Alla sua 7° edizione, Capo d’Arte – associazione non-profit che promuove l’arte contemporanea nel Salento – esce dai luoghi canonici che hanno caratterizzato le precedenti edizioni e si “allarga” nel centro storico di Gagliano del Capo (LE). La manifestazione estiva ha già presentato in Puglia i lavori di oltre 20 artisti italiani e internazionali tra cui Yang Fudong, Adrian Paci, Kader Attia, Latifa Ekchach, Sislej Xhafa e Luigi Presicce.
Per il terzo anno consecutivo la direzione artistica è di Massimo Torrigiani, che per Capo d’Arte ha immaginato un percorso intitolato ALTROVE: un ciclo di mostre focalizzato sull’esplorazione di mondi lontani e sulla sperimentazione creativa più avanzata, coinvolgendo personalità di rilievo internazionale come Yang Fudong (2014) e Soundwalk Collective (2015). Per questa edizione ha invitato l’artista indiana Shilpa Gupta (Bombay, 1979). L’opera scelta è MY EAST IS YOUR WEST, “il mio est è il tuo ovest”. L’opera sarà inaugurata Sabato 30 luglio.
Seguono alcune domande al curatore Massimo Torrigiani.
ATP: Prima di ‘addentrarci’ nel merito della mostra che curi di Shilpa Gupta, mi piacerebbe sapere quali sono le peculiarità di curare una mostra in un posto ‘eccentrico’ (nel senso di fuori dai soliti centri del sistema-arte) come Gagliano del Capo?
Massimo Torrigiani: D’estate Gagliano e il Salento sono al centro del mondo! Anno dopo anno Capo d’Arte ha stanato da case al mare e altri paesi, da pagliare e masserie, un gruppo cosmopolita di persone che insieme a gente di passaggio e amici visitano le mostre in numeri sorprendenti. L’anno scorso sono passate 2.000 persone in un mese. L’arte è più bella dove non te l’aspetti e periferie e margini stanno diventando più innovativi dei centri. Sebbene una certa prepotenza dei centri provi a farcelo dimenticare.
ATP: È il terzo anno consecutivo che ti occupi della direzione artistica dell’ associazione non-profit che promuove l’arte contemporanea nel Salento, Capo d’Arte. Dopo tre anni di lavoro, quali sono stati i risultati che avete avuto o gli evidenti riscontri da parte degli abitanti del luogo?
MT: C’è stata una crescita esponenziale di presenze e attività. Quest’anno, il 30 Luglio, quando inauguriamo, inaugurano contemporaneamente altri quattro progetti, di Carlos Casas, Michele Guido, Claudio Abate e Lek & Sowat, nati da diverse associazioni o iniziative private. Al paese portiamo vitalità e attenzione. Credo che a Gagliano e a Leuca, e in Puglia in generale, siano tutti contenti, o almeno curiosi. Le istituzioni ci danno un obolo, ma di grande aiuto. Progetti ed entità più grandi si chiedono come facciamo. L’economia della generosità e del dono, e la relazioni basate sulle affinità, hanno una loro meravigliosa razionalità. Quest’anno abbiamo trovato il sostegno, tra gli altri, di Galleria Continua. A Mario, Maurizio e Lorenzo, e alle persone che lavorano con loro, il progetto con Shilpa è piaciuto molto e hanno deciso di sostenerci, prestandoci l’opera per un periodo molto lungo. Loro di dinamiche centri-periferie ne sanno un po’.
ATP: ALTROVE, il progetto a lungo termine che hai immaginato per Capo d’Arte, si caratterizza per la messa a fuoco su “mondi lontani e sulla sperimentazione creativa più avanzata”. In particolare, quali sono le caratteristiche di questo progetto?
MT: Mostrare contrasti apparenti per rivelare accordi profondi. Trovare il familiare nell’ignoto, e viceversa. Il primo anno abbiamo distribuito i film di Yang Fudong sulla Cina urbana contemporanea e quella rurale, fantastica, in alcune case disabitate del centro storico. Dal campanile della chiesa madre del paese, ogni giorno, veniva annunciata l’apertura della mostra con l’audio di uno dei film, con un effetto surreale. Si veniva poi guidati di casa in casa dal suono che arrivava da quella successiva. L’anno scorso abbiamo allestito la mostra di Soundwalk Collective in un palazzo del 700 usato da decenni esclusivamente come deposito delle cartelle cliniche del locale ospedale, ormai chiuso. Lì abbiamo fatto risuonare l’Arma 17, il più grande club techno di Mosca, paesaggi notturni e vecchie documentazioni audio delle comunità ebraiche scomparse della regione di Odessa, i paesaggi sonori dei conservatori di Shanghai e Napoli, le registrazioni delle onde radio e delle frequenze che attraversano il Mediterraneo. Il contesto è molto importante, non come scenario, ma come co-autore. Proviamo ad ascoltarlo in ogni modo.
ATP: Per l’edizione 2016 hai deciso di invitare una tra le personalità più note del mondo artistico asiatico, Shilpa Gupta. Mi introduci la sua opera “My east is your west”?
MT: È una grande insegna luminosa che ci invita in maniera semplice e diretta a riflettere sui pregiudizi e sui condizionamenti culturali che ci orientano nel considerare l’altro da noi. Un’opera che oggi, affacciata sul Mediterraneo, acquisisce un ulteriore livello di lettura. Una frase che si compone a intermittenza, tra illegibilità e chiarezza, suggerendo un senso di circolarità e di reciprocità. Lunga dieci metri, la scritta “il mio est è il tuo ovest” si rivela quando la luce che anima l’insegna ne mette in ordine le lettere e ne ricompone il significato.
ATP: L’opera sarà installata per tre anni in un luogo molto particolare, Palazzo Daniele. Perché avete deciso di installare l’opera su questo edificio?
MT: È un palazzo di metà ‘800, al centro della piazza principale del paese, ed è la sede di Capo d’Arte, quindi niente problemi di permessi e allestimento. Insieme a Gupta abbiamo valutato altre ipotesi, compresa la grande chiesa nella stessa piazza, ma la posizione migliore ci è sembrata quella.
ATP: Quali sono le tematiche approfondite dalla grande installazione?
MT: Se vuoi, nasce da un truismo, da un’ovvietà che però svela verità tutt’altro che ovvie. Un’eco infinita sulla piazza innesca una riflessione sulla malleabilità e il continuo slittamento della nostra percezione di confine e frontiera. Sulla geografia. E sul valore universale dell’arte. Se ce l’ha.