Testo di Arianna Maestrale —
Border_No_Border da Guidi&Schoen (Genova) a cura di Paola Valenti è un’ampia retrospettiva degli ultimi trent’anni del lavoro che Pier Paolo Koss ha incentrato sulle trasformazioni politiche e sociali della Russia post-sovietica e contemporanea; focalizzandosi su quella che è sempre stata la chiave della sua ricerca fin dalle prime performances di butoh con la Ko Murobushi Company: il corpo. Il corpo sociale, il corpo politico: il corpo che esercita o che subisce i poteri fisici e i poteri simbolici, il corpo che si fa metafora — in definitiva, volontariamente o meno, il corpo che è sempre veicolo di significato.
In tempi in cui l’Europa occidentale, suo malgrado, inizia a curarsene diffusamente — Koss presenta un’altra volta la sua analisi profonda e lucida, frutto di anni di lavoro, a proposito di una delle realtà politiche più pericolose al mondo. Le Cartoline da Mosca (2002 -2012); Propaganda ortodossa (2012), Ras-Putin (2012), Parade (2012), e gran parte delle opere nei primi due saloni presentano un quadro della Russia putiniana nelle sue declinazioni sì sociali e politiche, ma più propriamente simboliche ed estetiche: colpiscono l’attenzione i registri e i materiali differenti, dalla fotografia al readymade, a esprimere la complessa stratificazione di significati nel codice estetico del despota Putin che sulla scia postmoderna dell’illustre predecessore Stalin fa dell’immagine uno strumento politico, appropriandosi delle rappresentazioni e dei vessilli di quanto ancora (o non più) rientra sotto la sua giurisdizione. Da qui, perciò, notiamo che il nuovo nazionalismo russo si impone tronfio con l’aquila bicipite dei Romanov insieme alla stella rossa della defunta unione sovietica. Putin è stato incoronato dal patriarca Kirill sovvertendo il rapporto tra potere politico e religioso, e ne abbiamo monito più volte nella visita della mostra.
A coronamento dell’appropriazione politica a opera della Russia putiniana, Koss ci mostra l’acrobazia più spiazzante: i veterani della seconda guerra mondiale che hanno sconfitto Hitler (e che attualmente vivono di stenti con pensioni irrisorie) che vengono ri-arruolati oggi per le parate di celebrazione di quello che a tutti gli effetti è il dittatore della Russia contemporanea; fenomeno legato a doppio filo con la decisione di mantenere attivo il mausoleo con il corpo imbalsamato di Lenin, assorbendo e attutendo in parte gli strascichi del comunismo sovietico.
Il lavoro di Pier Paolo Koss oscilla tra la lucida restituzione estetica e l’attivismo militante in difesa dei diritti umani: nel suo attivismo, va detto, troviamo un’asciuttezza e una lucidità disarmanti che spazzano via tante tendenze pseudo-militanti dell’arte contemporanea le quali a ben guardare risultano prive di nerbo, estetizzanti o semplicemente vuote. Questo non può essere il lavoro di Koss, che fin dagli anni ottanta si adopera, con dedizione orientale, per “riempire” di energia e di vita ogni opera (o “svuotarla” di senso e di retorica, che da un certo punto di vista è la stessa identica cosa). Due sono i lavori più significativi in questo senso: la performance Vojna (2005), di cui troviamo un estratto di documentazione video al piano sotterraneo, e l’installazione gulagu.net (2012); rispettivamente a proposito della guerra in Cecenia e delle condizioni nelle contemporanee carceri minorili russe.
Il complesso e stratificato corpus di Koss rende omaggio ai maestri russi Kabakov e Bugaev aggiungendo una profonda conoscenza delle possibilità espressive del corpo. Con un processo continuo di accumulazione, montaggio e assemblaggio di oggetti-simbolo; video found-footage e performance, le opere esposte mettono in campo un poliedrico e critico focus sul corpo come corpo sociale e politico, che appare sempre attraverso una manifestazione visiva e perciò estetica sia inconsapevole — come nel caso dei soggetti ritratti nelle Cartoline da Mosca — che consapevole — come nel caso della performance Border No Border realizzata per l’opening e nuovamente lo scorso venerdì 10 giugno. Visitando le sale di Guidi&Schoen notiamo continui richiami all’ambivalenza tra il bianco e il nero, un uso oculato del kitsch e una commistione di stili e registri che rendono chiara l’idea di come sia stata e sia tutt’ora vissuta nell’Europa orientale l’esperienza estetica di ciò che da noi è il post-moderno, ma lì è post-sovietico. La stratificazione delle immagini e dei significati trova la sua risoluzione nell’uso frequente dello specchio che perfora le superfici aggiungendo un ulteriore “doppio” che incentiva una visione speculare anziché spettacolare, come scrive Elvira Bonfanti a proposito proprio del lavoro di Koss nel campo della body art.
PierPaolo Koss – Border_No_Border 1992/2022
a cura di Paola Valenti
Fino al 2 luglio 2022
Guidi&Schoen Arte Contemporanea
Piazza dei Garibaldi 18R, Genova