I suoi paesaggi di corruzione urbana, ma anche quelli nostalgici, quelli manieristi, quelli passionalmente naturalistici, non sono rappresentazioni oggettive del visibile, ma la proiezione soggettiva della sua mente. Da quelle più sconsideratamente pop – la piazza antistante al resort cinque stelle Hotel Bayerischer Hof, dove Michael Jackson alloggiava quando passava per Monaco di Baviera – a quelle più perdutamente romantiche, le visioni filmiche che Cyprien Gaillard ci mostra nel suo ultimo lavoro Retinal Rivalry – in mostra alle OGR, Torino, fino al 2 febbraio 2025, a cura di Samuele Piazza – ci mettono alla prova.
Perché la visione di quest’opere sembra voler sfidare la logica consequenzialità del racconto visivo, per minarne la giustezza, la legittimità? La risposta probabilmente è da cercare sulla scelta da parte dell’artista di esplorare le potenzialità del cinema stereografico, comunemente chiamato anche cinema 3D: un tipo di proiezione che permette una visione tridimensionale delle immagini, stimolando così il nostro coinvolgimento sensoriale.
Il titolo della mostra, Retinal Rivalry, si riferisce ad una affascinante fenomeno, all’oggi molto studiato, che riguarda, appunto, la “rivalità retinica”, nota anche come rivalità binoculare. E’ un fenomeno che si verifica quando due diverse immagini vengono presentate a ciascun occhio contemporaneamente. Invece di percepire una mescolanza di entrambe le immagini, il nostro cervello si alterna tra i due, facendo sì che un’immagine domini la nostra percezione mentre l’altra scompare.
Gaillard applica questa oscillazione della consapevolezza visiva per potenziare in modo esponenziale la forza delle immagini video: presentando immagini leggermente diverse a ciascun occhio, i sistemi di realtà virtuale possono indurre una rivalità retinica, migliorando la percezione della profondità e creando un senso di presenza più realistico. In altre parole, tratta la prospettiva cinematografica come fosse materiale reale, con una sua pesantezza e consistenza. Ecco allora che guardando abbiamo la sensazione assurdamente tattile di percepire la ruvidità delle superfici, l’asperità dei luoghi, l’irregolarità degli spazi.
L’opera video proiettata in modo spettacolare nel Binario 1 delle OGR, cattura per complessità, maniacalità e mistero. Più mostra e più allude al nascosto, più rivela e più suggerisce che le potenzialità visive, corroborate dai mezzi digitali, possiedono un’incommensurabile forma di ambigua unicità.
Dalla caotica indisciplina della discarica, dove alla confusione della catasta di vetro ammassato, si somma l’assordante rumore della materia vetrosa che sembra ‘viva’ tanto è disturbante e fastidiosa, ma anche alle dettagliate scene che mostrano ‘pezzi’ di civiltà urbana – ripresi spesso di notte – che mettono in evidenza la discrepanza tra brani naturalistici che cercano una via di fuga tra resti di costrutti storici – siano essi mura diroccate secolari – e costruzioni più contemporanee, non per questo meno decadenti e, in definitiva, brutte.
Le visioni sono di una iperrealista nitidezza, tanto che ci confondono con dettagli forse inutili. Chi non ha notato l’etichetta delle due bottiglie di vino abruzzese nel monumento dove i fans commemorano Jackson? Così come la bellezza lenticolare dei paesaggi, ripresi con una sensibilità che ci riporta a tanta pittura romantica dove al caos dello Sturm und Drang – tempesta e impeto – Gaillard aggiunge una maniacale precisione ottica: è come guardare un tornado imbattersi in una foresta a rallentatore, la distruzione è resa in modo millimetrico.
In poco meno di mezz’ora, vediamo brani di una Germania piccolo borghese, quando non nazional popolare, dedicata alla perdizione all’Oktoberfest di Monaco, di cui si percepisce solo la fatiscente nebbia alcolica in alcune persone stese sotto un albero o intente a riprendersi forse dopo una notte brava. Le persone, poche e piccole, sono per lo più sfatte, di spalle, sedute o sdraiate: l’uomo nei suo paesaggio mentale e poca cosa, quasi inutile, ridicolo.
Sorpassata la valenza iper-tecnica di questo lungo video ‘monumentale’, viene da chiedersi perchè l’artista abbia utilizzata questa sovrabbondanza di tecnicismo digitale, per restituire immagini di una civiltà spiritualmente poverissima, dove i grandi del passato – tra i tanti squarci video, l’artista omaggia grandi maestri come Vincent van Gogh e Caspar David Friedrich, l’uno mostrato riprodotto in poster commerciali mentre l’altro celebrato in un monumento in un parco – sono assorbiti in un vorticoso viaggio onirico che ci porta dentro all’anima di statue di bronzo che, collocate in alto, forse sopra il tetto di una chiesa (un’allusione agli angeli titubanti di Wenders?), che osservano un parco giochi che abbonda di luminosità ed entusiasmo. Ma da quelle altezze, l’ “occhio onnicomprensivo” di Gaillard ci portante nella decadenza delle antiche rovine romane, ingabbiate sotto un centro commerciale di Colonia.
L’artista racconta quel che resta della grande civiltà con sguardo tanto compassionevole quanto freddamente documentaristico. La vera sfida di quest’opera è come mostrare il già visto in tutte le salse, in un modo misteriosamente intrigante: dove cercare l’enigma che rende asfissianti questa serie di racconti video? Come si lega un lunghissimo muro di graffiti nel Mauerpark di Berlino, un parco giochi ripreso dall’alto, uno squarcio di muro secolare affiancato da un parcheggio, oppure un Burger King di Norimberga che ha trovato spazio in una sottostazione costruita negli anni ’30 su progetto dell’architetto nazista Albert Speer?
Trattando la realtà come fosse il carotaggio profondo del sottosuolo della nostra civiltà, l’artista racconta la società contemporanea portando tutto in superficie, presente e passato, incastrati spesso malamente e senza vergogna. Da legante una sofisticatissima ‘colonna sonora’: da Johann Sebastian Bach a musica sundanese (da un archivio UNESCO di Parigi), da voci umane deformate e rese robotiche a frammenti dalla colonna sonora del film di Werner Herzog Aguirre, furore di Dio (1972) della band krautrock Popol Vuh.
Anche con questa ‘monumentale’ opera video, Gaillard ha saputo rappresentare la doppia faccia dell’era contemporanea, devastata dalla bruttezza e decadenza del capitalismo, dall’incuria e indifferenza del turismo di massa per la grandezza del passato, ma anche dalla desolante e spettrale solitudine dell’essere umano di fronte alla bellezza incommensurabile della natura. Come non riesumare le visioni insondabili di Caspar David Friedrich: laddove il pittore romantico celava con la sapiente pittura, l’artista francese contemporaneo nasconde con un’iper-messa a fuoco. Più mostra più ribadisce la realtà spettrale che ci circonda.