Un anno fa il magazine italiano più illustre dedicato alla moda, Vogue Italia, manifesta facendo silenzio. In piena pandemia, il direttore Emanuele Farneti decide di azzerare il veicolo per antonomasia della rivista: fa pubblicare la copertina completamente bianca. Solo un’indizio ci fa capire che si tratta della rivista, il titolo stampato come al solito a lettere cubitali in grigio. Un segno forte per una rivista che fa dell’eccesso e del ‘non-utile’ i suoi punti forza. All’esuberanza e all’eccentricità della moda, il silenzio, il bianco, quasi un no-comment. In effetti come commentare un momento storico da dimenticare, ma indimenticabile?
Da questo ‘grado zero’ la curatrice Valentina Ciarallo ha pensato di riempire il ‘vuoto’ invitando 49 artisti per compiere una riflessione su questo periodo che ha dell’indicibile. Ecco allora che la superficie che per decenni ha ospitato top model dai volti algidi e bellissimi, abiti griffati, corpi nudi o sinuosi come una paesaggio, ora lascia spazio alle idee, alle riflessioni di una selezione di artisti italiani che, l’hanno bucata, dipinta, riprodotta in ceramica, cucita, legata, intarsiata: dove non ci riesce il linguaggio delle parole, spetta all’arte raccontare questo momento difficile che stiamo vivendo.
Seguono alcune domande a Valentina Ciarallo —
Elena Bordignon: Una pagina bianca. Scrittori e poeti ne hanno scritto a profusione. Tu, hai avuto l’idea di proporre questo ‘dilemma’ a una selezione di artisti. Quali riflessioni hai voluto stimolare agli artisti invitati?
Valentina Ciarallo: Appena ho visto la copertina candida di Vogue di aprile 2020, uscita in questa versione come messaggio di rispetto e assieme desiderio di rinascita, non ho avuto dubbi. Ho subito immaginato che sarebbe potuto diventare un progetto dedicato agli artisti italiani. L’idea era già lì. In un momento così difficile per tutti, in particolare nel nostro settore, avere la possibilità di esprimersi su una pagina bianca e poter fare sentire la propria voce ad un’audience globale credo sia stata una grande opportunità e testimonianza del nostro tempo. Mi interessava far lavorare nuovamente gli artisti su qualcosa di fisico, ritornare a plasmare la materia in un momento virato al digitale. Desideri, sogni, paure, speranze. Ogni opera è voce individuale ma anche tassello di un racconto collettivo, segno della capacità di rimettersi in gioco, di ritrovare nuove aspirazioni, reinventare modi espressivi. Un nuovo biglietto da visita con cui l’artista si presenta.
EB: Bucata, replicata, scolpita, incisa, cucita, ricoperta, dipinta ecc. Gli interventi sulla copertina sono stati molteplici e direi inaspettati. Molti artisti hanno prodotto delle vere e proprie opere, mentre altri hanno concepito l’intervento come una rivisitazione del magazine. Hai dato delle indicazioni per guidare i loro interventi?
VC: Come dici tu, le “azioni” degli artisti sono state inaspettate, ho lasciato volutamente “carta bianca” spiegando che avrebbero potuto lavorare all’interno o superare i confini della dimensione del magazine. Qualcuno è riuscito, altri sono rimasti nei margini della pagina. C’è anche chi non ha scartato il magazine dal cellophan trasparente. Da rivista a supporto creativo, da contenuto a contenitore. Alcuni hanno voluto rispettare quel bianco, altri lo hanno affrontato coprendolo interamente per cancellare quel vuoto. C’è stato un confronto costante tra me e gli artisti durante l’intero sviluppo del progetto. Il curatore si è preso di fatto cura dell’artista.
EB: Quali reazioni ha suscitato vedere tante rivisitazioni della copertina bianca, da parte dei redattori o del direttore di Emanuele Farneti?
VC: Gioia e orgoglio! Da parte di tutti. E come il direttore Farneti dice: “la copertina bianca di aprile 2020 ha aperto una strada, suggerendo un’idea che ha valore nella misura in cui è in grado di generarne un’altra e un’altra ancora”.
EB: Il progetto, dagli esordi, è stato pensato come una mostra fisica. Ci puoi dare delle anticipazioni su come sarà il display?
VC: Fin dall’inizio il progetto è stato pensato come mostra, da portare in valigia iniziando da Milano appena le condizioni lo permetteranno. Ho già avuto qualche richiesta per esposizioni anche in altre sedi particolarmente suggestive e inusuali. Il mio auspicio è di poter realizzare una pubblicazione a supporto. Sono in preparazione anche il racconto degli artisti attraverso i podcast. Ci terrei a sottolineare anche l’aspetto simbolico del numero quarantanove, quante sono le copertine prodotte. 49 e non 50 cifra tonda, a significare che l’approdo non è ancora toccato, che c’è una porta aperta perchè la storia prosegue: una storia da raccontare, una storia per ricominciare, una storia per il domani.
Artisti: Mario Airò, Giulia Andreani, Salvatore Arancio, Francesco Arena, Stefano Arienti, Romina Bassu, Marco Basta, Elisabetta Benassi, Jacopo Benassi, Manfredi Beninati, Riccardo Beretta, Simone Berti, Bea Bonafini, Goldschmied & Chiari, Silvia Celeste Calcagno, Silvia Camporesi, Letizia Cariello, Guglielmo Castelli, Fabrizio Cotognini, Maria Crispal, Giovanni De Angelis, Federica Di Carlo, Stanislao Di Giugno, Rä di Martino, Mauro Di Silvestre, Matteo Fato, Flavio Favelli, Ludovica Gioscia, Corinna Gosmaro, Invernomuto, Giovanni Kronenberg, Diego Miguel Mirabella, Davide Monaldi, Matteo Nasini, Marina Paris, Alessandro Piangiamore, Donato Piccolo, Giuseppe Pietroniro, Gianni Politi, Marco Raparelli, Pietro Ruffo, Alice Schivardi, Vincenzo Simone, Sissi, Giuseppe Stampone, Lamberto Teotino, Eugenio Tibaldi, Patrick Tuttofuoco, Vedovamazzei.