Testo di Anna Del Torchio —

“Il cielo stellato”, a cura di Marta Cereda, restituisce la complessità e la poetica della pratica artistica di Caterina Erica Shanta (Germania, 1986). Allestite presso Careof fino al 17 marzo, le opere articolate in stampe, video e materiali d’archivio, sono il frutto della ricerca che l’artista ha condotto a Matera, ponendo particolare attenzione sulla festa della Madonna della Bruna. L’evento, che ha una storia lunga secoli, rappresenta per l’artista un perfetto caso studio per testimoniare le trasformazioni sociali, storiche, comportamentali e tecnologiche a cui l’intera società sta andando incontro. Queste vengono raccontate da Shanta in un mediometraggio, prodotto da Careof e Invisible Film, punto focale della mostra e attorno al quale gravitano gli altri lavori esposti. La varietà dei materiali allestiti, tuttavia, non confonde la fruizione, anzi, contribuisce a rafforzare la narrazione.
Il film si apre con alcune riprese del paesaggio materano, connotando fin da subito il contesto protagonista. In realtà il paesaggio non viene romanticizzato dall’artista. Esso è uno dei tanti aspetti che Shanta prende in considerazione per raccontare tutti i mutamenti che Matera ha subìto nel corso degli anni, declinando il concetto moderno di paesaggio naturale a quello che potrebbe essere definito paesaggio identitario. Considerando dunque l’architettura, le persone, i rituali come parti eque, “Il cielo stellato” diventa la restituzione di un’unica identità che è da sempre mutevole e in movimento. Questa natura sembra essere simboleggiata dall’azione della processione, manifestata in due momenti particolari. Il primo, la transumanza delle mucche, è anticipato nel film e ulteriormente sviluppato dall’artista in un altro video in mostra, Acheronte (2023).

Per realizzarlo Shanta ha seguito il tragitto degli animali in prima persona, documentandolo. Il secondo, invece, è proprio la processione del carro trionfale che i cittadini costruiscono in occasione della festa della Madonna della Bruna e che conducono per Matera ogni 2 luglio. Sebbene la ricorrenza sia dettagliatamente preparata per un intero anno, il momento saliente del rito è lo strazzo, ovvero la distruzione del carro. Due minuti, se non meno, di euforia eccitante e violenta, in cui la comunità si riscopre coesa. Due minuti, anche, in cui migliaia di persone fotografano quanto sta per accadere, creando il surrogato di un cielo stellato fatto di telefoni e schermi sopra le teste della folla in piazza. Shanta ha estremizzato la tendenza istintiva a fotografare, raccogliendo per anni le fotografie del carro scattate dalla gente, grazie alle quali ha potuto creare delle fotogrammetrie, ovvero le restituzioni tridimensionali e tangibili delle sculture ormai inesistenti. 
Alcune di queste, intitolate Icone (2022), sono allestite una a fianco all’altra, quasi come a suggerire, anche in questo caso, una processione di santi digitali figli dei nostri tempi.
Se oggi fotografare “è un atto collettivo, divenuto parte integrante del rito”, esso è anche emblematico di un comportamento inconscio che porta a preservare anche ciò che è destinato a essere distrutto, in risposta a un imprecisato senso di horror vacui. E se oggi ognuno è potenzialmente autore di immagini, con “Il cielo stellato” Shanta fa riflettere sulle problematiche etiche della rappresentazione e, padrona dello stesso mezzo tecnologico, riesce a rendere lo spettatore più consapevole della sua attitudine verso i cambiamenti.