuare all’interno della collezione, susciterebbe in me un grande senso di colpa nei confronti delle altre e degli artisti che le hanno realizzate, per cui ritengo giusto non indicarne alcuna.

ALEX DA CORTE – Bubble gum coronet, 2015, Powder coated saw horses, plexiglass shelves, anodized metal frames, suede, courdoruy, milk glass condy dish, hai

GAA: Come funziona il suo archivio e in che modo aggiorna gli allestimenti? Può farci qualche esempio.

VG: Tenuto conto che non mi avvalgo di collaboratori, un po’ per mancanza di tempo (quello libero lo dedico alla lettura di riviste e libri d’arte, alle ricerche su internet, alle visite di gallerie e di mostre museali) un po’ perché la cosa non mi appassiona, non mi ritengo un buon catalogatore.
Comunque ho un archivio cartaceo che aggiorno personalmente. Una parte della Collezione è stata oggetto di una tesi di laurea e, per quella parte, l’archiviazione risulta molto più accurata e ordinata di quella predisposta da me. Anche le installazioni – ovviamente in questo caso con l’aiuto di una persona che mi assiste “materialmente” –  le curo io.
Disponendo complessivamente di spazi piuttosto grandi riesco fino ad oggi ad esporre praticamente tutta la collezione e quindi non ho bisogno di organizzare molti spostamenti delle opere. Però talora si rende necessario farlo perché a volte, quando acquisisco una nuova opera, mi rendo conto che il luogo ideale per valorizzarla coincide con quello dove ne esiste già un’altra per la quale quindi devo studiare lo spostamento in un ambiente diverso.
La giusta collocazione delle opere è per me fondamentale, perché deve sempre essere assicurata l’armonia dell’insieme dei lavori esposti nella stessa stanza.  A volte lo spostamento di un’opera da una posizione ad un’altra, ne moltiplica il fascino e non sempre la prima scelta è la migliore.
Anche in tale ipotesi quindi ricorre la necessità di trovare una collocazione più idonea. In questi giorni sto studiando dove collocare un’opera di Haris Epaminonda la cui consegna, a causa del lockdown, non è ancora avvenuta: credo di avere individuato il posto più adatto, ma solo la verifica materiale potrà confermare che la scelta è quella giusta, anche perché le opere di Haris non si armonizzano facilmente con quelle di altri artisti.

GAA: Quali sono i criteri che permetterebbero a un artista emergente di entrare in collezione?

VG: L’opera deve emozionarmi ed esprimere al meglio le caratteristiche dell’artista che la ha realizzata, per cui deve essere un lavoro che considero importante nella sua produzione, il che non vuol dire che deve essere necessariamente un lavoro di grandi dimensioni. Capita a volte che un lavoro piccolo racchiuda una forza che sovrasta opere dello stesso autore di dimensioni molto maggiori. In ogni caso quello che ho scritto fino ad ora non è sufficiente per determinarmi ad acquistare l’opera di un artista emergente. Bisogna acquistare col cuore ma anche col cervello.
La mia ambizione è che chi entra a far parte della collezione non sia una meteora e che, col passare del tempo, diventi sempre più importante.  Traguardo purtroppo non sempre raggiungibile anche se ritengo di aver maturato, con l’esperienza che ho acquisito nel corso degli anni, un certo intuito.

GAA: E per gli artisti alle prime esperienze?

VG: In ogni caso evito di acquistare opere di artisti alle primissime esperienze e praticamente ancora sconosciuti, perché non mi ritengo in possesso di doti divinatorie: il successo di un artista dipende in primo luogo dalla sua bravura ma, anche se non è giusto che sia così, anche da fattori che esulano dalla qualità del suo lavoro, come la capacità di pubblicizzarsi e di gestire i rapporti con la critica e con  il pubblico, l’importanza delle gallerie con cui lavora e il sostegno da parte di curatori autorevoli. Pertanto ritengo indispensabile lo studio del “curriculum” dell’artista per rendermi conto del livello delle mostre, individuali o collettive, cui ha partecipato, nonché la visione, anche tramite internet, del maggior numero possibile delle opere  che ha prodotto (una sola opera, per quanto bella essa sia, come una rondine, non fa primavera); nei limiti del possibile cerco poi di leggere articoli usciti sulle riviste specializzate, cartacee ed online, italiane e internazionali, che parlino del suo lavoro.
Ricordo di aver letto un aneddoto su di un famosissimo collezionista che, pressato da un gallerista che gli magnificava le qualità di un artista alle prime armi, gli rispose: lo acquisterò quando le sue opere costeranno di più.

GAA: Possiede in prevalenza opere di artisti stranieri. In una mia intervista a Lia Rumma, citando Spalletti, ha detto «chi difenderà l’Arte italiana?». Oggi l’arte e gli artisti italiani sono sottovalutati in favore di un’eccessiva esterofilia?

VG: Credo che questa convinzione, molto diffusa, sia condivisibile solo in parte. In Italia ci sono circa 60 milioni di abitanti, negli Stati Uniti ce ne sono circa 333 milioni e in tutto il mondo gli abitanti sono circa 7,7 miliardi. E’ logico che in un paese piccolo come il nostro il numero degli artisti importanti sia limitato; non mi sembra che un paese con molti più abitanti del nostro e soprattutto molto più potente economicamente come gli U.S.A. abbia prodotto negli ultimi anni tutti questi geni.
Certo la scoperta di nuovi mercati a livello planetario (gli artisti asiatici ed africani ma anche quelli dell’Europa dell’Est, a parte la Russia e poche altre eccezioni, chi se li filava fino a qualche decennio fa?) ha prodotto un bacino enorme da cui attingere per i collezionisti ma anche per i galleristi ed i curatori e la concorrenza per emergere è molto più grande rispetto ad un passato neanche troppo remoto.
Io personalmente non guardo il passaporto dell’autore quando scelgo di acquistare un’opera, per me è indifferente che l’artista sia italiano oppure no, deve solo convincermi il suo lavoro. Del resto è vero che la mia collezione è formata in prevalenza da artisti stranieri, ma gli artisti italiani non mancano.
Citando a memoria, negli ultimi anni ho acquistato opere di Marinella Senatore, Luca Bertolo, Chiara Camoni, Patrizio Di Massimo, Giuseppe Stampone, Adelita Husni-Bey Giulia Cenci, Norma Jeane (che è italiano e di sesso maschile nonostante il nome d’arte). Io credo che chi è veramente bravo ed originale alla fine riesca, nella maggior parte dei casi, ad emergere.

WOLFGANG TILLMANS – freishwimmer 42, 2004, c-print, 170,4×227 cm

GAA: Tipo?

VG: Per fare un esempio recente una grande artista come Marinella Senatore ha realizzato performances in tutto il mondo in istituzioni di primissimo piano; prima di lei  cito una star come Maurizio Cattelan e andando un po’ più a ritroso gli artisti dell’arte povera, i quali hanno raggiunto il successo internazionale anche senza sostegni pubblici, ma casomai, grazie all’ausilio di un grande curatore come il compianto Germano Celant,  anche se il disinteresse dello Stato a dare impulso al settore dell’arte contemporanea, rende oggettivamente più impervia e lunga la strada per arrivare al successo.

GAA: Qual è il ruolo del collezionista ai tempi del Covid?

VG: Lo stesso, con l’auspicio che la pandemia sia arrivata ai titoli di coda, che ha nei periodi non surreali come quello che stiamo vivendo, e cioè, sostenere, per quanto è nelle possibilità di ciascuno, il lavoro degli artisti, diffondere la conoscenza e la comprensione dell’arte contemporanea anche tra un pubblico di persone non esperte, prestare le opere per le mostre (aggiungo autorevoli) e far godere la visione delle opere della collezione, al maggior numero di persone possibile.

GAA: A livello giuridico come e in che misura lo Stato tutela gli artisti?

VG: Questo purtroppo è un tasto dolente. La politica, di qualsiasi colore, in Italia è sempre stata avara, per usare un termine eufemistico, di attenzione e considerazione, nei confronti degli artisti e del mondo dell’arte contemporanea più in generale. Gli artisti, nel nostro ordinamento, non hanno alcun riconoscimento come “categoria professionale” come risulta chiaramente, proprio in tempi di Covid, dal fatto che non possono accedere ai fondi (i ben noti 600,00 euro poi variati in aumento per i mesi successivi) attribuiti alle categorie di lavoratori riconosciute.

GAA: In Germania?

VG: Viceversa, in altri paesi come ad esempio la Germania (che ha istituito un fondo per gli artisti residenti a Berlino senza limiti di età né di reddito né di provenienza) sono state disposte iniziative per assicurare un sostegno economico agli artisti. Tra le pochissime disposizioni legislative di favore adottate nel nostro ordinamento giuridico mi viene in mente solo il “diritto di seguito”, che assicura agli artisti e ai loro eredi una percentuale del prezzo di vendite delle opere delle arti figurative successive alla prima da parte di operatori del settore (gallerie, case d’asta ecc.), ma non è neppure una normativa italiana in quanto introdotta con il Decreto Legislativo n.118 del 13 febbraio 2006 in attuazione della Direttiva della Comunità Europea 2001/84CE del 27 settembre 2001.

GAA: Qual è stata l’ultima acquisizione?

VG: Un’opera di Nora Turato, artista croata che vive ad Amsterdam, acquistata dalla galleria Gregor Staiger di Zurigo alla Frieze Art Fair New York. Online.

Ritratto di Vittorio Gaddi in studio