Testo di Erica Rigato —
“La città è in fermento”. Ian Wirth, il presidente della galleria d’arte Hauser & Wirth, descrive in questo modo Londra durante la FriezeLondon di quest’anno, che si è conclusa lo scorso 16 ottobre e che, come ogni anno, ha avuto luogo presso il Regent’s Park, assieme alla sua sorella Frieze Masters. Riferendosi sempre alla fiera, la definisce un “vivido ricordo” del persistente ruolo di epicentro dell’arte contemporanea che Londra continua a mantenere.
Pare che in effetti sia stato così sul piano delle vendite e che i collezionisti, superando la noia delle code dell’esclusivo primo giorno, si siano dati da fare, rendendo felici i galleristi e i professionisti del settore.
Inoltre, sicuramente, è stata un’atmosfera vibrante anche per tutto il resto dei visitatori, tecnici del settore e non, ovvero semplici appassionati.
Io ci sono stata, e posso confermare un grandissimo afflusso di gente che affollava gli stand, a conferma di un’edizione che, come sempre mi è capitato, è stata adeguata alle alte aspettative.
Frieze London, fondata nel 2003, è, vale la pena ricordare, una delle più influenti fiere di arte contemporanea al mondo, si focalizza solo su arte contemporanea e artisti viventi e su pratiche artistiche innovative. Quest’anno è iniziata con due giornate di preview, il 12 e 13 ottobre, e poi tre date di apertura al pubblico, da venerdì fino a domenica 16 ottobre, ospitando oltre 160 gallerie, tra le più importanti al mondo.
Frieze Masters, è l’altra fiera d’arte che si trova a 15 minuti di cammino attraversando uno splendido Regent’s Park tappezzato di foglie autunnali. Essa ha luogo negli stessi giorni ma, al contrario di Frieze London, espone opere prodotte prima del 2000 cercando di offrire al visitatore una visione speciale sulla relazione tra arte storica e pratica contemporanea.
Sempre amate entrambe, quest’anno ancora di più per i motivi che mi appresto a raccontare.
Frieze London quest’anno ha presentato due sezioni speciali.
La sezione FOCUS in cui gallerie attive da non più di 12 anni esplorano I temi moderni della sorveglianza, delle verità universali e del dislocamento.
La seconda sezione, curata da Sandhini Poddar, s’intitola INDRA’S NET, e, utilizzando un termine derivato dalle filosofie buddista e induista, riflette sulla teoria che vede un singolo atomo racchiudente la struttura della realtà. La sezione espone artisti come Dorothy Cross, Jamilah Sabur, Oscar Santillán, Eddie Rodolfo Aparicio, Clarissa Tossin, Martha Atienza, Teresita Fernández, Claudia Andujar e altri.
In generale, Frieze London quest’anno ha offerto l’esplosione della pittura. Molte conferme ma anche molte piacevoli scoperte. Si sono potuti apprezzare sia l’esplorazione di stili nuovi che un perdurante approccio surrealista.
La galleria londinese Arcadia Missa ha esposto i quadri dell’artista curdo tedesca, di base a Colonia, Melike Kara che con i suoi “Khailani ii tribe” e “ The Incomplete interior”, entrambi del 2022, ci offre un esempio dei temi da lei affrontati, quelli relativi alla sua cultura d’origine, nonché della sua tecnica, per cui, come dice, di solito fa riferimento alla palette di due tre colori che la aiutano a individuare quello che succede all’interno della superficie del quadro.
Particolarmente originale risulta il “formalismo narrativo” delle opere di Heidi Hahn, come lo definisce lei stessa. I suoi grandi quadri, esposti presso la Kadel Willborn di Düsseldorf, portano un titolo quanto mai significativo ed eloquente “What use is comfort when it ends in dread”. Anche questi prodotti quest’anno, testimoniano una tecnica particolare in cui, combinando l’astrazione gestuale con la figuratività della pittura espressiva, l’artista riesce a schiudere una visione originale sul tema del rapporto tra società, identità e gender. La particolarità di questi dipinti è che gradualmente i confini tra ambiente del quadro e corpo disegnato, tra primo piano e sfondo vengono meno, quasi confondendosi. Bellissimi.
Tante le donne pittrici in questa edizione e altrettanti i temi che riguardano la dimensione femminile.
A questo proposito non poteva mancare la mia preferita, Tracey Emin, la quale inaugura la sua rinascita fisica con delle meravigliose nuove opere esposte presso tre gallerie, la Xavier Hufkens, la White Cube e la Lorcan O’Neill. Nessuna come lei sa farci vedere quello che spesso noi donne teniamo celato per paura degli occhi degli altri.
Non si può non segnalare la galleria Victoria Mirò con le artiste Chantal Joffe, Maria Berrio e Paula Rego, così come la londinese Frith Street Gallery con i meravigliosi soli di Tacita Dean.
In questo tripudio femminile, l’Emerging Artist Prize di questa edizione è andato all’artista greca della Hot Wheels Gallery, Marina Xenofontos , che avrà la possibilità di realizzare per questo una mostra al Camden Center al quale il premio è collegato.
A proposito di premi, il Focus Stand Prize è andato alla galleria egiziana Gypsum, che ha presentato un’installazione multimediale dell’artista Mahmoud Khaled, mentre il Frieze Stand Prize è stato assegnato alla Thomas Dane Gallery premiando in questo modo la curatela della loro artista Anthea Hamilton. Come recita l’assegnazione del premio stesso, è stato apprezzato il suo modo di coinvolgere per l’esposizione tutti gli aspetti riguardanti I muri, il pavimento, e la mobilia presentando al contempo un modo originale di affiancare le opere nell’organizzazione dello spazio all’interno dello stand, che, è il caso di dire, verrà ricordato da tutti soprattutto per le enormi zucche che campeggiavano all’ingresso dello stand.
Infine, seguendo questa linea di conduzione al femminile, si può chiudere il cerchio parlando dell’opera di Emma Talbot, ‘21st Century Herbal’, che accoglie i visitatori proprio all’ingresso della fiera (La Talbot è protagonista proprio in questi giorni della mostra The Age/L’Età alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia in quanto vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women). Si tratta di un’installazione in seta pendente dal soffitto lungo il corridoio che porta agli stand. In un’intervista, l’artista britannica, già nota per i suoi incantati dipinti su seta che figurano su guaine simili a tende esposte alla Biennale di Venezia tutt’ora in corsa, afferma di essere interessata a catturare e svelare il magico che è racchiuso nel mondo naturale. E in effetti l’opera è ispirata ai manoscritti medioevali e alle teorie delle proprietà benefiche delle piante.
Frieze London è stata da alcuni recensita in modo anche solo parzialmente negativo, rivolgendole l’accusa di non essere davvero rivoluzionaria e innovativa. Credo che in realtà la riflessione più corretta da fare sia quella di considerarla come uno specchio del periodo di transizione che stiamo vivendo, delle cui labili e sfuggenti caratteristiche risente naturalmente tutto il mondo creativo. Tuttavia, non si possononon apprezzare la presenza di artisti emergenti molto interessanti, il focus sulle donne e last but non least, la tanto anelata considerazione di temi assolutamente attuali relativi alle questioni dell’identità e della dimensione femminile.