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Davide Maria Coltro. Astrazione Mediale | Intervista con l’artista

La mostra Astrazione Mediale di Davide Maria Coltro – ospitata al MA*GA di Gallarate fino al 01/09 – presenta la più recente produzione dell’artista in cui il linguaggio mediale, caratteristico della della sua ricerca e sua cifra più autentica, assume nuove connotazioni astratte e sintetiche, capaci di evidenziare i rapporti tra gli elementi fondamentali della pittura elettronica, […]

La mostra Astrazione Mediale di Davide Maria Coltro – ospitata al MA*GA di Gallarate fino al 01/09 – presenta la più recente produzione dell’artista in cui il linguaggio mediale, caratteristico della della sua ricerca e sua cifra più autentica, assume nuove connotazioni astratte e sintetiche, capaci di evidenziare i rapporti tra gli elementi fondamentali della pittura elettronica, quali bit e pixel, in un codice da lui stesso definito “pittura oltre la materia”. Coltro interpreta i temi che caratterizzano il presente come il complesso dialogo tra arte e scienza, le nuove frontiere conoscitive dei Visual Studies e la ridefinizione del rapporto tra arte e spiritualità.
Le sale del Museo diventano un luogo di raccoglimento silenzioso, tanto da indurre chi le attraversa a immergersi in una dimensione meditativa e privata. Il progetto al MA*GA si espande oltre il museo, toccando il tessuto cittadino di Gallarate: le opere di Coltro sono trasmesse nei totem digitali di comunicazione cittadina, riproponendo il concetto di “Quadro civico” che l’artista aveva già presentato a Shanghai, in Cina, nel 2006.
In occasione di questa mostra abbiamo posto alcune domande all’artista —

Elena Bordignon: Prima di entrare nel merito sulla serie di nuove installazioni che presenti negli spazi del museo, vorrei partire dal titolo, Astrazione Mediale. Perché hai scelto questo titolo e cosa intendi per ‘astrazione’ in relazione alla produzione mediale?

Davide Maria Coltro: Il dialogo con la storia dell’arte caratterizza il mio percorso e questo titolo, scelto tra i vari che avevo proposto proprio dal curatore Alessandro Castiglioni, è in parte ispirato dalle ricerche del professor Gabriele Perretta che, all’inizio degli anni novanta, definì la corrente del “Medialismo” tutt’ora attiva e oggetto di studi sistematici. L’altra parte intende evocare  l’arte anoggettuale nella dimensione processuale e relazionale dei media digitali, per definire opere che sono al contempo sintesi formale e flusso temporale, oggetto e sistema, tra immagine statica e immagine in movimento, uno specchio che riflette la complessità del nostro tempo, fatto di connessioni, interazioni, trasformazioni continue. L’astrazione che concepisco è un processo che distilla le esperienze visive e sensoriali, dove i componenti fondamentali della pittura elettronica come bit e pixel, vengono utilizzati per costruire opere che sfidano le convenzioni tradizionali. In questo senso, l’astrazione diventa un linguaggio attraverso il quale posso esplorare temi molto vicini come la spiritualità, l’arte e la scienza. In questa ricerca la componente semantica è diventata necessaria per definire concetti, pratiche e oggetti che spesso non trovano spazio nelle categorie esistenti quindi il titolo “Astrazione Mediale” vorrei comunicasse la complessità ed il fascino di un’arte dove la ricerca di forme semplici ed elementi universali si intrecciano con la mediazione tecnologica.

EB: Tra le installazioni in mostra, i Quadri Mediali si caratterizzano per un flusso generativo astratto in costante mutamento. Hai progettato queste opere da remoto. Mi puoi spiegare il loro funzionamento?

DMC: Il progetto della piattaforma Systems è nato come intuizione alla fine degli anni novanta, dopo la lettura di Nicholas Negroponte con il suo “Essere Digitali”, edito in Italia da Sperling & Kupfer, in perfetta sincronia con la comparsa sul mercato a prezzi accessibili degli schermi piatti. All’epoca erano disponibili due tecnologie: al plasma o cristalli liquidi, ognuna con proprie caratteristiche tecniche. Il mio obiettivo era concepire una nuova categoria di opere che prolungasse il concetto tradizionale di quadro, oggetto di fondamentale importanza nella storia dell’arte degli ultimi cinque secoli, come evidenziato da Victor Stoichita nel suo brillante saggio “L’invenzione del quadro ” edito per i tipi de Il Saggiatore. Volevo creare un nuovo media,  testimone esterno e condivisibile del mio approccio radicale alla pittura. Arrivando al percorso concreto, i primi prototipi hanno visto la luce dopo un lungo tempo di progettazione e sperimentazione hardware e software. Avvicinandomi alla tua domanda, posso evidenziare alcuni elementi progettuali e tecnici che hanno guidato il progetto sin dalle origini. L’idea centrale era che il quadro del futuro dovesse essere un “terminale artistico remoto”, alimentato dalla piattaforma  e capace di elaborare flussi visivi con codici e materiali digitali. Per raggiungerle da remoto le prime opere ospitavano schede telefoniche con SIM GSM 2G, ognuna con un proprio numero. Sebbene i costi per connessioni e contratti dati fossero elevati e limitati a pochi settori industriali, ho perseverato in questo lungo e difficile percorso grazie a risorse personali e al supporto di mecenati, galleristi e collezionisti illuminati. Seguendo il progresso tecnologico, la connessione delle opere si è evoluta, da molti anni utilizzo la connessione Wi-Fi, che ha semplificato notevolmente il processo, consentendo di collegare un numero elevato di opere tramite un unico punto di accesso, infatti, solo al MAGA, sono costantemente connesse circa 80 opere. Con molti progetti attivi, il numero di opere connesse è elevato e la loro gestione è organizzata con criteri e metodi che ho dovuto sviluppare ed evolvere in questi anni.

Davide Maria Coltro – Serie Metropolis, 2022 – dettaglio del flusso visivo su Quadro Mediale
Davide Maria Coltro Veduta dell’installazione di Quadri Mediali tipo QM-SYSTEM65 e Installazione di Quadri Mediali tipo PL-SYSTEM21 Museo Maga Photo credits Paolo Sacchi
Davide Maria Coltro Quadro Mediale tipo RD-SYSTEM19 serie Metropolis, 2023 Museo Maga Photo Credits Paolo Sacchi

EB: Le opere dovrebbero suscitare nello spettatore una sensazione di pausa silenziosa e un invito al raccoglimento. Mi racconti cosa provi tu, come primo fruitore del tuo lavoro, attraversando le sale del museo?

DMC: Il progetto installativo per il MAGA è nato con orientamento “site specific”, collaborando con il curatore e vicedirettore Alessandro Castiglioni, in profonda unità di intenti e grande sintonia intellettuale. Tutto lo staff, ben organizzato in reparti specifici molto efficienti, ha seguito lo sviluppo con competenze da struttura avanzatissima, credo che questo museo, sotto la guida di Emma Zanella, sia un gioiello nel nostro panorama nazionale. Fil rouge per armonizzare le cinque installazioni è stato creare un ambiente di sospensione e raccoglimento, non alienato o separato dalla realtà, bensì uno spazio che si offre e accoglie senza condizioni, luogo contemplativo, disponibile per fermare il brusio ininterrotto delle attività quotidiane e delle nostre abitudini radicate e sempre più frenetiche. Un esempio per me molto significativo sono i luoghi di culto in quanto offrono molto più di una semplice atmosfera. Proprio perché progettati o riordinati ad attività prettamente spirituali, fanno risuonare un’eco di pace e profondità che ci avvisa della dimensione complessa e ricchissima dell’essere umano.  Tornando al progetto, il corridoio sospeso che introduce alla Sala C è già una buona prospettiva, l’opera rotonda che brilla in lontananza, può sembrare la fine di un percorso ma invece si rivela essere l’inizio dell’esperienza proposta. Ogni volta che visito questi spazi sento che l’essenzialità dell’allestimento consente di contemplare una sola installazione alla volta, ricordando che l’arte è sempre attività inerente lo spirito. Un suggerimento che spero giunga limpido e conduca alla consapevolezza che l’umanità non si può ridurre ad elenchi di capacità interattive e meramente funzionali. Questa è la sensazione  che desidero ritrovare ogni volta che imbocco il corridoio sospeso che dalla balconata luminosa del primo piano introduce alla mia mostra o passeggiando all’interno della grande sala tenuta in penombra per favorire la percezione delle opere.

EB: Oltre alle opere al MA*GA, alcune opere sono state installate nel tessuto cittadino di Gallarate. Un progetto simile lo avevi già sperimentato a Shanghai nel 2006. Come si è evoluto il concetto di “Quadro Civico” nel corso del tempo?
DMC: A ben pensarci, il mio primo esperimento di “Quadro Civico”, risale ad una installazione performativa tenuta all’Anagrafe di Milano nel 2003 all’interno del progetto “Cittàzioni”. Al centro della sala con tutti i box degli uffici, era stato issato in alto un monitor piatto come un vessillo digitale dove i ritratti liberamente richiesti dalle persone, venivano digitalizzati e proposti in un flusso anti-araldico e inclusivo. Intendevo evidenziare come i luoghi pubblici dovessero testimoniare la condivisione delle risorse e dei servizi segno di civiltà.   L’esperimento di Shangai, avvenuto nel 2006, è stato conseguenza e progressione su scala molto più ampia. L’enorme superficie digitale installata sulla facciata dell’Urban Planning Center, animata dal flusso dei Medium Color Landscapes, ha catturato l’attenzione proponendo un codice estetico divergente dai loro canoni. Per il progetto di Gallarate non posso che ringraziare la disponibilità della pubblica amministrazione per aver messo a disposizione i totem informativi installati in verticale ad altezza di persona e quindi fruibili come le opere all’interno del Museo MAGA. Credo che questo particolare cambi l’assetto del progetto rispetto a Shangai. Un grande tabellone, sospeso a diversi metri di altezza, comunica un messaggio istituzionale forte ma emozionalmente più distante dal totem che rende le opere più percepibili, più intime ed empatiche. In città italiane come Milano, Torino, Roma le numerose superfici digitali presenti sono interessanti per un progetto urbano che abbia intenzione di avvicinare, incuriosire, interrogare. Rispetto alle passate esperienze, il flusso mediale di Gallarate, contiene un messaggio di avviso che spezza il susseguirsi di informazioni e pubblicità avvisando che per 299 secondi, cioè cinque minuti meno un secondo, si potrà godere dell’espansione della mostra al MAGA oltre le sue stesse mura.

Davide Maria Coltro Trittico di Quadri Mediali tipo QM SYSTEM-65 serie Textiles, 2023 Museo Maga Photo credits Alessio Pasqualini
Davide Maria Coltro – Serie Strings, 2022 – dettaglio del flusso visivo su Quadro Mediale

EB: Nella tua ricerca approfondisci una lunga serie di temi: dalla relazione tra arte e scienza, alle nuove frontiere conoscitive dei Visual Studies, al mondo digitale nella sua complessità. Ci riveli quali scoperte hai fatto, in anni di ricerca, sul dialogo tra arte e scienza in relazione al digitale?

DMC: Il dialogo tra arte e scienza è un argomento che mi ha sempre affascinato e che considero cruciale nel contesto dell’arte contemporanea. L’esperienza mi ha portato a scoprire come il mondo digitale non sia solo un nuovo medium, ma anche un ambiente ricco di possibilità espressive e conoscitive. Scienza e arte non sono discipline separate, piuttosto due facce della stessa medaglia, la prima analizza e cambia il mondo attraverso dati e formule, mentre l’arte  prende le sue mosse da una radice spirituale intima e personale. In riferimento ai Visual Studies sto esaminando l’estetica dell’immaterialità in cui l’arte digitale sfida le nozioni tradizionali di materia e forma. Una scoperta che in questi anni mi ha dato molta soddisfazione è stato comprendere che il flusso pittorico in trasformazione sulla tela mediale contenesse una profonda diversità rispetto all’arte statica  o alla video arte, inaugurando una categoria estetica che unita all’invenzione del Quadro Mediale definisce un nuovo medium con autonomia teorica, processuale e percettiva ancora da indagare. Adesso le opere possono esistere in spazi virtuali ossia rispondere e adattarsi ai cambiamenti tecnologici e sociali, creando un dialogo tra il visibile e l’invisibile, rispettando la nostra struttura antropologica che comprende la manifestazione concreta dell’immateriale è un altro tema da capire a fondo. La precisione del metodo scientifico e l’intuizione creativa dell’artista possono generare nuove prospettive, il mondo digitale, con la sua capacità di connettere e trasformare, è la condizione più idonea per indagare la nostra condizione tecno-umana, come definita dal teologo e docente universitario padre Paolo Benanti, uno dei massimi esperti di Intelligenza Artificiale ed etica della tecnologia. Spero che attraverso il mio lavoro, sempre in evoluzione, possa contribuire a diffondere una visione più ampia e interconnessa della realtà in quanto arte e scienza, quando dialogano, hanno il potere di aprire nuovi orizzonti di conoscenza profonda. Per esperienza personale non posso che rendere testimonianza del dialogo tra arte e scienza come terreno fertile per nuove scoperte e innovazioni aggiungendo però l’attenzione allo spirito ed alla trascendenza come terzo vertice di questo ideale triangolo virtuoso.

Davide Maria Coltro. Astrazione Mediale
A cura di Alessandro Castiglioni
con il contributo critico di Elena Pontiggia
28.04 – 01.09.2024

Trittico di Quadri Mediali tipo QM-SYSTEM-65 serie Atomic, 2023 Museo Maga Photo Credits Paolo Sacchi
Davide Maria Coltro SYNOPTICOS, 2024 Installazione di Quadri Mediali tipo PL-SYSTEM21 serie Andreas Museo Maga Photo Credits Mario Coti Zelati
Davide Maria Coltro Quadro Mediale tipo RD-SYSTEM19 serie Mosaic, 2023 Museo Maga Photo Credits Mario Coti Zelati