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Evgeny Antufiev — Fusion and Absorption

[nemus_slider id=”51024″] “Nature imitates art”. This sentence is not as absurd as it may seem at first glance. Where does nature and art begin? Dead nations produced a huge number of art and it has became an extension of nature. The snake biting its tail: art was born as an imitation of nature and became […]

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“Nature imitates art”. This sentence is not as absurd as it may seem at first glance. Where does nature and art begin? Dead nations produced a huge number of art and it has became an extension of nature. The snake biting its tail: art was born as an imitation of nature and became nature itself. Is it possible to separate the Roman statues in the gardens from the landscape?

Trying to compete with the art of the Etruscans is like trying to compete with the mountains and lakes. Scythian stone-sculpture have become forever part of the steppes. The Head of bats is similar to the head of Tibetan demons. As the hand touches the object and the eye touches the images.

Evgeny Antufiev

Nel 2013 il giovane Evgeny Antufiev (Kyzyl, 1986 – a soli 23 anni vincitore del “Kandinsky Prize” nella sezione “The young artist. Project of the Year”) esponeva per la prima volta in Italia, a Reggio Emilia ( Collezione Maramotti). Per visitare la mostra era necessario indossare dei copriscarpe: il colore dominante era il bianco, che oltre ad evocare la Siberia, terra d’origine dell’artista, conferiva agli oggetti esposti un carattere algido, freddo, quasi incorporeo.

Si parlò di Wunderkammer (le camere delle meraviglie tanto in voga dal XVI al XVIII secolo), di Tumblr (poiché gli oggetti richiamavano un immaginario tra l’esoterico e il kitsch – brillantini, delfini, fluidi misteriosi, minerali – già visto da quelle parti), si parlò della lontana Siberia come della sorgente di un gusto particolare per ritualità e artigianato (tutti gli oggetti erano cuciti, incollati, costruiti, montati o intagliati dall’artista con le sue mani). Si parlò di un suggestivo mix tra alchimia e sciamanesimo, tra rituali che affondano nel passato più imperscrutabile dell’uomo, dal gesto primigenio che diede il via alla storia dell’arte, e un misticismo tutto personale eppure in linea con i codici dell’arte contemporanea.

Dopo due anni Sara Zanin riporta in Italia l’artista russo (fino al 6 febbraio a Roma). Il tono freddo, etereo, della mostra precedente ha oggi lasciato il posto a un’atmosfera diversa: le pareti dello spazio sono dipinte di colori caldi, ocra e terrosi, le opere, in legno, bronzo, tessuto (ma ci sono anche disegni su carta, pietre e minerali, nappe di tessuto argentato, coltelli e altri utensili, un piccolo arazzo, fotografie, sabbia) emanano un sentimento materico, concreto, legato alla terra e a un certo senso di gravità, di peso. Se la mostra precedente dava l’idea di proiettarsi verso uno strano tipo di futuro interiore, questa sembra immergere le sue radici in un altrettanto inconscio passato, del quale però qualcosa continua a risuonare in noi, tanto che credo sia inevitabile, guardando queste opere, provare una sensazione di déjà-vu: queste maschere e questi mostri sono facce note, così come le forme e i simboli. Perfino la fotografia di un tronco con i rami tagliati, con i monconi dipinti di bianco, appare un’immagine familiare, sensata, necessaria.

Il catalogo realizzato in occasione della mostra contiene interviste al filosofo e critico d’arte Federico Ferrari, al neuroscienziato Vittorio Gallese, all’artista Emanuele Sferruzza Moszkowicz e i disegni e i testi di due scolari di seconda elementare. Con le sue domande Marina Dacci invita i suoi interlocutori a esplorare la ragione primigenia del gesto artistico, il rapporto tra arte e memoria collettiva, la relazione tra natura e artefatto e il concetto di mito a partire dall’affermazione di Roland Barthes: “… il principio stesso del mito è che trasforma la Storia in Natura”.

Il mito è al centro di questa mostra come della precedente: la differenza è che il tentativo di Antufiev sembra si rivolga verso una temporalità più dilatata, nella costruzione di una mitologia personale che risuoni all’interno di una collettività più ampia. La somiglianza degli oggetti con elementi noti (mostri e demoni dell’infanzia, utensili del museo etnografico) e la loro collocazione nello spazio (con un rigore compositivo e un’attenzione alla simmetria che ricorda il rito religioso, il luogo sacro, il mausoleo) dà vita a un percorso tra il museale e l’esoterico che prova a ristabilire un contatto con l’immaginazione e con quella capacità infantile e primordiale di generare immagini dall’interno.

Evgeny Antufiev,   Fusion and Absorption,   2015,   installation view at z2o Sara Zanin Gallery,   Rome - Courtesy z2o Sara Zanin Gallery,   Rome - Ph. Sebastiano Lucia
Evgeny Antufiev, Fusion and Absorption, 2015, installation view at z2o Sara Zanin Gallery, Rome – Courtesy z2o Sara Zanin Gallery, Rome – Ph. Sebastiano Lucia
Evgeny Antufiev,   Untitled,   2015 (detail),   plexiglas on plinth,   bronze,   amber,   snakeskin,   wood,   cm 100x40,   wooden sculpture,   cm 14x5,  5x6,   Courtesy z2o Sara Zanin Gallery,   Rome - Ph. Sebastiano Luciano
Evgeny Antufiev, Untitled, 2015 (detail), plexiglas on plinth, bronze, amber, snakeskin, wood, cm 100×40, wooden sculpture, cm 14×5, 5×6, Courtesy z2o Sara Zanin Gallery, Rome – Ph. Sebastiano Luciano
Evgeny Antufiev,   Untitled,   2015,   bronze sculpture,   cm 14 x 19,  5,   Courtesy z2o Sara Zanin Gallery,   Rome Ph. Sebastiano Luciano
Evgeny Antufiev, Untitled, 2015, bronze sculpture, cm 14 x 19, 5, Courtesy z2o Sara Zanin Gallery, Rome Ph. Sebastiano Luciano
Evgeny Antufiev,   Untitled,   2015,   fabric and wooden sculpture,   cm 32x96x50,   Courtesy z2o Sara Zanin Gallery,   Rome Ph. Sebastiano Luciano
Evgeny Antufiev, Untitled, 2015, fabric and wooden sculpture, cm 32x96x50, Courtesy z2o Sara Zanin Gallery, Rome Ph. Sebastiano Luciano