✍ Chiara Bertola a proposito del Premio Furla 2013

16 Gennaio 2013

Alcune domande a Chiara Bertola, curatore e ideatore del Premio Furla.

ATP: Dopo tanti anni che curi il Premio Furla, hai mai notato dei temi ricorrenti o dei bacini concettuali in cui gli artisti ritornano più spesso nel loro lavoro?

Chiara Bertola: E’ vero che in ogni edizione del premio si riescono a rilevare alcune analogie tematiche di tra le riflessioni degli artisti (penso ad esempio al rapporto con la storia politica recente, emerso con forza nei lavori di Rossella Biscotti e Francesco Arena, finalisti dell’edizione 2011), ma alla fine, ogni artista tende a proporre una propria ricerca e a cogliere nella possibilita’ di produrre un nuovo lavoro, la vera opportunità che il premio offre. In fondo l’attività dell’artista è quella di chi sa trovare un altro modo di consumare la realtà attraverso i propri segni, e riuscire a percepire che qualcosa all’interno dell’ordine precostituito può essere cambiato. Come scriveva Borges “la realtà non necessita di nessun’altra realtà per significarsi”, soltanto si apre una finestra attraverso la quale vediamo qualcosa d’altro.       Allo sguardo, abituato ad essere organizzato nei messaggi precostituiti del linguaggio, l’arte offre la possibilità di crearsi dei vuoti e degli spazi inediti di pensiero. Credo che anche gli artisti finalisti di questa edizione si muovano in questo orizzonte.

ATP: Com’è cambiato il Premio in oltre 10 anni di vita?

CB: A tredici anni dalla sua nascita il Premio Furla è ancora un organismo vivo che cresce e si rafforza di edizione in edizione per trovare un senso maggiore e raggiungere un obiettivo piu’ alto. E’  un vero e proprio laboratorio che cerca di alimentare la consapevolezza dell’importanza dell’arte per una società che vuole innovare se stessa: l’arte è una forma di conoscenza, trasversale a tutte le altre discipline, che serve a migliorare le relazioni tra uomini e i suoi contesti. Fin dall’inizio il Premio ha puntato sull’internazionalità portando lo sguardo dei critici stranieri in Italia, una direzione strategica confermata dando agli artisti la possibilità  di realizzare un’esperienza di residenza in un importante centro d’arte contemporanea. Quest’anno la residenza sara’ riportata in Europa – dopo il Bethanien di Berlino e il Gasworks di Londra, la residenza della scorsa edizione si era svolta in America all’Arizona State University Art Museum di Tempe- e si svolgerà al WIELS Contemporary Art Centre di Bruxelles. Ma la struttura del Premio nelle ultime tre edizioni si è evoluta per valorizzare tutti i livelli del sistema: stimolare la progettualità degli artisti attraverso la produzione di nuovi lavori, ma anche fornire una mappatura “critica” del panorama artistico italiano, valorizzando il lavoro di scambio tra curatori italiani e internazionali.  Abbiamo infatti capito nel tempo che il modo migliore per far conoscere la ricerca degli artisti italiani in Italia e all’estero era affidarsi a chi meglio la conosce: i curatori italiani. Credo che i progetti per realizzarsi e durare devono costruirsi in questo modo: un mattone dopo l’altro. Così il Premio è diventato un attivatore di opportunità che vanno oltre la vincita e la realizzazione di una singola opera. Ponendo l’accento sullo stimolo di relazioni culturali, più che sulla celebrazione di un singolo oggetto artistico, il Premio Furla continua ad innescare nuovi e imprevisti meccanismi virtuosi.

ATP: Il Premio Furla sembra aver aperto la strada al proliferare di sempre nuovi premi dedicati agli artisti.  Non è un caso che sia uno dei più ambiti e considerati nel panorama italiano. Come consideri questo moltiplicarsi di premi degli ultimi anni?  E’ sempre positivo?

CB: Più azioni si intraprendono per sostenere gli artisti italiani e maggiori sono le occasioni di confronto e le possibilita’ di nuove produzioni, meglio e’! Lo considero positivo. D’altro canto tutti i premi per l’arte nascondono oltre ad un riconoscimento, la necessità di colmare un’assenza. Il premio cela in realtà una mancanza della società nel sostenere l’arte.  E’, quindi, un dono, un dare, un offrire, un andare verso, un dividere per condividere. Il problema e’ piuttosto la poca stabilita’ dei molti premi che ogni anno nascono e con la stessa velocità muoiono. Ho sempre cercato di dare continuità ai progetti e di farli crescere nel tempo e infatti il Premio Furla è il frutto di un lento lavoro di crescita. Giovanna Furlanetto fin dall’inzio mi ha affiancata e ha creduto in questa modalita’ di costruzione che secondo me e’ la forza del Premio Furla: il tempo consente di imparare e di perfezionare  un’azione che riesce a radicarsi nella cultura locale e di lì a riverberare e ad espandersi all’esterno. Da subito il Premio ha costruito la sua base sulla collaborazione, dimostrando come sia importante unire le forze soprattutto in un momento di forte crisi. Adesso accanto alla Fondazione Furla  e alla Fondazione Querini Stampalia, storici iniziatori del Premio nel 2000, ci sono Fondazione Carisbo e il MAMbo di Bologna oltre a Carisbo spa, Arte Fiera, ViaFarini. Quest’anno inoltre la Provincia di Bologna ha concesso gli spazi dell’ex-ospedale degli  Innocenti per la mostra dei finalisti e vastissima è ormai la rete con curatori e centri d’arte internazionali che gravitano intorno al Premio.

ATP: Quest’anno farà da padrino al Premio,  Jimmie Durham. Perchè questa scelta?

CB: Jimmie Durham non ha bisogno di presentazioni: è uno degli artisti più critici e caustici della scena artistica conemporanea, che con la fiamma della  sua ironia ha incenerito e attaccato i linguaggi correnti e le visioni imposte dalla cultura occidentale. Il suo lavoro è incendiario e per questo e’ stato scelto come “padrino” per un Premio che si rivolge principalmente alle ricerche degli artisti delle ultime generazioni. Con il suo titolo “Add Fire” invita in modo inequivocabile i giovani a non fermarsi di fronte a nessun ostacolo, affrontando il futuro con passione ed energia creativa.

ATP: Il titolo, Add Fire, suggerisce un’immagine molto positiva e fiduciosa. Nel tuo testo approfondisci la simbologia e l’importanza di un elemento prezioso e significativo come il fuoco.  La sua immagine e densità concettuale appare ancora più preziosa in questo periodo non proprio roseo. Che visioni ti aspetti dai cinque artisti selezionati in relazione ad ‘una delle immagini simboliche più ricche e contraddittorie dell’umanità’?

CB: Come ti dicevo prima credo che Jimmie Durham, suggerendo il titolo “Add Fire” a questa edizione del Premio, abbia voluto spingere gli artisti verso il nuovo, a ricominciare sempre dall’inizio, per essere più liberi e uscire dagli alfabeti correnti, dai linguaggi comuni e dalle forme riconosciute… Sotto il titolo “Add Fire” c’è l’immagine di una fiamma che brucia e che sembra indicare come sia necessario e urgente aggiungere fuoco alle azioni per compiere ogni gesto artistico in modo netto e graffiante. Urgente perché invita a non accontentarsi mai, a non arrendersi alle parole e alle immagini vuote, monotone e inutili della macchina politica e massmediale… perché invita ad aggiungere fuoco, dove le fiamme riescono a divorare parole e immagini, lasciando spazio alla loro rinascita. Questa e’ l’indicazione di Jimmie Durham. Ma i titoli e le frasi con cui di volta in volta i padrini/madrine del Premio interpretano lo spirito dell’edizione non sono mai state delle indicazioni concettuali, dei temi che i giovani artisti devono interpretare o seguire per forza. Sono piuttosto dei doni, delle aperture, dei sassi che si gettano nello stagno e risuonano, se non adesso… chissa’, in futuro…. Gli artisti finalisti –  sempre molto giovani – sono concentrati nello sforzo, difficile, di restituire in modo chiaro la propria ricerca e un nuovo progetto al giudizio di una giuria internazionale che aggiudichera’ il premio…. e senza disporre nemmeno di troppo tempo. Dai cinque finalisti di questa edizione,   tutti già dentro una propria consapevolezza artistica che li ha portati a confrontarsi su palcoscenici internazionali, mi aspetto quindi che sapranno aggiungere fuoco al loro lavoro e presentare le nuove visioni di cui abbiamo tutti bisogno.

Jimmie Durham per il Premio Furla 2013

 

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