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I campi magnetici | Galleria Giò Marconi, Milano

Testo di Antongiulio Vergine — “Dopo molte riflessioni e numerose conversazioni, decidemmo […]di ‘darci’ quindici giorni per scrivere in collaborazione un’opera in cui ci vietassimo di correggere, anche solo di cancellare ciò che consideravamo, e definimmo, dopo le prime esperienze, dei ‘dettati’. André era inquieto, addirittura febbrile […]. Abbiamo così scritto, fianco a fianco, quel […]

The Magnetic Fields – Installation view, Gió Marconi, Milan – Photo Filippo Armellin – Courtesy Gió Marconi, Milan

Testo di Antongiulio Vergine —

“Dopo molte riflessioni e numerose conversazioni, decidemmo […]di ‘darci’ quindici giorni per scrivere in collaborazione un’opera in cui ci vietassimo di correggere, anche solo di cancellare ciò che consideravamo, e definimmo, dopo le prime esperienze, dei ‘dettati’. André era inquieto, addirittura febbrile […]. Abbiamo così scritto, fianco a fianco, quel centinaio di pagine che avrebbe provocato quella che André Breton ha chiamato più tardi la rivoluzione surrealista”.
Philippe Soupault

Le parole dello scrittore francese, contenute in un articolo pubblicato nel 1967, si riferiscono all’opera letteraria che dà il titolo alla mostra, Les Champs magnètiques. Scritta da Soupault insieme ad André Breton e pubblicata nel 1920, questa viene considerata come la prima opera surrealista, o, quanto meno, il preludio a ciò che accadrà di lì a pochi anni.
I campi magnetici, così come lo scritto da cui prende il nome, raccoglie gli sforzi di artisti diversi appartenenti a epoche diverse, i quali, però, si rifanno al linguaggio surrealista per concepire i propri lavori. La collettiva, inaugurata alla Galleria Giò Marconi di Milano, ospita opere di Enrico Baj, Gina Beavers, Genesis Belanger, Kerstin Brätsch, Elaine Cameron-Weir, Santiago De Paoli, Richard Hamilton, Hannah Levy, Louise Nevelson, Virginia Overton, Julia Phillips, Man Ray, Emily Mae Smith e Summer Wheat. Ricorrendo a tecniche diverse e ottenendo risultati esteticamente differenti, gli artisti in mostra approfondiscono tutti il tema del corpo, per lo più femminile, trasformandolo ed elaborandolo secondo le particolari visioni che caratterizzano ognuno.

The Magnetic Fields – Installation view, Gió Marconi, Milan – Photo Filippo Armellin – Courtesy Gió Marconi, Milan

Coprendo un arco cronologico di quasi un secolo, la collettiva mette in scena lavori realizzati anche in tempi recentissimi. Il dialogo tra artisti “storicizzati” ed emergenti comincia già nella sala d’ingresso: le stele di Louise Nevelson e le fotografie di Man Ray incentrate sui manichini esposti all’ingresso dell’Esposizione Internazionale del Surrealismo del 1938, si affiancano a lavori più recenti di Virginia Overton – in sintonia con la Nevelson nel dare nuova vita a oggetti all’apparenza insignificanti – e Julia Phillips, il cui video (Burdened, 2018) presenta i caratteri misteriosi e perturbanti tipici della poetica surrealista. Completano la prima sala altre due opere di Man Ray, la Venus restaurée (1936-1971) e L’Énigme d’Isidore Ducasse (replica del 1971).

L’atmosfera onirica che avvolge le opere persiste anche nella sala principale, all’interno della quale il dialogo tra generazioni diverse di artisti prosegue e si amplifica. Le Dame degli anni Sessanta di Enrico Baj, sorte dal riutilizzo di oggetti quotidiani in chiave ironica e giocosa, si relazionano con i lavori di Summer Wheat e Kerstin Brätsch, composizioni dal gusto naïf nate da visioni inconsce vivaci e intense. Gli schizzi, le fotografie e gli “oggetti d’affezione” di Man Ray dialogano, invece, con le sculture “molli” di Genesis Belanger – il cui gusto pop rimanda ai lavori di Richard Hamilton – e con i collage di Emly Mae Smith. Lavori di Louise Nevelson – sia sculture che collage – si rapportano poi con altri totem di Virginia Overton e con le installazioni di Elaine Cameron-Weir, inquietanti aggregati di oggetti comuni che richiamano alla mente anche i manichini di Man Ray. Nelle continue oscillazioni tra passato e presente si inseriscono altre opere di Julia Phillips, incentrate sempre sulla concezione di corpo post-umano frammentato; sulla stessa linea troviamo, infine, gli olii di Santiago de Paoli e gli acrilici dal sapore pop di Gina Beavers. 

The Magnetic Fields – Installation view, Gió Marconi, Milan – Photo Filippo Armellin – Courtesy Gió Marconi, Milan

La mostra curata da Cecilia Alemani mette in risalto, dunque, le connessioni, sempre esistite, tra opere e artisti appartenenti a periodi diversi: pur utilizzando linguaggi differenti, tutti si sono confrontati con la poetica surrealista, rielaborandola secondo la propria visione. Inoltre, il tema del corpo e della percezione che abbiamo di esso risulta ancora estremamente attuale, così come attuali sono i legami che uniscono l’arte contemporanea alle Avanguardie Storiche: riguardo al Surrealismo, in particolare, il mistero, le forme dell’inconscio, il perturbante non smetteranno mai di affascinare gli artisti, i quali continueranno sempre a rifarsi a quella “massima libertà dello spirito” proclamata da André Breton nel 1924 all’interno del suo Manifesto del Surrealismo.

I campi magnetici, Galleria Giò Marconi, Milano
Fino al 19 luglio 2019

The Magnetic Fields – Installation view, Gió Marconi, Milan – Photo Filippo Armellin – Courtesy Gió Marconi, Milan