ATP DIARY

Enzo Cucchi e la merda mia | Zero…

[nemus_slider id=”61510″] Non passa inosservata la mostra di Enzo Cucchi alla galleria Zero… per una serie di motivi. Primo fra tutti che è una bella mostra, a seguire il fatto che un artista storico come lui regge il confronto con le proposte della galleria nettamente più giovani, anzi a ben guardare – in alcuni casi […]

[nemus_slider id=”61510″]

Non passa inosservata la mostra di Enzo Cucchi alla galleria Zero… per una serie di motivi. Primo fra tutti che è una bella mostra, a seguire il fatto che un artista storico come lui regge il confronto con le proposte della galleria nettamente più giovani, anzi a ben guardare – in alcuni casi – le supera. Altro motivo, più strettamente legato al percorso dell’artista, in questa mostra, mantenendo comunque fede alla sua estetica, Cucchi dimostra quanto il suo percorso possa rivelare, con un linguaggio assolutamente contemporaneo, racconti e visioni. Le sue presenze, siano essere disegnate, dipinte o scolpite, sollecitano i più inaspettati racconti, le più imprevedibili storie… Non è un caso che l’artista definisca le sue figure “immagini da acchiappare”.
Come personaggio di una vicenda favolistica, le sculture che ritmano gli ambienti della galleria sono disseminate, all’inizio, a bassa densità. Ci accoglie “America”, un’insegna-scultura in bronzo, dal diametro di 60 cm circa: un mascherone urlante a doppie mani, dagli occhi bulbosi e dalla bocca spalancata. Monito, suggerimento o minaccia, questa scultura sembra strillare: “Attenzione, o voi che entrate…”
Nella prima stanza, “Bimbetto acceleratore”: un piccolo olio su alluminio. Presenza fanciullesca dallo sguardo strabico (forse sonnambulo, forse posseduto), questo dipinto ‘interattivo’ (un piccolo pannello mobile presenta una mano con un segno crescente e uno decrescente) sembra un oggetto che prevede il nostro destino, la nostra sorte.
Altra scultura nella stanza, una testa allungata in bronzo sostenta da un cavo d’acciaio in tensione. Leggermente oscillante, quest’opera ha come titolo quello che sembra l’azione necessaria per giustificarne la forma: “Mirare”. Puntare, tendere, prendere la mira: questa testona, dagli occhi bucati e priva di bocca, attrae come una grande calamita, respinge come un grosso e minaccioso proiettile.
Nel corridoio che unisce la prima dalla seconda stanza, una sorta di ex-voto dedicato alla natura; spostabile e itinerante questa piccola tavoletta di cemento presenta, affrescato una divinità dalle grossa dita e munita di aureola istoriata con una serie di animali. Pochi passi più avanti, una tela dalle piccole dimensioni “Estratto nuvoloso”, dove, sotto una nuvola pesante e portatrice di sciagure, segue una colonna di animali esotici all’orizzonte. In primo piano, ad esorcizzare il peggio, un uccello (o due) dal colore azzurro, pacifico.
La voglia di affabulare, creare visioni e mondi, animare presenze, vivificare esseri (siano essi animali, mostri, ibridi, ma anche oggetti, luoghi…) conflagra nell’ultima stanza dove Cucchi crea un’ambientazione composta da alti teli di rete che scendono dal soffitto. Pannelli, muri effimeri, barriere simboliche, questi divisori ci costringono ad un visione ravvicinata dei suoi disegni. Un mondo parallelo animato da uomini-piede, uomini-sasso, bambini ciechi, individui penitenti, cavalli capovolti, esseri deformi e cattivi, ciclopi, statuette votive… Non è un mondo solare quello dell’artista, prova ne sia la grande scultura (che ci da le spalle) “Merda Mia”: una mamma-uccello sembra abbracciare (ma potrebbe anche mangiarlo) un esserino anch’esso munito di becco. In realtà, addentrando lo sguardo in questa scultura alta 166 cm, notiamo che il piccolo, altro non è che il prolungamento, muscolare, della madre. Non manca, nell’avambraccio, il tatuaggio “merda mia”…
Attraversata la coltre di rete e le tante esistenze frutto di un’indubbia visionarietà, due quadri con soggetti femminili, caratterizzate da lunghi capelli. Sirene, tentatrici, martiri. Le figure galleggiano in uno sfondo grigio e senza speranza, dove non sembra esserci un percorso redento ma solo un perpetuo venticello che muove le onde sinuose delle chiome…
Questi pochi, tra i tantissimi, potenziali racconti che la visione di questa interessante mostra suscita.

Enzo Cucchi,   Mirare,   2016,   bronze,   steel cable / environmental dimensions (bronze: 53 x 26 x 19 cm) es. unico / unique - Courtesy Galleria Zero...,   Milano - Foto Roberto Marossi - Installation view
Enzo Cucchi, Mirare, 2016, bronze, steel cable / environmental dimensions (bronze: 53 x 26 x 19 cm) es. unico / unique – Courtesy Galleria Zero…, Milano – Foto Roberto Marossi – Installation view
Enzo Cucchi,   Courtesy Galleria Zero...,   Milano - Foto Roberto Marossi - Installation view
Enzo Cucchi, Courtesy Galleria Zero…, Milano – Foto Roberto Marossi – Installation view
Enzo Cucchi,   Courtesy Galleria Zero...,   Milano - Foto Roberto Marossi - Installation view
Enzo Cucchi, Courtesy Galleria Zero…, Milano – Foto Roberto Marossi – Installation view