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Giovanni de Cataldo – Low Rider | nmcontemporary, Monte Carlo

Testo di Angelica Gatto — L’inglese lowrider indica solitamente un’automobile modificata con sospensioni ribassate e impiegata per una guida lenta, quasi da parata; per estensione, la definizione si riferisce anche al guidatore di questa tipologia di veicoli. Giovanni de Cataldo (Roma, 1990) ha scelto proprio questo termine come titolo della sua personale – curata da GARBO’S, il collettivo […]

Giovanni de Cataldo - Lowrider - Installation View - Courtesy L'Artista & nmcontemporary - Photo credits Saverio Chiappalone
Giovanni de Cataldo – Lowrider – Installation View – Courtesy L’Artista & nmcontemporary – Photo credits Saverio Chiappalone

Testo di Angelica Gatto —

L’inglese lowrider indica solitamente un’automobile modificata con sospensioni ribassate e impiegata per una guida lenta, quasi da parata; per estensione, la definizione si riferisce anche al guidatore di questa tipologia di veicoli. Giovanni de Cataldo (Roma, 1990) ha scelto proprio questo termine come titolo della sua personale – curata da GARBO’S, il collettivo curatoriale composto da Marta Federici, Marco Palmieri e Marta Pellerini – a Monte Carlo, presso gli spazi di nmcontemporary.

Tra immaginari G-Funk e cromature brillanti, l’artista ricrea un ultraspazio sospeso, in cui gli ambienti del convenzionale whitecube cedono il posto a un’officina con il pavimento in PVC bullonato che fa da contraltare a circa trenta nuovi lavori realizzati appositamente per la galleria monegasca. de Cataldo, tra i finalisti della prossima edizione del Talent Prize, seguendo una logica compositiva e processuale che nasce da una maggiore familiarità con la eterogeneità dei linguaggi messi in atto, dimostra uno scarto progettuale sistematico che è frutto di una accresciuta attenzione per le tecniche, i materiali e le finiture. D’altronde, per l’artista processualità e tecnica sono i due fattori co-esistenti e generativi dell’opera.

Il guardrail in ferro dei crush test – uno dei materiali di reimpiego prediletti – diviene l’elemento modulare da tagliare, assemblare e modificare, per dare forma a sculture e installazioni in grado di risemantizzare di volta in volta le proprietà estetiche e oggettuali di questo medium. Allo stesso modo, la rete – che si tratti di rete da cantiere, in alluminio o in fibra di carbonio – assume una valenza completamente rinnovata. Il modulo così come la griglia, tradizionalmente legati al modernismo e alle sue ricerche, vengono impiegati in maniera inedita per acquistare uno nuovo statuto.

Reti in alluminio nichelato e fibra di carbonio, inserti in carbonio, assemblaggi e politure ricreano un universo meccanico in cui si mescolano, con quell’ironia dal tono scanzonato che forse cela anche un pizzico di sarcasmo, contenuti di rimando alla cultura pop e alla ‘car culture’, senza disdegnare il riferimento alla cultura di massa e a tutto l’universo ipercontemporaneo che la circonda. Al contempo, l’artista non rinuncia alla profonda crasi che viene a generarsi tra questo specifico macrocosmo e le finiture artigianali di ciascun lavoro presentato.

Giovanni de Cataldo - Lowrider - Installation View - Courtesy L'Artista & nmcontemporary - Photo credits Saverio Chiappalone
Giovanni de Cataldo – Lowrider – Installation View – Courtesy L’Artista & nmcontemporary – Photo credits Saverio Chiappalone

Ipertrofiche, patinate, polite in maniera quasi ossessiva, le superfici dei nuovi lavori di de Cataldo assumono cromie inattese, a metà strada tra un video Hip-Hop e lo still di un B-movie americano. La nuova palette include il verde brillante di Gaviscon, totem che si innalza possente al centro della prima sala; il blu di Tenderly, icona dell’insondabile leggerezza che il ferro può assumere; il turchese di Tigerlily, il piccolo guardrail che prende il titolo dal nome della nota dj australiana; il nero matt di Nuvolari e La Rascasse, tributo alla curva più celebre del circuito del Gran Prix de Monaco.

Nella ipertrofica politura delle superfici laccate, nella scelta dei colori, dei titoli, degli accostamenti, de Cataldo ricerca costantemente il raffronto con un immaginario collettivo che se prima si rispecchiava nella città e nelle sue diverse anime, ora si ritrova nella condivisione di registri culturali in cui il residuo urbano, il materiale industriale, la serialità pagano lo scontro con una moltitudine devota al culto degli ‘déi della macchina’. Ed ecco che lo spazio della galleria viene profanato, si trasforma in un’officina, cede al gioco messo in atto dall’artista e con il pavimento in PVC accoglie i progenitori mutanti di un universo patinato.

Lo spazio espositivo è organizzato attraverso una estrema coerenza; la prima sala, in cui domina la scultura di oltre due metri Gaviscon – che si impadronisce dello spazio ergendosi al di sopra di un innesto piramidale bullonato – è volutamente portata al punto di saturazione per consentire un dialogo continuo tra i lavori esposti. Ginori, verniciato in un bianco opalino che stempera lo sfavillante blu elettrico di Tenderly, sfida le leggi di gravità con una piegatura che gli consente di appropriarsi dello spazio circostante rompendo la staticità del piano della parete. Nella seconda sala, invece, l’allestimento torna ad essere volutamente minimale, il ritmo si fa più piano con la sequenza di dieci piccole tele catarifrangenti con rete in alluminio nichelato VEDO NON VEDO a cui fanno da contrappunto le due tele con rete in fibra di carbonio Air Max. Al centro, l’installazione Côte Azur, memore del condominio extralusso Le Stella situato nell’area prospiciente alla galleria, articola la spazio con le sue curvature.

D’altronde Low Rider significa anche questo, un mondo fatto di automobili customizzate in colori sgargianti – dalle Cadillac metallizzate alle Chevrolet con sospensioni cromate – che si accompagna in tutto e per tutto a una boriosa extravaganza, come nei testi del gruppo rap statunitense Cypress Hill: You want to trip? Then I got luggage I stuff you in and send you off, cause you ain’t rugged Low-rider, low-rider. de Cataldo questo lo sa e ce lo fa sperimentare attraverso una serie di sculture, installazioni e tele che abbandonano la severa e irreprensibile fredda staticità del ferro e dei materiali industriali per assumere piegature sinuose e sensuali, simili a corpi immobili e artificiali, eppure attraenti.

Giovanni de Cataldo, Ginori, 2018 - Cm 115 x 30.500 - Courtesy L'Artista & nmcontemporary - Photo credits Saverio Chiappalone
Giovanni de Cataldo, Ginori, 2018 – Cm 115 x 30.500 – Courtesy L’Artista & nmcontemporary – Photo credits Saverio Chiappalone