FIT / Domenico Mangano / Velan, Torino

20 Maggio 2012
War Game, 2012, Still da video, Courtesy artista e Magazzino, Roma
Estratto dal video War Game
Dalla serie Un Giuramento sigillato con il burro è un giuramento che si dimentica presto, 2010,  
Courtesy Artista e Magazzino, Roma
 
Fit, 2012, Courtesy Artista e Magazzino, Roma
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ATP: Nella tua mostra personale al Centro d’Arte Contemporanea VELAN, tratti argomenti che spaziano dal personale al sociale. Approfondisci in modi diversi la dinamica tra adattamento/adeguamento. Iniziamo dal personale. Ti sei adattato alla vita di Amsterdam?
Domenico Mangano: Psicologicamente ho una naturale tendenza alloplastica, nella mia concezione della vita, ma se la posta in gioco è il clima nord europeo naturalmente sono costretto a virare verso un atteggiamento autoplastico. Vivere ad Amsterdam è molto più semplice e comodo che a Palermo, cosi come per certi aspetti nella capitale olandese c’è molta meno tensione in superficie rispetto la mia tanto contrastata città. Non sono andato nei Paesi Bassi per residenze o alla ricerca di una vita culturale migliore anzi sono arrivato nel momento peggiore corrispondente ai tagli alla cultura, che qui è un problema molto serio per il tipo di sistema costituito basato su delle sovvenzioni statali. Se non avessi conosciuto una matta olandese non avrei mai pensato di trasferirmi in Olanda e fare famiglia. Comunque se vuoi un prova effettiva del mio adattamento ti invito ad ascoltare il mio lavoro sonoro “Nederlands op straat” ( Olandese sulla strada) dove ho praticamente registrato un corso di olandese “straordinario”.Un lavoro molto sottile e divertente in quale ho mescolato la mia personale esperienza di allievo di un corso di integrazione per stranieri, dove oltre lo studio della lingua ti inculcano le regole comportamentali della società olandese e lo stereotipo tipico del siciliano che ancora persiste all’estero che è sinonimo di mafioso.
ATP:  In un’opera in mostra affronti la realtà dello stabilimento FIAT a Termini Imerese (vicino a Palermo). Mi racconti brevemente com’è nata quest’opera?
DM: La SicilFiat oltre ad essere stata una delle più grandi contraddizioni del Italia meridionale è parte della mia storia personale. Sono cresciuto a Termini Imerese durante il boom della Panda, mio padre e mia sorella sono termitani. Molti miei cari amici o lavoravano proprio nello stabilimento o nelle fabbriche dell’indotto. Quello che a me interessa di questa storia dal destino già deciso è il processo che ha catalizzato e plasmato, dagli anni settanta a oggi, una comunità di contadini mutandoli in operai e trasformato spiagge, carciofeti, agrumeti etc in agglomerato industriale. L’adattamento/adeguamento per scelte politiche ed economiche di una collettività. Questa foto che ho preso nel 2010 e come una cartolina dal sud per Torino che testimonia quello che è rimasto di un “miraggio” palme comprese. Poi L’amministratore delegato della Fiat Marchionne ha detto in un’intervista in che “le fabbriche italiane si salvano solo se esporteranno in America” quindi ho pensato che questa foto della SicilFiat, l’unica che ha chiuso gli stabilimenti in Italia, con l’elaborazione naturale del famoso logo da FIAT in FIT era un’operazione di marketing perfetta da suggerire.
ATP: Non senza ironia, avvicini l’Olanda alla Sicilia nell’opera ‘Un giuramento sigillato con il burro è un giuramento che si dimentica presto’ (2010). Perché sei partito proprio da questo alimento per raccontare la diversità/vicinanza di due località così disparate?
DM: Questo lavoro non ha nulla a che fare con la Sicilia. Ho raccolto l’invito di Claudio Libero Pisano a pensare un lavoro da realizzare utilizzando della vecchia carta oleata con il marchio dell’ECC (Ente comunale di consumo). Ente che riforniva alimenti a basso costo alle famiglie indigenti del dopoguerra italiano. Nello specifico questo tipo di carta serviva ad avvolgere il burro. Il burro nei Paesi Bassi è un elemento alimentare primario e gli olandesi sono stati i primi a esportarlo in tutta Europa. Questo lavoro prende forma dopo uno studio di paremiologia su alcune frasi olandesi che hanno come soggetto il burro. Ho utilizzato questa carta oleata come supporto per realizzare dei “ finti manifesti” dipinti a mano, come quelli che si facevano una volta per identificare una lotta di classe o un gruppo ideologico. Traendo spunto da una serie di poster pubblicitari, vignette satiriche olandesi del periodo equivalente alla nascita dell’ECC e relative all’argomento burro come bene di consumo primario, ho elaborato delle composizioni che mescolano ideali, diverse culture e memorie. Questa serie di “nuovi manifesti” sono una sorta ironico bricolage compositivo, un processo di consapevolezza nei confronti dell’immagine ma senza nessun portato ideologico che decontestualizzate e riformulate attivano nuovi codici e nuove testimonianze. Faccio l’elenco di proverbi che ho usato anche perché li trovo molto divertenti. Burro al patibolo (un compito impossibile), cadere con il culo nel burro (fare inaspettatamente una buona riuscita), non imburra tra di loro (non vanno d’accordo), avere il burro sulla testa (essere ipocrita), cadere con il naso nel burro (fare inaspettatamente una buona riuscita), burro con il pesce (pagare in contanti), piccolo burro all’albero (una buona situazione) e un giuramento con il burro è un giuramento che si dimentica presto.
ATP: Per la mostra hai prodotto anche un video nuovo, ‘War Game’. Sei partito da un accadimento particolare che succede in Olanda. Me lo racconti?
DM: Ogni primo lunedì del mese in tutta l’Olanda suona un sistema di pubblica sicurezza, 4275 sirene estese in tutto il paese. Nato durante la seconda guerra mondiale, l’allarme verrà poi usato successivamente a partire dagli anni 80 come prevenzione del pericolo atomico relativo alla Guerra Fredda. Adesso questa “prova”, secondo i comunicati odierni, è in uso in caso di catastrofi naturali o ambientali (ad esempio esplosione di una centrale nucleare, etc). Durante questa ricerca ho trovato molto spiazzante la sensazione di pericolo in condizioni di normale routine. Un doversi adattare a una tensione fittizia che poi finisce per implodere nella quotidianità. Il video in questione tratta una serie di otto Table vivant di Amsterdam non convenzionale “musicata” da questo fastidioso e surreale allarme.
ATP: Sei attratto spesso da antieroi, emarginati, dal fascino del reietto o dalle situazioni di estremo degrado. Pensi che sia più attraente la ‘miseria’ che la normalità?
DM: Dipende dai punti di vista, spesso la miseria che qualcuno nota in alcuni dei miei progetti è la normalità.
Ipse dixit: “Torno nella miseria, però non mi lamento: mi basta di sapere che il pubblico è contento”.
ATP: Ultima, ma forse più difficile domanda, cosa pensi dell’arte etichettata come ‘sociale’?
DM: Pensi che i miei progetti sono “arte sociale”?
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DOMENICO MANGANO
FIT

a cura di Francesca Referza

opening mercoledì 23 maggio 2012 ore 18.30
VELAN Centro d’Arte Contemporanea, Torino     
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