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Ettore Spalletti e le “superfici che respirano”

“Come nelle librerie che abbiamo tutti a casa, anche i queste si vedono solo i dorsi. Nella mia opera si vede la carta velina… ma potrebbe esserci la filosofia, la poesia, la matematica, la letteratura. Tante cose che nella vita...

Ettore Spalletti Ombre d’azur, transparence – Installation view at Nouveau Musée National de Monaco – Villa Paloma – Photo Werner Hannappel, VG-Bildkunst Bonn 2019

“Come nelle librerie che abbiamo tutti a casa, anche i queste si vedono solo i dorsi. Nella mia opera si vede la carta velina… ma potrebbe esserci la filosofia, la poesia, la matematica, la letteratura. Tante cose che nella vita leggiamo e ci restano dentro.
Se tutte queste cose riuscissero a darcene una sola … le buone maniere. Sarebbe un valore.
Avrei toccato un valore altissimo.”
Ettore Spalletti

Parla di “buone maniere”, Ettore Spalletti a proposito delle opere esposte nella sua mostra Ombre d’azur, transparence ospitata fino al 3 novembre 2019, al Nouveau Musée National de Monaco, Villa Paloma a Monaco e cura da Cristiano Raimondi.

Così come nulla è lasciato al caso – nel suo studio, nelle sue opere, nei suoi ragionamenti e ricerche – anche in questo caso Spalletti sceglie con perizia le parole per raccontare il trittico esposto al terzo piano del museo: Libreria, rosa (2018); Libreria, azzurro (2018); Libreria, grigio (2018).Sono uno dei lavori più intimi e autobiografici in mostra”, racconta Raimondi nell’intervista che segue. Per l’artista queste opere dovrebbero infondere un unico pensiero, “le buone maniere” che non necessariamente si riferiscono a una condotta ineccepibile,  ma posso anche essere allargate all’arte, tutta. Perché è della ‘maniera’ che la storia dell’arte tramanda la prassi e il valore.

Il termine “maniera” è stato lungamente utilizzato per indicare il ricorrere di elementi tipici nelle opere d’arte d’uno stesso maestro o scuola: in questo senso, si aggiungevano al termine qualificazioni ora determinate storicamente, come al esempio maniera antica o moderna, ora retoricamente (maniera secca, svelta, forte, ecc.). Il Vasari, riprendendo l’ideale raffaellesco e in accordo con la cultura neo-platonica fiorentina, ha definito la “maniera” come idealizzazione della natura, cioè come “il ritrarre le cose più belle e di quel più bello o mani o teste o corpi o gambe aggiungerle insieme e fare una figura di tutte quelle bellezze che più si poteva”. Con il Vasari la “maniera” si identificava, dunque, con il concetto classico dell’arte.

Spolverare questi concetti ci è senz’altro utile per collocare, senza timore, Spalletti nell’alveo dei grandi maestri che hanno guardato alla natura, alle sue manifestazioni e lievità, per restituircele in sembianze e forme significative.
Basti, prima di raccontare le opere in mostra, appuntare qualche titolo: “Grigio verso l’azzurro, paesaggio” (2018); “Così com’è, fonte” (2006); “Orizzonte dorato” (2011); “Dittico, oro” (2019); “Vado di sole” (2018); “Ma, sì, azzurro” (2018); “Paesaggio, rosa, estate” (2018); Oltremare chiaro (2018); Paesaggio, favola (2018)…

Ettore Spalletti Ombre d’azur, transparence – Installation view at Nouveau Musée National de Monaco – Villa Paloma – Photo Werner Hannappel, VG-Bildkunst Bonn 2019

Sembrano i titolo di una poesia, ma anche brevi appunti, impressioni che l’artista ha annotato, dei ricordi o frammenti di un paesaggio: il colore del cielo, le tracce di una stagione, la sfumatura di un tramonto. Segni e variazioni minime che solo una rarissima sensibilità come la sua posso non solo cogliere ma anche raccontare con la propria opera.
Come i grandi maestri del passato, Spalletti ha raffinato nella sua lunga carriera la sua “maniera”: la specificità nel trattare le superfici cromatiche, le quasi impercettibili evoluzioni delle forme, la precisione nel trattare i dettagli, l’individuazione di forme archetipe, il controllo delle relazioni tra le opere e lo spazio…

“Le superfici sembra che respirino, con zone che alternativamente paiono rarefarsi o addensarsi”, racconta Daniela Lancioni nel testo scritto in occasione della mostra a Villa Paloma. Le superfici vive, dunque, che respirano evocano eterei momenti di un mondo silenzioso, celestiale. I suoi cieli, raccontati in infinite varianti, quelli della sua terra in Abbruzzo, lasciano ammutoliti.
Sono infatti i lunghi silenzi quelli  che forse ha tentato di raccontarci il curatore, nell’esperire l’allestimento con Spalletti a Villa Paloma: Le opere hanno trovato la loro ubicazione con il passare dei giorni. Vedere Ettore installare è un’esperienza preziosa, lo vedi esplorare lo spazio, cercare la luce ideale e osservare con la coda dell’occhio epifanie che possano aiutare il dialogo tra lo spazio, il paesaggio esteriore e le  opere…tutto il processo dell’allestimento  si é svolto con serenità  e grandi silenzi interrotti da gentili e poetiche verità.”

Allestite sui tre piani del museo, le trenta opere raccontano, senza forzature tematiche o cronologiche, un ampio spettro della ricerca dell’artista, i suoi impasti di colore , le sue tonalità ricorsive – azzurro, rosa, grigio – le polveri su carta, le foglie d’oro, il legno laccato, la trasparente e opacità dell’alabastro…

Ettore Spalletti Ombre d’azur, transparence – Installation view at Nouveau Musée National de Monaco – Villa Paloma – Photo Werner Hannappel, VG-Bildkunst Bonn 2019

Seguono alcune domande al curatore Cristiano Raimondi —

Elena Bordignon: Per questa importante mostra Ettore Spalletti è stato invitato a proporre un progetto site specific per Villa Paloma. Mediante trenta opere, assieme all’artista, avete approfondito quelli che sono i ‘cardini’ della sua ricerca. Mi puoi raccontare gli aspetti salienti che emergono da questa mostra?

 Cristiano Raimondi: La luce nello studio dell’artista è una delle esperienze che volevamo ricreare e credo che ci siamo riusciti. Sospensione del tempo e sublimazione dello spazio.
La dimensione relativamente ridotta degli spazi a Villa Paloma erano perfetti per ricreare ambienti vicini a quelli allestiti nello studio dell’artista. Inoltre fondamentale è stata la relazione con il mare, anche con il blu del mare, e la linea dell’orizzonte del paesaggio sul quale si affaccia il museo.
La mancanza di una cronologia è stata decisa con l’artista e quindi consente al visitatore di vivere gli ambienti liberamente con un ritmo personale. Fondamentale la presenza del documentario di Alessandra Galletta che non solo è propedeutico alla mostra, ma ne prosegue la poesia.

 EB: Accanto a opere storiche provenienti sia dal suo studio che da importanti collezioni private, ci sono nuove produzioni. Mi parli di queste nuove opere esposte?

CR: Le opere del secondo piano sono quasi tutte nuove;  l’ambiente dei dittici è quello dove meglio si respira il colore nell’atmosfera. In certi giorni si vedono le ombre colorate dei quadri fondersi e occupare gli spazi e gli angoli delle sale.
Il Museo ha scelto per la sua collezione la sala con la grande opera “Vado di sole” (2018) e “Dittico” (2018). Le tre Librerie, rosa azzurre e grigie sono opere nuove e incredibilmente fresche. Archetipi di un sapere assimilato  dall’artista in decenni di studio e letture e sono uno dei lavori più intimi e autobiografici in mostra.

EB: Nel 2014 il MAXXI di Roma, la GAM di Torino e il MADRE di Napoli, hanno ospitato tre mostre dedicate a Spalletti. In comune le tre mostre avevano l’assoluta indifferenza per il tempo storico. Le opere, infatti, sono state allestite nei diversi spazi senza alcun riguardo per la cronologia. Anche per Villa Paloma non è stata rispettata nessuna cronologia. Perchè avete compiuto questa scelta?

CR: Come detto prima, per Ettore Spalletti la cronologia delle opere non è un criterio per la scelta dei lavori e la loro disposizione nello spazio. I sette ambienti ideati per Villa Paloma sono stati pensati dall’artista attraverso una precisa analisi dello spazio da organizzare. Le opere sono state prima posizionate all’interno di un modello in scala fatto in studio, una volta arrivate ci sono stati cambiamenti, le opere hanno trovato la loro ubicazione con il passare dei giorni. Vedere Ettore installare è un’esperienza preziosa, lo vedi esplorare lo spazio, cercare la luce ideale e osservare con la coda dell’occhio epifanie che possano aiutare il dialogo tra lo spazio, il paesaggio esteriore e le  opere…tutto il processo dell’allestimento  si é svolto con serenità  e grandi silenzi interrotti da gentili e poetiche verità.

Ettore Spalletti Ombre d’azur, transparence – Installation view at Nouveau Musée National de Monaco – Villa Paloma – Photo Werner Hannappel, VG-Bildkunst Bonn 2019

EB: Spesso, per raccontare il lavoro di Spalletti, si cita l’espressione “forma del colore”, utilizzata da Roberto Longhi per le opere di Piero della Francesca. E’ di fatto il colore che definisce, ordina, “invade” (come ha detto lo spesso Spalletti) lo spazio organizzandolo. Come curatore della mostra, ci sono degli aspetti della ricerca dell’artista che ti hanno coinvolto maggiormente? Me li racconti?

CR : Sicuramente sono affascinato dalle relazioni che il lavoro di Ettore intesse con l’architettura. Mi affascinano le colonne perse e tutte le opere che suggeriscono una dimensione architettonica. Ettore guarda all’arte antica e all’architettura del passato come gli artisti concreti guardavano la natura.

EB: Nella scelta delle opere avete privilegiato i dipinti o le sculture? Mi racconti, a grandi linee, il percorso che si snoda nei tre piani di Villa Paloma?

CR: Diciamo che sulle 30 opere esposte ci sono solo due sono grandi pastelli su carta, per il resto direi che c’é un equilibrio tra scultura e lavori bidimensionali (per quanto difficilmente si possa parlare di bi-dimensione). L’opera di Ettore é un continuo dialogo tra pittura e scultura.

EB: In una recente intervista, l’artista ha affermato: “Anche dove non c’è immagine iconografica, sento che la capacità del racconto è nella superficie di colore che contiene in se quasi un’immagine segreta”. Come riveleresti, a noi spettatori incantati davanti alla sua opera, i racconti misteriosi che si celano nelle superfici di colore?

CR : Il mistero dei lavori di Ettore appare ancora più evidente nel momento in cui si comincia a entrare in una dimensione intima e autobiografica, ricordi che affiorano e si trasformano in colori, superfici e volumi. La grandezza di Ettore è nell’ offrirci una visione del mondo fatta di ricordi e paesaggi che porta con se, il ricordo dei sentimenti che lo hanno ispirato.

Ettore Spalletti Ombre d’azur, transparence – Installation view at Nouveau Musée National de Monaco – Villa Paloma – Photo Werner Hannappel, VG-Bildkunst Bonn 2019

Il catalogo, pubblicato da Mousse, contiene una conversazione inedita dell’artista con Hans Ulrich Obrist, testi critici di Cristiano Raimondi e di Valerie De Costa, i saggi rieditati di Tommaso Trini, Daniel Soutif, Daniela Lancioni, Bruno Corà, e altri ancora.

In occasione della mostra è stato realizzato, con il contributo del NMNM Nouveau Musée National de Monaco, Montecarlo, un documentario (1h30’, 4k, sottotitoli francesi e inglese) dedicato a Ettore Spalletti scritto e diretto da Alessandra Galletta, prodotto dalla casa di produzione indipendente milanese LAGALLA23 Productions, che verrà presentato in anteprima mondiale.