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Non chiamatelo solo Museo | Centro Pecci, Prato

[nemus_slider id=”57608″] — Testo di   Simona Squadrito A simboleggiare l’importate cambiamento delle attività e della “missione” del Centro Pecci è la nuova e avveniristica struttura a forma di navicella spaziale ideata dell’architetto olandese Maurice Noi. Il nuovo edificio rifunzionalizza e riqualifica lo spazio preesistente del 1988, disegnato dall’architetto Italo Gamberini e manifesta anche sul piano […]

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Testo di   Simona Squadrito

A simboleggiare l’importate cambiamento delle attività e della “missione” del Centro Pecci è la nuova e avveniristica struttura a forma di navicella spaziale ideata dell’architetto olandese Maurice Noi. Il nuovo edificio rifunzionalizza e riqualifica lo spazio preesistente del 1988, disegnato dall’architetto Italo Gamberini e manifesta anche sul piano architettonico la volontà di inaugurare delle nuove strade per la ricerca e per la sperimentazione.

Il museo viene quindi arricchito di nuove possibilità di circolazione e di accesso, ma non è solo la struttura architettonica a cambiare: la volontà del direttivo è quella far diventare il museo un contenitore più vasto, trasformandolo in un centro di produzione per l’arte contemporanea, un luogo inclusivo e dinamico, aperto anche nelle ore serali, pronto ad ospitare e promuovere diverse iniziative ed eventi, quali mostre, spettacoli teatrali, corsi e laboratori per adulti e bambini, proiezioni, concerti e tanto altro.

Fabio Cavallucci, direttore del Centro Pecci, sottolinea la volontà del direttivo di connettere attività culturali e linguaggi tra loro differenti nel tentativo di avvicinare arte e società, attraverso una ricerca di temi più vicini alla gente. Il museo deve infatti rispondere alle esigenze dell’intera società, così come rileva lo stesso Cavallucci: “In un momento storico difficile, l’arte deve tornare ad essere più vicina a tutti noi. Negli ultimi decenni l’arte contemporanea è stata sostenuta dal collezionismo, dalle gallerie e dai musei che hanno costruito le basi per l’arte contemporanea basandosi soprattutto sull’aspetto economico, questo aspetto ha purtroppo allontanato l’arte da una visione più quotidiana e dalla possibilità di essere il relazione con tutti. Dobbiamo quindi fare qualche tentativo per avviare questo riavvicinamento.”

Anche Irene Sanesi, presidente della appena nata Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, strumento istituito dal comune di Prato e sostenuto dalla Regione Toscana per gestire il Centro Pecci, ci tiene a rimarcare l’aspetto polifunzionale del museo e soprattutto del legame che questo deve necessariamente instaurare con il territorio che lo ospita, dichiarando: “Stiamo concentrando la nostra attività su un aspetto che io chiamo: l’ancoraggio con la comunità. Oggi la comunità ha bisogno di ritrovare un legame con uno spazio che possa parlare il linguaggio del presente, per aiutarci a decifrare la sua complessità. Un altro aspetto importante è il tema dell’approccio, che definisco Glocral, ovvero: globale, creativo e locale. Il nostro interesse è quello di lavorare sulla comunità ma con progetti proiettati in una dimensione internazionale, dove l’aspetto creativo diventa l’anello di congiunzione. Vorrei citare per l’occasione le parole del poeta Pablo Neruda: «una nave è più sicura nel porto ma non è per questo che è stata costruita.»”. Il punto focale del dibattito del Centro Pecci è, dunque, la necessità di ripensare il ruolo del museo soprattutto nei confronti del contesto e del territorio. La nuova struttura architettonica si fa simbolo stesso di questa missione: la sua forma curvilinea, infatti, sta ad indicare la volontà di abbracciare, come se fosse una grande cintura, il territorio e la popolazione. Inoltre l’antenna che spicca sul tetto del Centro ha la funzione simbolica di raccontare un museo sempre in cerca di nuove vibrazioni.

La mostra di apertura La fine del mondo, curata dal direttore Fabio Cavallucci, sarà dislocata in diverse  tappe su tutto il territorio toscano, in luoghi che normalmente sono di ricerca e di conservazione, come, ad esempio, il  Museo della Preistoria di Firenze o  la Scuola Normale Superiore di Pisa. La mostra, oltre a far rivivere le opere della collezione, sarà arricchita da nuovi lavori, in un allestimento monumentale ed estremamente scenografico di opere di più di cinquanta artisti internazionali. L’esposizione prende forma da una precisa presa di posizione di Cavalluci: “Ciò che abbiamo conosciuto finora è obsoleto, la mostra non vuole essere dunque la rappresentazione di un futuro catastrofico imminente, ma insieme presa di coscienza della condizione di incertezza in cui versa il nostro mondo e riflessioni sugli scenari che ci circondano. I mezzi, anche concettuali, d’interpretazione della realtà che noi abbiamo conosciuto non sono più in grado di comprendere il tempo presente. Di qui, da questo cambiamento strutturale, nasce un senso diffuso di fine”.

Grand Opening del nuovo Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci

Mostra inaugurale – La Fine del Mondo

Interno della nuova ala progettata da Maurice Nio. Foto Ivan D’Ali?
Interno della nuova ala progettata da Maurice Nio. Foto Ivan D’Ali?
Beams of Light on a Golden Lake,   image taken by the Expedition 47 crew on May 31,   2016,   from the International Space Station looks from northwestern China on the bottom into eastern Kazakhstan courtesy of NASA
Beams of Light on a Golden Lake, image taken by the Expedition 47 crew on May 31, 2016, from the International Space Station looks from northwestern China on the bottom into eastern Kazakhstan courtesy of NASA
Robert Kus?mirowski,    STRONGHOLD,   2013,   wood,   glue,   pigments,   paint,   carton,   rubber,   plastic,   glass,   metal,   curtains,   paper,   books,   Lyon Biennale,   dep. in MAC LYON,   800cm x 2400cm x 2200cm
Robert Kus?mirowski, STRONGHOLD, 2013, wood, glue, pigments, paint, carton, rubber, plastic, glass, metal, curtains, paper, books, Lyon Biennale, dep. in MAC LYON, 800cm x 2400cm x 2200cm
Emanuele-Cerutti-Collezione-Maramotti-2024