Testo di Valeria Marchi
Il foyer del primo piano del Mart è da tempo utilizzato come luogo espositivo non convenzionale del programma Project Wall dove alcuni artisti contemporanei sono invitati a rotazione ad esporre un progetto, che si metta in dialogo con l’istituzione e le sue collezioni. Elisa Strinna, padovana, classe 1982, propone fino al 26 luglio il lavoro Sulla natura morta 2011-2015 (a cura di Veronica Caciolli).
L’installazione è una “variazione sulla canestra di frutta dal Caravaggio” che ha portato l’artista a ragionare sui temi del cibo, della merce, delle materie prime, dei prodotti del neo-colonialismo da una parte e sul concetto di natura morta e di capolavoro dall’altra. Una tematica, quest’ultima, che accompagna l’intero progetto espositivo sviluppato nelle due gallerie del primo piano, semplicemente e complessivamente intitolato #collezionemart. Una mostra che non solo rispolvera le collezioni storiche del museo, dalla collezione Ferro, alla Feierabend, alla VAF-Stiftung, alla Giovanardi, ma che anche dà voce alle collezioni più contemporanee, penso all’AGI, alla Bronzini Vender, alla Cotroneo.
Una mostra, sembra, che ha l’intenzione di offrire al pubblico la domanda per eccellenza dell’arte di tutti i tempi: che cos’è un capolavoro? Rieccheggia nella mia mente il titolo del famoso testo di Salvatore Settis che, pur affrontando questioni di classicità d’altra natura, parla del “futuro del classico”.
I quattro curatori, Veronica Caciolli e Denis Isaia per #canonecontemporaneo e Daniela Ferrari e Alessandra Tiddia per #modernaclassicità, hanno organizzato un’esposizione cronologica che ci accompagna dagli inizi del Novecento ai nostri giorni, raccontando i capolavori del museo di area Novecento, del Realismo magico, i lavori metafisici, il nudo, la natura morta, il ritratto, per arrivare infine a discutere il concetto di canone e di capolavoro contemporaneo, dalle esplosioni spaziali degli anni Cinquanta di Burri, Fontana e Vedova, ad oggi.
In questo contesto, non poteva che inserirsi perfettamente il progetto di riconfigurazione iconografica e concettuale di Elisa Strinna. Alla frutta deposta in una cesta Ikea, alle riproduzioni fotografiche in bianco e nero della famosa canestra, alle piante di kenzia che sembrano incorniciare teatralmente i lavori a parete e al video ispirato alla fiaba della Ragazza Mela di Italo Calvino, si aggiungono i calchi di frutta e foglie in silicone e una serie di acquerelli di frutti esotici. Il silicone, materiale con il quale si riproducono oggetti seriali per il mercato, e i riferimenti alla produzione standardizzata di Ikea, interpretano l’indagine dell’artista sulla globalità economica, i suoi prodotti e la loro riproducibilità. Non è certamente un progetto citazionista o appropriazionista quello che si legge nel lavoro di Elisa ma un modus operandi che sfrutta sia i canoni del classico e della figurazione che, in parte, alcuni canoni o temi della pratica artistica contemporanea: dislocamento, analiticità, relazionalità e globalità.