Orchard ha avuto inizio nello spazio di CHAN a Genova, con un’installazione che ruotava attorno a una vetrina, costruita con il legno di un castagno morto trovato nei terreni adiacenti al frutteto e accompagnata dal suono del suo abbattimento e trasformazione in tavolo. La grande teca custodiva i reperti, organici e non, che Christian aveva recuperato nei dintorni e li esponeva al pubblico, come a gettare le basi di un racconto che si sarebbe sviluppato nel tempo. La performance/concerto Coral Gardens and Their Magic che ne è seguita ha visto l’uso di altri reperti come strumenti, che si mescolavano ai suoni naturali registrati all’origine, il tutto nell’ambiente ‘sacrale’ di un ex-oratorio barocco, utilizzato questa volta per ospitare un rituale artistico, accompagnato da paramenti e costumi realizzati per l’occasione. Palazzo Nicolosio Lomellino di Genova è stato poi custode della terza stagione. In Cafhage le riprese ravvicinate della flora tropicale nella Biosfera di Renzo Piano dialogavano con la vegetazione esotica degli affreschi di Bernardo Strozzi, così come le costellazioni create dalla consunzione e dalle bruciature nelle stoffe ‘riesumate’ dal terre
no intorno al frutteto sembravano rispondere alla raffigurazione dell’Astrologia del soffitto dell’omonima sala.
Con la quarta stagione, Orchard si misura con un altrove ulteriore, quello dello spazio industriale di Careof di Milano, creando un cortocircuito tra i materiali da costruzione del cantiere aperto nelle vicinanze, i trasferimenti su carta carbone delle architetture e della vegetazione nel frutteto, le tracce sonore su vinile che avevano originato il progetto e, come dei lampi, le visioni fulminee di questo luogo “così lontano, così vicino”.
Anna Daneri