Dopo i doverosi ringraziamenti, tra cui spiccavano quelli per il presidente della Fondazione Furla, Giovanna Furlanetta – “Che si è lanciata in questa nostra iniziativa con passione e determinazione che la contraddistinguono…” – Bruna Roccasalva, curatrice con Vincenzo de Bellis della nuova proposta della Fondazione, Furla Series – Time after Time, Space after Space, è entrata nel merito di questo nuovo progetto co-prodotto e ospitato al Museo del Novecento che parte con una delle figure di riferimento della danza postmoderna, Simone Forti. Per informazioni approfondite Furla Series #1 | Time after Time, Space after Space
“Time after Time, Space after Space – titolo del programma all’interno del quale presentiamo le performance di Simone Forti – è la prima edizione di Furla Series, il nuovo progetto su cui si concentrerà la Fondazione Furla. Per quindici anni è stata attivi in Italia con il Premio Furla. Chiusa questa esperienza, da questo momento in poi l’attività si concentrerà su Furla Series.”
Furla Series consiste in un progetto annuale che vede la Fondazione impegnata nella realizzazione di mostre ed eventi dedicati ad alcuni tra i più significativi artisti nazionali e internazionali, in collaborazione con le più importanti istituzioni d’arte italiane. Questa relazione è uno dei punti cardine del progetto che, tra i suoi obbiettivi, ha quello di promuovere una pratica di collaborazione tra pubblico e privato.
“Come curatori crediamo molto nelle sinergie istituzionali. In passato, con il nostro lavoro, abbiamo lavorato molto in questa direzione. Così come una delle prerogative della Fondazione è stata proprio quella di puntare sulle collaborazione tra entità diverse. (…) Siamo onorati di iniziare la nostra iniziativa con un partner d’eccezione che è il Museo del Novecento, uno tra i musei più importanti del panorama italiano.”
Time after Time, Space after Space, è dunque il risultato di una stretta collaborazione, che si caratterizza per una particolare attenzione dedicata al linguaggio della performance. Dopo il primo appuntamento dedicato a Simone Forti, si susseguiranno altri quattro artisti internazionali che si alterneranno a cadenza bimestrale: Alexandra Bachzetsis (novembre 2017), Adelita Husni-Bey (gennaio 2018), Paulina Olowska (marzo 2018) e Christian Marclay (aprile 2018). Tutti artisti molto diversi tra loro, sia dal punto di vista generazionale, ma soprattutto da un punto di vista della modalità operativa. La scelta ha seguito l’obbiettivo di mostrare una molteplicità di approcci alla pratica performativa.
Ma giungiamo al punto nodale dell’intero progetto: perché è stato scelta come macro tema delle Furla Series la performance?
“I motivi che ci hanno portato ad approfondire un progetto sulla performance, sono diversi. Alcuni sono legati strettamente alla specificità del contesto in cui ci troviamo. Era interessante per noi confrontarci con un Museo che conserva l’arte del passato, con artisti e movimenti che stanno alla base di tutto quello che oggi chiamiamo arte contemporanea. Siamo partiti da una riflessione sulla collezione, dal Futurismo a Lucio Fontana, giusto per citare un movimneto e un artista fondamentali del Museo del Novecento. Questo ci ha portato ad individuare, nella performance, un importante punto di congiunzione nel costruire un dialogo tra il passato e la produzione contemporanea.
La performance, oltre ad avere una ruolo di primo piano nel panorama artistico contemporaneo, ha importante che all’interno di un contesto storico. Ha avuto un ruolo di primo piano in movimenti del primo ‘900 ed è per questo che portarla all’internodi questi spazi, acquisiva un significato speciale. Ci sono anche delle ragione di natura pratica. Gli spazi del Museo si prestavano molto di più a degli interventi di natura più fluida che non installativa; a questa esigenza la performance rispondeva perfettamente. Con queste idee in testa, la Sala Fontana, ci è sembrata un palcoscenico d’eccezione dove presentare un ciclo di performance, ma anche dove far incontrare il passato con il contemporaneo: un dialogo che può sicuramente aiutarci a capire quali sono le origini dell’arte contemporanea, ma a volte può anche suggerirci, far guardare la nostra storia e passato con occhi diversi. (…)
Nonostante la performance sia un linguaggio che interesse ed entusiasma tante persone da molti anni, questa forma espressiva è ancora un argomento di grande attualità per tante questioni ancora aperte, come ad esempio il metodo di conservazioni delle arti performative o il reenactment di pezzi storici; come preservarne l’identità di un lavoro storico o come tramandarlo alle generazioni future. Queste questioni, di cui abbiamo fatto esperienza diretta, ci hanno fatto riflettere molto soprattutto in relazione alle opere di Simone Forti.”
Una parte fondamentale del programma è costituita da una serie di attività didattiche e un pubblic program che hanno il ruolo fondamentale di costruire un punte tra i contenuti del progetto e il pubblico eterogeneo a cui si rivolge. Le attività parallele hanno un duplice obbiettivo: avvicinare il pubblico del Museo del Novecento all’arte contemporanea e quello dell’arte contemporanea alla nostra storia.
I laboratori sono realizzati in collaborazione con lo Studio Fabio Mauri; ci saranno dei workshop tenuti da artisti contemporanei. E’ stato anticipato che uno dei artisti coinvolti è Marcello Maloberti.
Dopo la presentazione di Furla Series, Bruna Roccasalva ha introdotto l’opera di Simone Forti, artista, coreografa, performer e scrittrice d’origine italiana (è nata a Firenze nel 1935), e cresciuta negli Stati Uniti e attualmente vive e lavora a Los Angeles. Non era presente in conferenza stampa per ragioni di salute.
“Abbiamo deciso di iniziare il programma con lei perché è sicuramente una figura chiave nel panorama delle arti performative e nella danza contemporanea. Negli ultimi 50 anni ha profondamente influenzato il linguaggio della danza e delle arti performative. (…) Negli anni ’60 Simone ha rivoluzionato il linguaggio del corpo. E’ molto conosciuta per le sue improvvisazioni, ma la sua ricerca è molto più complessa visto anche in rapporto alla scultura. Una delle questioni fondamentali che affronta nel suo lavoro è la relazione tra il corpo e oggetto, tra soggetto animato e oggetto inanimato. I suoi lavori degli anni ’60, in cui questa questione viene affrontata, hanno dato un contributo di enorme importanza alla definizione del rapporto tra performance e scultura. Quello che lei ha principalmente fatto negli anni ‘60, in linea con quello che succedeva nel Minimalismo nelle arti plastiche, ha liberato il concetto tradizionale di danza di qualsiasi sovrastruttura, di ricercatezza tecnica, di virtuosismi, per ricordurla a quella che è la sua essenza, ossia il movimento del corpo nello spazio. Le sue performance sono spesso fatte di gesti minimi, molto semplici che lei stessa definisce ‘banali’, presi dalla vita quotidiana che, isolati da un contesto quotidiano e portati sul palcoscenico diventano qualcosa’altro: non hanno più nessuno scopo, o meglio, hanno come unico scopo quello di far vedere il corpo.”
Le performace che Furla Series presenta tra il 21 e il 23 settembre al Museo del Novecento sono quattro, tutte degli anni ’60 e la sezione è stata fatta con l’idea di mostrare alcuni punti fondamentali della sua ricerca.
In Cloths, realizzata per la prima volta nel 1967 alla School of Visual Arts di New York, tre tele nere occupano lo spazio celando altrettanti performer che rovesciano su di esse una serie di drappi a formare una stratificazione di superfici colorate, mentre cantano sovrapponendo le loro voci a brani preregistrati di altre canzoni. In scena due elementi cardine della ricerca della Forte: il movimento – in questo caso quello dei tessuti – e la musica. Cloths testimonia l’importanza che il suono ha nella ricerca dell’artista; si tratta sempre di suoni molto semplici come cantare, fischiare, fare rumore con il corpo; usa il suono come utilizza i movimenti, con la stessa semplicità.
Censor, presentata nel 1961 per la prima volta nello studio di Yoko Ono, e un performance molto breve che consiste ̀ in una competizione acustica tra una persona che canta ad alta voce e un’altra che scuote una pentola piena di chiodi. L’idea di questa performance è nata da un’esperienza dell’artista in metropolitana: la Fortini voleva opporre, al suono assordante del treno, la sua voce attraverso il canto.
La performance Sleepwalkers – a Milano interpretato dalla performer e danzatrice Claire Filmon – è uno dei lavori più noti di Simone Forti ed è legato alla sua esperienza in Italia negli anni Sessanta. La performance è stata realizzata per la prima volta alla Galleria L’Attico di Roma nel 1968, dopo che l’artista trascorse giorni a osservare e disegnare la fauna dello zoo della città. Il risultato è un lavoro meditativo, basato sui comportamenti abituali che gli animali sviluppano in risposta all’ambiente con nato in cui si trovano, restituiti nell’azione performativa tramite movimenti minimi che indagano il complicato equilibrio tra restrizione e libertà. C’è un fenicottero che dorme in piedi, un orso che ruota la testa, un insetto che vola a pelo d’acqua.
La quarta performance presentata è Huddle che fa parte della sua serie più famosa Five Dance Constructions and Some Other Things: un lavoro seminale che unisce semplici movimenti quotidiani e interazioni con sculture e oggetti. Huddle consiste nelle azioni collettivo di un gruppo di persone che, strette le une alle altre, creano una sola entità strutturale. I performer diventano, intrecciati, una fragile monumento: da braccia, gambe, busti e teste prende forma una scultura fatta di corpi che ad uno ad uno scalano questa massa plastica fatta da loro stessi.
Simone Forti. To Play the Flute
21-22-23 settembre 2017
Sala Fontana, Museo del Novecento
Orari: primo ingresso ore 18.30, con inizio performance ore 19.00; secondo ingresso ore 20.00 con inizio performance ore 20.30
Ingresso libero no a esaurimento posti
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FURLA SERIES #01
Time after Time, Space after Space
un ciclo di performance con Alexandra Bachzetsis, Simone Forti, Adelita Husni-Bey, Christian Marclay e Paulina Olowska
a settembre 2017 ad aprile 2018
Sala Fontana, Museo del Novecento, Milano