“Attrezzi, utensili per la casa, macchinari, fabbriche, materiali da costruzione vengono guardati solo per la loro utilità. Devono essere pratici prima di essere belli. Eppure emerge una bellezza grezza, essenziale, che mi piace esaltare. Disegnando un tubo, un lavandino o una vite, cerco di catturare – con la stessa passione che provo per un paesaggio o ritratto – la nobiltà, il fascino, la bellezza di queste cose. Il loro posto sulle pareti mi sembra legittimo quanto quello di soggetti più “nobili”. Questi oggetti che sono diventati innocui perché sono stati usati e riutilizzati mi hanno sempre affascinato.” Philippe Weisbecker
Largamente affermato in Giappone e negli USA, l’artista francese Philippe Wiesbecker rimane inspiegabilmente sconosciuto in Europa e specialmente in Francia. Visitabile fino al 28 gennaio 2018, la mostra “Élémentaire” di Philippe Weisbecker viene accolta negli spazi di Studio Fotokino a Marsiglia, un tributo ad un artista atipico che colloca la sua pratica tra l’illustrazione e la scultura. Attraverso una selezione vagliata delle sue opere – realizzate negli ultimi venti anni – l’artista indaga il tema della semplificazione, dagli oggetti di uso quotidiano per arrivare all’essenza dell’architettura.
Nella sua serie di disegni e dipinti, realizzati su vecchi quaderni di scuola o su carta recuperata, Philippe Weisbecker racconta i suoi soggetti prediletti: fabbriche, automobili, vestiti, utensili, macchinari. L’installazione site-specific è popolata da molteplici soggetti che indagano il fascino dell’ordinario, oggetti che si misurano con la realtà quotidiana della vita, oggetti Super Normal, citando Jasper Morrison e Natao Fukasawa. Lo studio delle forme supera le costrizioni della funzionalità e affronta gli elementi con una nuova percezione, riportati nella loro massima semplificazione.
Al centro degli spazi di Fotokino, sono collocati due grandi parallelepipedi bianchi che vengono invasi dalle sculture architettoniche di Weisbecker. L’artista riproduce una città immaginaria completamente distorta. Si perde il senso della scala e della prospettiva per dare spazio alle forme; non più ordinarie ma stupefacenti. Sulle pareti si ritrovano i disegni a matita ed i dipinti con soggetti svuotati dai loro significati archetipici conferendogli nuovi valori emblematici. Le architetture illustrate vengono poste in diretta relazione con attrezzi da lavoro, macchine ed oggetti del quotidiano. Si crea pertanto un flusso paritetico tra elementi di differente natura, alterandone così la funzionalità.
La rappresentazione dell’architettura viene così privata delle sue connotazioni classiche, l’autore delinea una dimensione reale attraverso suggestioni di architetture deformate, dove la prospettiva viene esasperata al punto che l’elemento perde di significato in quanto opera strutturale per ritrovarsi nella veste di oggetto defunzionalizzato. Le sue rappresentazioni scardinano la solidità dell’architettura generando di conseguenza una narrazione evocativa, portando lo spettatore ad uno stato simbolico di regressione infantile.
Testo di Joel Valabrega