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Questo compito mi rende “piccola”: Carolyn Christov-Bakargiev a Torino

Carolyn Christov-Bakargiev, la nuova direttrice del Castello di Rivoli e della GAM di Torino, ha illustrato le linee generali del suo progetto futuro di direzione. Un luogo insolito per una presentazione, gli spazi de Le Roi Dancing Lutrario disegnato nel 1959 da Carlo Mollino. “Il curriculum di Carolyn lo conoscete tutti”, ha iniziato Patrizia Asproni, Presidente […]

Carolyn Christov-Bakargiev, la nuova direttrice del Castello di Rivoli e della GAM di Torino, ha illustrato le linee generali del suo progetto futuro di direzione. Un luogo insolito per una presentazione, gli spazi de Le Roi Dancing Lutrario disegnato nel 1959 da Carlo Mollino.

“Il curriculum di Carolyn lo conoscete tutti”, ha iniziato Patrizia Asproni, Presidente della Fondazione Torino Musei, prima di lasciare la parola alla Bakargiev. “Quello che ci ha convinto soprattutto è stato il suo progetto: visionario, in senso positivo, un progetto a lungo termine che vede i due musei uniti in un unicum nel panorama nazionale ed internazionale. Era il progetto di cui noi avevamo bisogno. Stiamo alzando l’asticella dell’eccellenza, e tutto il resto poi dovrà seguirla, e sarà un’impresa per molti”.  Senza non poca emozione, la nuova direttrice ha introdotto la sua presentazione con un’espressione utilizzata anche da Barack Obama nel suo discorso inaugurale del 2009: “I’m humbled by this task, perchè è un grande compito quello che abbiamo davanti: immaginare che cosa possa essere la cultura nel XXI Secolo, in un periodo storico che, rispetto al 1989, non si presenta esattamente come l’avremmo immaginato o voluto. Il compito di immaginare che cosa sia il ruolo del museo all’interno di una rete di comunità locali, che costituiscono un mondo, è un compito humbling, che mi rende piccola. E adesso rilassatevi, perchè parlerò a lungo”

La curatrice inizia il suo discorso leggendo prima lo statuto della GAM, poi quello del Castello di Rivoli, poi continua: “Come direttore vorrei donare un approccio innovativo ai programmi artistici e una linea strategica di direzione e gestione congiunta dei due musei. Il compito istituzionale è guidare i soggetti promotori, i sostenitori e lo staff dei musei verso un progetto inclusivo, di pianificazione, che sviluppi strette relazioni di collaborazione per generare nuove idee e iniziative e attivare le risorse atte a sostenerle. Questo deve avvenire all’interno di una cultura della trasparenza e della collaborazione”. Ogni decisione della direttrice sarà infatti presa in consultazione con esperti e attraverso sondaggi presso la comunità regionale e locale, in sinergia con le programmazioni di altri enti culturali nel territorio e con i responsabili della politica locale e regionale. “E’ indispensabile essere attenti e ascoltare le richieste dei giovani, degli anziani, delle varie micro comunità, ma non lasciarsi guidare dall’opinione pubblica, bensì partecipare a formarla”.

Bakargiev continua dando una sua definizione di museo ideale, un luogo che deve bilanciare l’offerta con la conservazione delle opere, sottolineando poi l’importanza della relazione che questo deve avere con il territorio che lo ospita: “Il museo ideale deve essere un luogo della memoria e della costruzione identitaria della comunità che vi partecipa nel presente. E’ il luogo di ricerca, conservazione, raccolta, studio, produzione artistica, educazione ed esposizione. Nell’essere uno spazio aperto al pubblico, è anche un luogo ludico, di piacere e di intrattenimento”. Il museo ha dunque un aspetto visibile, delle mostre, dei programmi e degli eventi pubblici, ma ha anche un aspetto invisibile ai più, che riguarda la conservazione, la catalogazione, l’archiviazione e lo studio delle collezioni. “Un equilibrio tra questi due aspetti è necessario. Puntare troppo sul visibile porta solo a vacue attività spettacolari, che a poco a poco minano l’immagine del museo nel mondo, e ne abbassano la qualità dell’offerta. Affidarsi troppo al secondo aspetto, rende impossibile un buon reperimento di fondi e fa mancare il museo ai suoi doveri civici, isolandolo dalla comunità locale e internazionale. Questo equilibrio può essere raggiunto grazie allo sviluppo di un’identità specifica, non dichiarata, ma che sia il filo conduttore di tutte le sue attività”.

E’ quindi passata all’analisi del rapporto tra alcuni dei più importanti musei del mondo e le loro città, esempi su cui si è basata per formulare un’identità ipotetica della congiunzione tra GAM e Castello di Rivoli. “Il MOMA incarna un paradigma di accessibilità e apertura, in linea con gli ideali americani di pragmatismo e democrazia; La Tate Modern è il luogo del dinamismo contemporaneo, della ricerca del nuovo e della celebrazione dell’istante, in linea con una visione britannica di progresso e innovazione. Il Regina Sofia di Madrid è un centro di riformulazione dell’arte moderna su base post-coloniale, e non eurocentrica, in linea con un rilettura critica del passato coloniale della Spagna. Il Centre Pompidou è soprattutto la voce dell’immaginazione, della sensualità e della libertà delle rivoluzioni artistiche, in linea con un paese fondato sugli ideali di una rivoluzione moderna nell’illuminismo e in linea con il pensiero contestatario del XX Secolo. Nel nostro immaginario collettivo Torino e il Piemonte rappresentano equilibrio, modernità, una società civile e laica, sobrietà, efficienza, produttività. Nell’universo dell’arte contemporanea, l’immagine è simile: città di istituzioni seguite con cura, continuità e attenzione, sempre con un retro-pensiero internazionalista. Torino è la città che con costanza e perseveranza si sta riconvertendo da centro industriale a centro di cultura, attraverso una sfida a lungo termine”.

L’identità del nuovo museo si potrà ricostruire attorno ad una rinnovata attenzione verso il potenziale di trasformazione energetico della materialità e della fisicità, che la curatrice chiama “embodied life”, vita incorporata, di attualità nell’era digitale dell’informazione, in cui la vita quotidiana è sempre più qualificata come immateriale e in rete. “Una tale identità comporta una nuova relazione tra arte e scienza, tra cultura umanistica e cultura scientifico-filosofica”. La direttrice passa poi ad esporre delle idee più pratiche: “La realtà concreta del lavoro ci porta ad incontrare cose nuove che fanno cambiare i progetti, ma idealmente la fusione tra queste identità museali esistenti dovrebbe svolgersi attraverso la creazione di tre istituti tra loro in equilibrio: un istituto per la programmazione culturale, per mostre ed eventi rivolti al pubblico, un istituto di ricerca ed un istituto di conservazione”.

In che modo sarà portata avanti l’integrazione tra GAM e Rivoli? “L’uso della parola ‘istituto’ non è casuale. Guardiamo a come le diverse università nel mondo hanno creato nuove aggregazioni: le facoltà sono rimaste separate, ma hanno creato dipartimenti o istituti che collegano persone che provengono da facoltà già esistenti o separate. Quindi non ho usato a caso la parola ‘istituto’, perchè permette una trasversale aggregazione di persone sui progetti. Assumerò l’incarico il primo Gennaio 2016, quindi sarebbe inopportuno che parlassi di programmi precisi che non sono ancora stati approvati da un consiglio di amministrazione”.

Ipotizza poi un organigramma di questo futuro istituto: “Un direttore – che c’è, per ora -, un capocuratore a Rivoli, con specializzazione dal 1945 a oggi, un capocuratore alla GAM, con specializzazione sull’800, un curatore a Rivoli sul contemporaneo, un curatore a GAM con specializzazione sul contemporaneo fino alla guerra, un curatore per le scienze, per entrambi i musei, un responsabile di archivi e biblioteche e un responsabile della ricerca su seminari, conferenze, incontri, interviste, eventi speciali, un responsabile dei programmi educativi e della didattica per scuole e famiglie, un responsabile dell’istituto di conservazione, un responsabile di editoria e comunicazione per la supervisione dei cataloghi e delle riviste dei musei – che non esistono, ma esisteranno – in collaborazione con i responsabili dei siti web e del sito virtuale, un responsabile curatore per tale sito, un responsabile di produzione e project manager per le fasi operative di allestimento in collaborazione con gli uffici curatoriali dei due musei, un assistente del responsabile di produzione presso il Castello di Rivoli e un altro presso GAM, un ufficio di amministrazione coordinato tra i due musei, ma con amministrazioni per ora separate, un responsabile per gli amici sostenitori e collezionisti dei due musei, un responsabile di finanziamenti aziendali e pubblici dei due musei, un responsabile relazioni con la stampa internazionale e marketing per i due musei”.

Carolyn Christov-Bakargiev,   Photo Giorgio Perottino
Carolyn Christov-Bakargiev, Photo Giorgio Perottino

Ma i bilanci dei musei permetteranno l’assunzione di tutto questo personale? “Bisogna sviluppare l’aspetto riguardo ai fondi attualmente disponibili, è evidente, ma non mi stavo riferendo ad aggiunte di personale. Mi riferivo ad ‘aggiornamenti’ del personale esistente. Ho un’idea che ho proposto alla Presidente, volevo prendere un pullman e andare con tutto lo staff di GAM e Rivoli in giro per l’Europa per dieci giorni e visitare diversi musei, un po’ per verificare come fanno gli altri e come vorremmo fare noi, incontrare diverse esperienze. Si tratta più che altro di un riordinamento e di ispirare le persone che lavorano già”. La curatrice continua: “Sarà istituito anche un comitato scientifico internazionale, probabilmente di cinque o sei membri, ma con potere soltanto consultivo, perchè alla fine mi piace decidere tutto”. Era da molto tempo che aspettavamo di poter applaudire ad una battuta del genere. “Sorvolo sulle modalità di organizzazione, coordinamento e sinergia tra i due musei, ma vi dico subito che serve una navetta!”.

La direttrice conclude con alcuni accenni sui contenuti delle linee guida: “I tre grandi assi di cambiamento della nostra epoca sono: 1) la rivoluzione tecnologica digitale e informatica, con le conseguenze sociali, economiche, scientifiche, politiche e psicologiche. 2) la globalizzazione e l’interrelazione tra le parti del mondo e società ancora oggi ordinate secondo sistemi coloniali e post-coloniali, purtroppo. 3) la crisi ambientale e la necessità di immaginare un mondo in cui la prospettiva, invece che antropocentrica, sia policentrica, o acentrica. All’interno di questa realtà complessa, artisti e scienziati immaginano oggi tanti mondi nuovi, pensano a come ampliare la nostra concezione dell’altro e dell’altrove, e dell’universalità e della cosmologia, per includervi non solo l’umanità, ma anche i co-creatori del mondo e dell’ambiente grazie ai quali viviamo: dai più piccoli batteri senza i quali non possiamo digerire nemmeno un pasto, a una nuova ecologia politica che formi alleanze tra la ricerca artistica e quegli studi, oltre la separazione tra quello che prima si chiamava ‘natura e cultura’, tipica separazione del pensiero moderno cartesiano”.

La multidisciplinarità ha bisogno di spingersi oltre la concezione che se ne aveva negli anni ’70, per includere altri concetti e pensieri di co-evoluzione tra le specie, e analisi comparativa della loro creatività. “Integrare le conoscenze di diverse discipline non vuol dire incoraggiare la creazione di opere d’arte fatte con multimedia o in maniera interdisciplinare, ma significa essere prnti a espandere la nozione di creatività, ad articolare le conoscenze in modo composito per ampliare il nostro sguardo, includendo, per esempio, i modi di creare delle api. Un museo che sia più complesso e più eloquente, che diventi una piattaforma di ricerca”.

La direttrice conclude con un’ultimo pensiero sulla sua visione di museo: “Un museo è nel mondo, ed è nella realtà di un luogo specifico, solo se può agganciare la passione di quell’immaginario con la conoscenza della cosa più piccola che ci accompagna ogni giorno. Spero che questo Giano bifronte, questo museo collegato tra due entità finora separate, sia un luogo che accolga persone e che sia un nuovo spazio pubblico di aggregazione in un mondo politico nel quale purtroppo gli spazi pubblici sono sempre meno. Quello di ricostruire uno spazio pubblico all’interno di quanto sembra invece uno spazio chiuso, è un compito non solo culturale ma etico, ed è un dovere verso la società che ci seguirà, i nostri figli e nipotini”.

Conferenza ,   Photo Sabina Arena
Conferenza , Photo Sabina Arena
GAM di Torino
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Castello di Rivoli
Castello di Rivoli
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