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L’artista della trasformazione | Bruce Nauman al Pirelli hangarBicocca

Come Bruce Nauman ha assunto il suo studio come luogo di indagine, così anche la mostra Neons Corridors Rooms, ospitata al Pirelli HangarBicocca può essere considerata come un luogo di indagine percettiva. Al di là della complessità e scientificità con cui dovremmo soppesare l’importanza di questa mostra, uno degli aspetti più efficaci per rivelarne la […]

Bruce Nauman Corridor Installation (Nick Wilder Installation), 1970 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Collezione privata © 2022 Bruce Nauman / SIAE Courtesy the artist; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Bruce Nauman “Neons Corridors Rooms”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 © 2022 Bruce Nauman / SIAE Courtesy l’artista; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Come Bruce Nauman ha assunto il suo studio come luogo di indagine, così anche la mostra Neons Corridors Rooms, ospitata al Pirelli HangarBicocca può essere considerata come un luogo di indagine percettiva. Al di là della complessità e scientificità con cui dovremmo soppesare l’importanza di questa mostra, uno degli aspetti più efficaci per rivelarne la portata culturale è concepirla come fosse una grande opera dello stesso Nauman. Traslando il suo studio come campo di indagine alle dimensioni dell’Hangar, possiamo entrare completamente nelle logiche e nelle dinamiche della sua lunga e articolata ricerca. Considerato come una delle figure che più hanno influenzato la storia dell’arte degli ultimi 50 anni, Nauman ha indagato le tematiche basilari della condizione umana, partendo proprio dalla sua stessa condizione (privilegiata) dell’essere artista.
Una condizione speciale che, come uno scrittore, si ritrova a partire proprio dalla ‘pagina bianca’ e, nel suo caso, dallo studio vuoto. Nauman racconta che, giovane e squattrinato, trascorreva lungo tempo nel suo studio non avendo niente da fare. Possiamo immaginarlo mentre fissa il vuoto, un angolo o le gambe del tavolo, assorto. In questo stato che potremmo definire di quasi apatia, nel 1968 Nauman lavora con il proprio corpo, lo spazio e due pareti accostate a formare un corridoio: nasce l’opera germinale Walk with Contrapoosto, un video che riprende l’artista mentre cammina avanti e indietro lungo lo stretto corridoio di appena 50 cm. Dapprima come opera video, questo primo corridoio diventerà una opera vera e propria due anni dopo, esposta con il titolo Performance Corridor.
Significativa la spiegazione scritta dall’artista ai due curatori James Monte e Marcia Turker: “Nel contesto museale (il corridoio) serve ad attutire e poi intensificare la risposta acustica, visuale e cinestetica di chi passa attraverso la parete intorno ad essa, che in sostanza è la funzione di qualsiasi opera”.
Ecco allora che l’opera deve “funzionare per”, deve agire per causare un effetto, deve servire al corpo del visitatore per ‘attutire e intensificare’ i propri sensi. L’opera causa, su chi la fa funzionare, un effetto.
La mostra all’HangarBicocca diventa un contenitore di meccanismi da sperimentare, attraversare per sentire, vedere e provare qualcosa di diverso per metterci alla prova. Come giustamente ha sottolineato Andrea Lissoni – curatore della mostra assieme a Roberta Tenconi e Vicente Todolí, Nicholas Serota, Leontine Coelewij, Martijn van Nieuwenhuyzen e Katy Wan – Nauman è principalmente un artista “trasformativo”,  che rivela un aspetto nuovo del suo lavoro ogni volta che le sue opere vengono allestite in una nuova mostra. Ritornando incessantemente sulle sue ossessioni, riformula e sperimenta sempre nuove esperienze. “L’aspetto fondamentale della ricerca di Nauman è la sua capacità di aver trasformato profondamente il concetto di scultura, ma non solo, anche la percezione di essa e il nostro rapporto con l’opera.” spiega Lissoni, “la sua ricerca si basa sostanzialmente sulla ‘trasformazione’: visiva, percettiva e con la capacità di trasformare gli stereotipi che spesso abbiamo sulla scultura.”

Bruce Nauman “Neons Corridors Rooms”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 © 2022 Bruce Nauman / SIAE Courtesy l’artista; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Bruce Nauman Mapping the Studio II with color shift, flip, flop, & flip/flop (Fat Chance John Cage), 2001 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Purchased jointly by Tate, London with funds provided by the American Fund for the Tate Gallery; Centre Pompidou, Paris, Musée national d’art moderne/ Centre de creation industrielle, with the support of Mr. and Mrs. William S. Fisher Family Foundation and the Georges Pompidou Culture Foundation; and Kunstmuseum Basel, 2004 © 2022 Bruce Nauman / SIAE Courtesy l’artista; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Esempio ne sia l’opera in mostra Corridor Installation with Mirror del 1970, a proposito della quale, alla domanda del perchè avesse deciso di installare due corridoi molto stretti a forma di V, lui rispose “Perchè era necessario ammortizzare il suono nei corridoi, grazie ad un materiale fonoassorbente che, oltre ad attutire i rumori, originava nelle orecchie un cambiamento di pressione (..)” Questa attenzione al suono, che si riverbera anche in altre opere in mostra, dimostra come la ricerca di Nauman volgesse verso un’esperienza dello spazio percepito dalle nostre orecchie.
Seguendo questa traccia sonora, come non rimanere profondamente “toccati” dall’opera Get Out of My mind, Get Out of My Room (1968) installata in una piccola stanza illuminata dalla luce attenuata di una semplice lampadina. L’inquietudine che proviamo ascoltando una voce tenebrosa mentre emette dei suoni gutturali difficilmente comprensibili come parole, è una sensazione che lo stesso artista ha provato. Già il titolo, minaccioso “Esci dalla mia mente, esci da questa stanza” ci esorta a non sostare nello spazio, ci sprona ad allontanarci sia dalla stanza che dalle nostre stesse paure, probabilmente. Gridato, bofonchiato, distorto, il suono- messaggio sembra definire uno spazio minaccioso fatto praticamente di niente: pareti spoglie e uno spazio non localizzabile.
Perchè soffermarsi tanto su quest’opera? Perchè per molti versi ci sintonizza, a livello intellettuale, su come esperire tutte le opere in mostra: percepire attraverso i suoni, vedere attraverso il tatto, sentire attraverso le movenze del nostro corpo. Dichiara lo stesso Nauman in una conversazione del 1986 con Chris Dercon: “C’è lo spazio reale e c’è l’immagine dello spazio reale, che è qualcosa di diverso, in un certo senso, ci sono due categorie di informazione, l’informazione reale che si ha stando vicino alle pareti, in uno spazio, in un ambiente circoscritto, e altri frammenti di informazioni che sono un modo più intellettuale di trattare il mondo. Mi interessa mettere insieme queste due informazioni: quella fisica e quella visiva o intellettuale. L’esperienza sta nella tensione tra le due, nel non essere in grado di unirle.”
Spiega la curatrice Roberta Tenconi: “Tutti i corridoi, soprattutto i primi, ci mostrano delle situazioni apparentemente semplici, che negli anni diventano sempre più complesse e diversificate: essi mutano di forma, diventano lunghissimi o molto stretti, a volte si arricchiscono di sempre nuovi elementi come luce, il suono o dei ventilatori; alcuni si sviluppano in lunghezza o nella forma ad U o in quella più diffusa del triangolo. Queste opere ci mettono di fronte a nuove esperienze disorientanti o inusuali. (…) E’ impossibile raccontare come ognuno esperisce le varie opere, in quanto sono tutte diverse e per questo richiedono sempre nuove reazioni. Reazioni che sono sia fisiche che emotive e psicologiche.”
Dal primo corridoio del 1968, Nauman ha compiuto su queste opere architettoniche delle variazioni che includevano luci fluorescenti, fotocamere e monitor, specchi: così facendo è nato in lui l’interesse costante nel destabilizzare la percezione che lo spettatore ha dello spazio e del proprio corpo “come mezzo di opere d’arte che ne mettano alla prova la mente e ne violentino i sensi. Questi corridoi e altri ambienti possono essere intesi come surrogati del corpo dell’artista.”

Bruce Nauman Left or Standing, Standing or Left Standing, 1971/1999 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Dia Art Foundation; Partial gift, Lannan Foundation, 2013 © 2022 Bruce Nauman / SIAE Courtesy l’artista; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Nauman ci costringe per molti versi a trovare una forte consapevolezza di noi stessi. Ad esempio nell’opera Left or Standing, Standing or Left Standing (1977/1999), opera presentata alla galleria Leo Castelli a New York nel 1971 e composta da un corpo esterno rettangolare che ne ingloba uno trapezoidale pervaso da un’intensa luce gialla. Luogo straniate e disorientante, l’opera fin dalla prima esposizione è accompagnata da un breve testo: “In un certo senso è un poema a sé; è collocato nella galleria ma non la descrive. Il testo riguarda il linguaggio, e racchiude una forma di ansia che sembra scaturire dallo spazio.”
Dalla sensazione di ansia, passiamo all’esperire la costrizione dello spazio in Double Steel Cage Piece (1974): due gabbie di metallo poste una dentro l’altra formano uno stretto corridoio. L’installazione è vissuta in modo completamente diverso dall’esterno e dall’interno. Entrare nell’opera è un’esperienza claustrofobica che, in un certo senso, non porta a nulla: la gabbia interiore è sigillata e inaccessibile.
Tra le tante opere significative in mostra, il percorso attraversa uno dei lavori tra i più importanti di Nauman, Mapping the studio II with color shift, flip, flop & flip/flop (Fat Chance John Cage (2001). Nell’estate del 2000, l’artista ha posizionato sette telecamere a infrarossi e microfoni in diversi punti del suo studio situato nel ranch vicino a Galisteo, nel deserto del New Mexico. Ha lasciato per alcuni mesi che le attrezzature registrassero visioni notturne e suoni ambientali dello spazio. Ha poi montato in un video queste registrazioni, che durano 5 ore e 45 minuti. L’artista, in una conversazione pubblicata su Artforum (marzo 2002), racconta che a dare il via a Mapping the studio sono stati i roditori: “Quell’estate abbiamo avuto un gran numero di topi di campagna, in casa e nello studio. Erano così tanti che anche il gatto aveva iniziato ad annoiarsi di loro. Ero seduto in studio frastornato perchè non avevo nuove idee e ho deciso che dovevo lavorare con quello che avevo. Cioè questo gatto e i topi e una videocamera con funzionalità ad infrarossi che stava per caso in studio. Quindi l’ho accesa di notte e l’ho lasciata in funzione quando non ero lì solo per vedere cosa avrei ottenuto.”
La mostra all’Hangar si apre dunque con l’opera video seminale Walk with Contrapposto del 1968 e, idealmente si chiude con un’opera altrettanto indicativa, Raw Materials del 2004. Quest’opera, commissionata per la Turbine Hall della Tate nel 2004, è installata per la prima volta all’aperto nell’area esterna che corre lungo le navate. L’installazione riproduce in loop 21 registrazioni audio legate ad altrettanti lavori precedentemente realizzati dall’artista. Camminando rasente alla siepe e soffermandoci per alcuni minuti davanti alle casse audio, riviviamo molte delle opere in mostra – One Hundred Live and Die; False Silence; Get Out of My mind, Get Out of My Room etc. – e ripercorriamo quasi quarant’anni della sua carriera. Quasi come fosse un dialogo con se stesso, l’artista sembra mettere in conversazione le tante voci che animano le sue installazioni. Ci sono testi molto minimali come “OK OK OK”, in dialogo con testi più lunghi come “False Silence” o “Consummate Mask of Rock”. Tra le varie ‘stazioni’ anche “Get Out of My Mind, Get Out of This Room” – opera che abbiamo poco sopra raccontato – in cui Nauman ripete l’affermazione come se fosse sull’orlo dell’asfissia, i suoi sussulti e ringhi creano un’atmosfera di claustrofobia e intimidazione.
L’interesse di Nauman per i sistemi lessicali lo avvicina alle opere teatrali di Samuel Beckett o alla filosofia di Ludwig Wittgenstein. La sua passione per la decostruzione del linguaggio e l’esplorazione delle sue ambiguità intrinseche è parallela al suo approccio alla creazione artistica. In questo lavoro, in particolare, i confini tra scultura, suono e linguaggio sono sfumati. E’ straniante trovarsi all’aperto, attorniati da un’alta siepe e dalle mura esterne dell’Hangar, ed essere letteralmente circondati da materiale acustico e sonoro.

Bruce Nauman “Neons Corridors Rooms”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 © 2022 Bruce Nauman / SIAE Courtesy l’artista; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Bruce Nauman “Neons Corridors Rooms”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 © 2022 Bruce Nauman / SIAE Courtesy l’artista; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio
Bruce Nauman Kassel Corridor: Elliptical Space, 1972 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2022 Solomon R. Guggenheim Museum, New York, Panza Collection, 1991 (91.3833) Courtesy l’artista; Sperone Westwater, New York, e Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio