Testo di Costanza Mazzucchelli —
Nei giorni in cui il brano Volevo essere un duro imperversa su quasi tutte le stazioni radio e diventa lo slogan di una mascolinità che accoglie la vulnerabilità e la fragilità, lo spazio espositivo torinese BARRIERA ospita réclame: una mostra che scandaglia i retaggi culturali e simbolici di cui giocattoli e pubblicità sono portatori e il loro impatto sull’educazione maschile. L’intento è quello di avviare una riflessione collettiva sulle immagini di forza e potere che ci vengono somministrate fin dalla più tenera età e sul conflitto tra bene e male che da queste discende.
réclame è il solo show dell’artista Edoardo Aruta curato da Marta Ferrara presso l’associazione non-profit BARRIERA, in occasione della quindicesima edizione di Mirror Project, programma espositivo in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, nell’ambito di CAMPO, corso in studi e pratiche curatoriali. Aruta e Ferrara, che hanno già collaborato in passato – più di recente, in occasione della mostra collettiva Cutting the Clouds | Tagliando le nuvole (MADRE, Napoli, 26.09.2024 – 27.01.2025) –, sono tornati a lavorare insieme e a contaminare le proprie pratiche e poetiche: il nucleo tematico di réclame era già intrinseco in alcuni lavori precedenti dell’artista ed è stato sviluppato in questa sede con Ferrara, la quale – afferma – ha avuto “il privilegio di tradurlo in testo e soprattutto in poesia”. “Avevo nei mesi precedenti lavorato ad alcune grandi collettive con tanti artisti e volevo dedicarmi al rapporto esclusivo di un artista con uno spazio, e in particolare con un aspetto della sua ricerca […]. Conoscendo l’artista e la sua pratica in studio, mi sembrava ci fossero tutti i presupposti per un momento espositivo dedicato esclusivamente alla sua pratica scultorea e di disegno”, aggiunge la curatrice.
Le sculture e i disegni che abitano e animano le pareti dello spazio rimandano a un immaginario battagliero, di combattimento e guerra, filtrato attraverso una lente ludica e infantile. Il riferimento principale è alle action figures messe sul mercato negli anni Sessanta come controparte maschile delle bambole. Seppur apparentemente innocue, tali forme di intrattenimento maschile hanno subdolamente veicolato miti e archetipi con i quali si sono confrontate – molto spesso inconsapevolmente – intere generazioni. La televisione, attraverso cartoni animati e pubblicità, ha reso anche i più piccoli spettatori assidui frequentatori di immagini di forza, eroismo e dominanza, simboli di un modello maschile che continua a influenzare il nostro modo di pensare, di agire e, soprattutto, di educare.



Così, le action figures da puerili giochi, nei lavori di Aruta divengono archivi da cui riportare creativamente in superficie memorie sepolte nella coscienza infantile. L’artista interviene su vecchi giocattoli recuperati e, attraverso calchi e collage anatomici, li trasforma in sculture che conferiscono al materiale quotidiano un rinnovato valore, una nuova profondità e – nel contrasto tra luce e ombra dell’installazione – una certa teatralità: il rimosso viene portato in superficie per essere interrogato (Danza macabra, 2024; La battaglia tra bene e male, 2023; You Can Be Hero, 2023). Questa pratica di esplorazione dei fenomeni sottostanti la nostra esperienza di vita quotidiana prende forma anche nel disegno, in una sorta di diario per immagini, personale e documentaristico al contempo (Una mano che muove tutto, 2025). Il processo creativo di Aruta pone in dialogo la memoria personale e collettiva, l’infanzia e la cultura patriarcale, chiedendosi quale sia il legame tra questi mondi e che ruolo ricopra in tale legame il rapporto tra persone e oggetti.
La mostra si sviluppa, dunque, come un viaggio che attraversa il tempo e la memoria – tanto quelli personali dell’artista, quanto quelli collettivi di una generazione – per ricostruire l’influenza dei messaggi pubblicitari e di discorsi legati alla dominanza e al potere, che seducono come sirene e plasmano come prometeo i piccoli esseri umani durante le loro fasi di sviluppo. Il lavoro d’indagine dei messaggi veicolati dai media si amplierà ulteriormente in occasione del finissage della mostra, che avrà luogo il 10 aprile (presso Imbarchino del Valentino), con il progetto sonoro La Furia del Dire (2021-in corso): frammenti di messaggi radio, interviste e annunci televisivi di fatti di cronaca pregnanti per la storia italiana dagli anni Ottanta in poi sono stati incisi su vinili che verranno “attivati” da un gruppo di DJ; questi, nell’integrare i campionamenti nelle loro performance live, attuano un tentativo plurale di riscrivere la storia e trasformare la documentazione audio in una narrazione pubblica.
Réclame diventa allora anche reclaim, una rivendicazione della riscrittura di una memoria personale e collettiva, di una storia generazionale, un’occasione per analizzare e scardinare i meccanismi con cui le narrazioni dominanti si insinuano nel nostro inconscio fin dalla prima infanzia, condizionando in modo incisivo – ma non irreversibile – il nostro immaginario.
Mirror Project #15. réclame, Edoardo Aruta
Fino al 10 aprile 2025
Cover: Edoardo Aruta, La battaglia tra bene e male, 2023, bronzo, plexiglass, ferro, faro sagomatore, dettaglio, réclame, a cura di Marta Ferrara – Courtesy BARRIERA – ph. Biagio Palmieri
