ATP DIARY

Cecily Brown e l’eccesso di aggettivi

Handsome Stranger, 2010 ,   ©the Artist Courtesy Gagosian Gallery – Photography by Robert McKeever Courtesy Gagosian Gallery – Photography by Matteo Piazza The Green, Green Grass of Home, 2010, ©the Artist Courtesy Gagosian Gallery – Photography by Robert McKeever Wake, Awake, for Night is Flying, 2010, ©the Artist Courtesy Gagosian Gallery – Photography by […]

Handsome Stranger, 2010 ,   ©the Artist
Courtesy Gagosian Gallery – Photography by Robert McKeever
Courtesy Gagosian Gallery – Photography by Matteo Piazza
The Green, Green Grass of Home, 2010, ©the Artist
Courtesy Gagosian Gallery – Photography by Robert McKeever
Wake, Awake, for Night is Flying, 2010, ©the Artist
Courtesy Gagosian Gallery – Photography by Robert McKeever 
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Sensuale, tattile, violenta, istintiva, figurativa, astratta, voluttuosa, impetuosa. Questi e tanti altri aggettivi sono stati spesi per descrivere la mostra di Cecily Brown presentata alla Gagosian Gallery (Roma). Cattura gli occhi come un gioco. Se visitata in compagnia, inevitabile gareggiare su chi vede teste, arti, cani, chiese, alberi, automobili, colline, fiori. 
C’è dentro una fetta di tempo contemporaneo in questi grandi quadri che descrivono, distruggendola, la durata del mondo. Turbinano oggetti e concetti attorno ad un’impeto sì gestuale, ma mai dettato dal caso. E’ un caos sincronico quello che anima queste tele che, solo per convenzione, finiscono in un ‘quadro’. Pensabili come infinite, sovrapponibili alla realtà, traducono di questa la forza di un’energia vitale eruttiva, magmatica. 
Facilmente cado anche io nella grossa pentola che ribolle di aggettivi. E poi ci sono le pennellate che non costuiscono niente, semmai accennano per cancellare subito dopo. E’ come se, priva di tavolozza, l’artista sprema i colori direttamente sulla tela dal tubetto. Riprende e schiaccia i pigmenti, assotiglia la massa cromatica, crea e distrugge, veloce ma mai come il passare del tempo. 
Mi sembra abbastanza banale che si citi (come da comunicato) la pittura vibrante di Rubens, quella del Veronese o quella di Willem de Kooning. Così com’è scontato associare ad un pennelata ‘carnosa’ un brivido sensuale. Le tele vibranti di carne a tocchi, di paesaggi turbolenti e agitati, di rumore cromatico difficilmente afferrabile… cozzano con il silenzio quasi religioso della grande stanza ovale della galleria. Sempre un guardiano alla porta per per tenere sott’occhio opere da oltre un milione di dollari.
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