La mostra è un insieme di tentativi e prove. O, più precisamente, degli esperimenti con la materia, degli esercizi che la mettono alla prova, la raccontano, e ce la restituiscono come opera scultorea.
La mostra dedicata al lavoro dell’artista tedesca Bettina Buck (Colonia, 1974 – Berlino 2018), a cura di Davide Ferri, ha un titolo che sintetizza bene la sua ricerca: Finding Form.
Ospitata nella Sala Convegni di Banca di Bologna presso Palazzo De’ Toschi dal 31 gennaio al 19 febbraio, la mostra restituisce il percorso dell’artista a partire dalla sua ricerca ventennale sulla scultura come tensione verso una forma che è sempre parte di un processo in divenire, temporanea.
La mostra è stata strutturata su tre aspetti fondamentali della ricerca dell’artista tedesca: la gravità, intesa come forza a cui la forma si assoggetta e cede; l’occultamento, allusione a una vita segreta della scultura, a una sua forma immaginata; infine, una certa idea di domestico che identifica la scultura come qualcosa che prende forma nei nostri immediati dintorni alterando, accostando, piegando semplici cose.
Oltre alla manipolazioni e trasformazione di semplice oggetti, la ricerca della Buck ruota attorno all’utilizzo di materiali industriali di solito impiegati negli spazi domestici, come gommapiuma, piastrelle, schiuma di lattice, polistirolo, moquette, plastica. Con rara sensibilità, la Buck manipola questi materiali con gesti semplici ed efficaci, cambiandone sia la forma che il senso.
Finding Form è stata pensata come un progetto che si sviluppa da alcune opere particolarmente significativi, come il lavoro Interlude I: un video che documenta una camminata solitaria nella campagna inglese, in cui l’artista è ripresa mentre trascina una forma di gommapiuma che può diventare molte cose: scultura potenziale, semplice ingombro o fardello, seduta e punto d’osservazione sul paesaggio. Lo stesso parallelepipedo di gommapiuma è trasportato nelle sale della Galleria Nazionale di Roma in Interlude II.
Sono premesti in mostra anche 3 Upright è una scultura composta da tre elementi autoportanti. Nel corso della mostra le tre strutture cambieranno forma per effetto della gravità, fino a crollare; Medusa Block ci invita a guardare l’opera da due punti di vista in cui ognuno esclude l’altro: o consideriamo il pilastro di gommapiuma come scultura, oppure lo identifichiamo come l’involucro che ci impedisce di vedere la scultura in bronzo che esso contiene e che possiamo solo immaginare. La didascalia di Object (Proving), un parallelepipedo in creta cruda, trasportato in automobile dall’artista da Londra a Berlino, dove è stato cotto, riporta le due misure: quella l’originaria e quella ex post. Lo scarto tra le due racconta il processo che lo ha portato davanti ai nostri occhi. In Pressed Foam il peso della pietra sulla gommapiuma agisce silenziosamente, e appena percettibilmente, mentre in Oracle lips lo stesso principio (il peso di una cosa su di un’altra) serve a dare forma a un’immagine ironica.
Le opere in mostra sono tutte impegnate in un’azione: ci insegnano che il tempo imprime nel corpo della scultura – come nel nostro – una forma che anche se diversa da quella originaria può rivelarsi più profonda, ampia e imprevista.
La mostra di Bettina Buck, Finding Form è tra i Main project di ART CITY Bologna 2023 in occasione di Arte Fiera.